Poltergeist, la recensione

La moda del “remake selvaggio” che è nata negli Stati Uniti a inizio millennio e che ha interessato, in particolare, il genere horror, si sta placando. Dato inevitabile se si pensa che gran parte dei cult (ma non solo) degli anni ’70 e ’80 sono ormai stati rifatti. Eppure qualche tentativo ancora c’è, dei film non sono ancora stati remakizzati e, puntualmente, tornano con nuova veste a mostrarsi agli spettatori di nuova generazione e a chi con l’originale c’è cresciuto. Stavolta è toccata a Poltergeist – Demoniache presenze, cult-movie del 1982 diretto dal texano Tobe Hooper e prodotto da Steven Spielberg, che nella versione nuova di zecca ha la firma dell’israeliano Gil Kenan e ha il marchio produttivo di Sam Raimi.

Partiamo da un dato che potremmo indicare come semplice pregiudizio o più intricata euristica mirata a fare una selezione di visione: se un remake ha alle spalle un originale celebre e amato, per forza di cose la nuova versione verrà percepita come scarsa perché messa a confronto col predecessore. E questo potrebbe spiegare le recensioni negative che Poltergeist 2015 ha ricevuto un po’ ovunque in giro per il mondo. La verità dei fatti è che il film di Kenan è scarso indipendentemente dallo scomodo antenato e si percepisce come tutte le buone idee che fornivano un potenziale di aggiornamento a questa storia siano state bellamente gettate alle ortiche perché, forse, non percepite dagli autori stessi.

poltergeist 5

A differenza di remake di celebri horror che sono risultati poi di grande qualità, come potrebbero essere L’alba dei morti viventi di Zack Snyder o La Casa di Fede Alvarez, dove c’era una reale volontà di dire qualche cosa di nuovo e in maniera personale, in Poltergeist si punta a rifare paro paro il film del 1982 e lì dove si tenta la via della novità, si fallisce stupidamente.

Poltergeist racconta la storia della famiglia Bowen che si trasferisce in una nuova casa acquistata a prezzo stracciato. Fin da subito cominciano a manifestarsi strani eventi che interessano soprattutto gli apparecchi tecnologici e l’impianto elettrico, ad accorgersene sono i figli minori Griffin e Maddy. Quest’ultima parla con qualcuno attraverso lo schermo del televisore, qualcuno che, a detta della bambina, starebbe arrivando. Ma un giorno Maddy scompare e i familiari continuano a percepirne la presenza dentro casa, così decidono di chiamare alcuni esperti di soprannaturale per indagare e recuperare la loro bambina.

poltergeist 2

Il film parte con la marcia giusta, mostrandoci una famiglia che è ben diversa da quella raccontata nel film di Hooper. Lì c’era la classe agiata americana che viveva (da tempo) in una villetta in un quartiere residenziale. Il lavoro non mancava, il padre di famiglia si riuniva la sera con gli amici a guardare la finale di football e la televisione funzionava come nutrice dei bambini mentre i grandi erano impegnati a fare cose proibite nei film horror, una malefica babysitter pronta a rapire coloro a cui dovrebbe badare. Nell’aggiornamento 2015, troviamo una famiglia impoverita dalla crisi in cui il lavoro langue e il trasferimento nella casetta degli orrori (facendo proprio un topos tradito nell’altro film) è dettato da precise necessità finanziarie. Qui non è più la tv l’unico mezzo di comunicazione con l’aldilà, territorio esteso giustamente ad altri apparecchi tecnologici della nostra quotidianità, come tablet e smartphone, anche se il punto di contatto vero con la dimensione altra è l’armadio della piccola Maddy, che qui, più dell’altro film, è regno dell’orrore.

poltergeist 4

Le premesse, dunque, sono buone e indicano una voglia di fare e cambiare che è doverosa nel momento in cui si rifà un film che di per se era già perfetto e ancora attuale. Aggiungiamo una certa dose di ironia inaspettata (ma non sempre piazzata al punto giusto) e una regia impeccabile che gioca con le immagini e i tagli d’inquadratura. Il film c’è, dirà lo spettatore. E invece no.

Nel momento in cui Poltergeist 2015 ripercorre Poltergeist 1982 il confronto si fa impietoso, tutto sa di farsa e i momenti di tensione non funzionano come dovrebbero. Se si esclude la parentesi col clown giocattolo, che ha una scena tutta sua, Poltergeist non sembra neanche puntare veramente verso l’horror. Basti pensare alla scena della visione da incubo, terrificante nel vecchio film e quasi impercettibile nel nuovo, o al magnifico finale del film originale, con rivelazione cimiteriale e frotte di cadaveri, qui sostituita da un più freddo hellzapoppin di computer grafica e disastri domestici. Anche l’idea di mostrare l’aldilà, che poteva essere su carta un dato interessante, a conti fatti è stucchevole per la poca fantasia con cui la dimensione spettarle è raffigurata.

poltergeist 6

Buono e ben assortito il cast, con Sam Rockwell e Rosemarie DeWitt nel ruolo dei genitori e Jared Harris in quello del medium e show man capace di recuperare la piccola scomparsa, figura che va a sostituirsi alla minuta Tangina, interpretata dalla caratterista Zelda Rubinstein nella saga originaria.

Poltergeist è il classico remake di cui nessuno ne sentiva il bisogno e che è destinato a non lasciare tracce nella memoria dello spettatore. Ben confezionato a livello tecnico ma con tante di quelle carenze sotto il punto di vista tensivo e narrativo da lasciare davvero l’amaro in bocca.

L’insuccesso di questo film vuol dire che quella di Poltergeist rimarrà una trilogia anni ’80.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’innesco è efficace.
  • Gil Kenan ha una buona mano registica.
  • L’ultima pirotecnica parte è decisamente stonata.
  • L’utilizzo dell’ironia non sempre è funzionale.
  • Se confrontato all’originale mette quasi tristezza.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: +1 (da 1 voto)
Poltergeist, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.