Pandorum – L’universo parallelo, la recensione

Nel 2174 la Terra è ormai sull’orlo del collasso, le risorse sono minime e la popolazione sempre più numerosa. La destinazione per continuare la specie umana è Tanis, un pianeta molto simile alla Terra, verso il quale la nave Elysium è stata spedita con a bordo una grande quantità di persone, animali e vegetali. Il tenete Payton e il caporale Bower si risvegliano dal sonno criogenico per effettuare il loro turno nel lungo viaggio che conduce a Tanis, ma si accorgono che qualcosa sull’Elysium non va. L’immensa nave spaziale sembra disabitata e abbandonata da tempo, inoltre poco ricordano della loro missione, a causa degli effetti collaterali dell’ibernazione. Mentre Payton rimane in cabina di comando, Bower procede nell’esplorazione della nave diretto verso la sala del reattore, ma ben presto si accorge che sulla nave non sono soli, c’è anche un branco di creature affamate di carne umana.

Se un tempo i film che raccontano di orrori e astronavi erano all’ordine del giorno grazie al successo mondiale di Alien, oggi sono una rarità. In mezzo a tanta desolazione troviamo però Pandorum – L’universo parallelo del tedesco Christian Alvart (Case 39), ha ormai dodici anni sul groppone (è del 2009) ma si tratta di uno di quei gioiellini arrivati al momento giusto. Un perfetto mix di terrore, azione, suspense e colpi di scena.

Pandorum

La sindrome di Pandorum, detta altrimenti sindrome da disfunzione orbitale, a cui spesso si fa cenno durante il film e che da il titolo all’opera, indica uno stato patologico che può essere raggiunto dall’essere umano dinnanzi al senso di confusione, solitudine e isolamento che si può provare nello spazio profondo. Attorno a questo concetto ruota l’intero film.

Il caporale Bower, interpretato da un bravo Ben Foster, si risveglia da un sonno cosmico durato ben otto anni, è confuso e privo di memoria, realizza immediatamente di essere isolato, nello spazio, probabilmente in pericolo, e la sua prima reazione è la ricerca di qualcuno con cui condividere la paura e da cui avere magari qualche chiarimento. Non trova nessuno, almeno nessuno vivo o cosciente.

Solitudine.

Pandorum

L’abilità del regista Alvert e dello sceneggiatore Travis Milloy sta nel rendere immediatamente partecipe lo spettatore, di fornirgli solamente il punto di vista di Bower, privandolo così di informazioni aggiuntive che gli possano dare un vantaggio sul personaggio. Lo spettatore è lì, sull’Elysium, si è appena svegliato da un sonno di otto anni e si strappa i tubi dalle vene vicino a Bower. Lo spettatore è Bower. Gli elementi che rendono concreta la storia di Pandorum si aggiungono un po’ alla volta fino a dare forma ai ricordi di Bower e alle verità che si celano tra i corridoi dell’Elysium. Il senso di coinvolgimento emozionale è reso con efficacia, l’esclusione dell’onniscienza avvicina lo spettatore alla storia e carica significativamente ogni svelamento.

La gestione dei tempi, l’alternanza dei generi e il piazzamento dei colpi di scena è lodevole. Il film, malgrado la ragguardevole durata di 108 minuti, ha un ritmo serratissimo, praticamente privo di tempi morti, grazie al sapiente dosaggio delle informazioni elargite allo spettatore e all’alternanza tra azione e momenti più riflessivi.

Pandorum

Pandorum è un film decisamente completo, capace di coinvolgere grazie a una trama originale e avvincente in cui agiscono personaggi interessanti e, una volta tanto, non stereotipati seppure di stampo classico. La sceneggiatura del quasi esordiente Millory è sicuramente costruita tenendo presente la lezione di Vogler e il suo seminale Il viaggio dell’eroe. Bower è l’eroe catapultato in una situazione straniante e continuamente sottoposto a prove. Nei tre canonici atti affronta nemesi e incontra aiutanti fino al raggiungimento del premio, passando naturalmente attraverso lo scontro con il “boss” finale. Possiamo anche usare il linguaggio videoludico perché è chiaro che la scansione di Pandorum non si basa solo sull’abc della sceneggiatura, ma anche sulla costruzione a “livelli” cara ai videogiochi. Esplorare gli ambienti, trovare una via d’uscita, brandire un’arma e affrontare i numerosi nemici. Non a caso abbiamo riconosciuto il videogame della Electonic Arts Dead Space come uno dei massimi vertici raggiunti dal genere fanta-horror nell’ambito dell’industria culturale.

Pandorum

Classicità e modernità si alternano, dunque, in Pandorum, un film che comunque è ben ancorato ad opere del passato, più o meno lontano. Se Alien è un punto di partenza fondamentale, si trovano influenze e rimandi espliciti anche al carpenteriano Fantasmi da Marte e al neo-classico The Descent, quest’ultimo soprattutto per il look e il modus operandi delle creature che infestano l’astronave, dei repellenti umanoidi cannibali che vantano innesti metallici, cacciano in gruppo e adorano grufolare nella sporcizia e nel sudiciume in immonde ammucchiate di corpi glabri e viscidi. Altro film al quale è impossibile non pensare in riferimento a Pandorum è il capolavoro di Paul W.S. Anderson Eventhorizont – Punto di non ritorno: non a caso troviamo lo stesso Anderson tra i produttori del film di Alvert.

Qualche difettuccio qua e là non manca neanche a Pandorum, sia ben chiaro. Alcune sequenze d’azione sono così concitate, veloci e sottoesposte da creare confusione. Si tratta però di un dettaglio, una piccolezza sulla quale si riesce a soprassedere quando si ha a che fare con un film assolutamente apprezzabile.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il film è raccontato molto bene, consentendo allo spettatore di immergersi nella storia un poco alla volta.
  • Un perfetto mix di fantascienza, horror e azione.
  • Alcune scene d’azione sono un po’ troppo buie e concitate.
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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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