POSH, la recensione

Debutta oggi nelle nostre sale, distribuito da Notorius Pictures, Posh: il teen movie divenuto in men che non si dica, nel Bel Paese, l’indiscusso caso cinematografico del momento. Questo perché, si sa, a dettare le regole dello show business, e non solo per quanto riguarda il cinema, sono loro, i teenagers. Soddisfare e incontrare i loro gusti significa, infatti, garanzia assoluta di successo e ritorno economico; i giovanissimi sono avidi e instancabili consumatori di social network, appassionati adepti di fenomeni di massa e, soprattutto, hanno il potere di stabilire cosa è ‘trendy’ e cosa è ‘out’. È chiaro perché, anche per produttori e distributori cinematografici, essi rappresentino, e non a torto, la fetta di pubblico più ambita.
Ecco, dunque, come nasce, cresce ed esplode il ‘caso Posh’: da un accanito passaparola su Twitter, alimentato da una fervida infatuazione per i tre bellocci protagonisti, prima ancora che per le dinamiche narrative o le velleità artistiche della pellicola. Proprio così: Posh è già cult tra i ragazzini italiani prima ancora di essere approdato nelle sale, come ha dimostrato il delirio dilagato tra le giovani fan nel corso della visita promozionale, da noi prontamente documentata, dei tre attori protagonisti nella Capitale. Il fermento dei ragazzi, diversamente da quanto accaduto con le saghe di Twilight e Hunger Games, che sono trasposizioni di romanzi, non deriva da un interesse effettivo per la vicenda filmica. Conoscono la trama di Posh a grandi linee, non possono ancora affermare che la pellicola gli piacerà… sanno solo che la vogliono. Proviamo, dunque, a capire di cosa effettivamente tratti quest’ultimo fenomeno pop e quale impatto potrà avere sul pubblico adolescente, una volta che la formidabile idealizzazione, con l’uscita nelle sale, diverrà realtà.

POSH Directed by Lone Sherfig

I personaggi di Posh si collocano direttamente sulla scia di quella ‘generazione Gossip Girl‘ che tanta presa e magnetismo esercita sul giovane auditorio italiano. Certo, Alistair (Sam Claflin), Miles (Max Irons) e Harry (Douglas Booth) non sono liceali newyorchesi, bensì studenti dell’università di Oxford, ma incarnano, allo stesso modo, quell’ideale di gioventù che la ricchezza smodata ha cresciuto prepotente e arida di valori. Harry fa parte, insieme ad altri sette ragazzi, del prestigioso Riot Club, un’esclusiva e antica società segreta del campus dedita a eccessi e vizi e desiderosa di ‘lasciare un segno’. Il regolamento vuole che i membri del Club siano dieci, e le matricole Alistair e Miles sembrano proprio i candidati ideali a colmare il vuoto. Dopo uno sfrenato rito di iniziazione, per i due è la volta di partecipare alla cena che ufficializzerà il loro ingresso nel gruppo. Tuttavia, la serata produrrà tragiche conseguenze che potrebbero ricadere pesantemente sulla reputazione dei giovani. Che fare, dunque? Gettare la responsabilità su un unico capro espiatorio o tacere per il bene del Club, ma col rischio di compromettere il proprio illustre futuro?

Adattamento cinematografico dell’omonima opera teatrale di Laura Wade, Posh, diretto dalla regista danese Lone Scherfig, è un affresco tiepido e affatto audace del degrado morale delle nuove generazioni destinate a diventare l’élite della società. Dal punto di vista narrativo, nulla di nuovo: la diegesi indugia nel mostrare lo scatenato e dissoluto modo di divertirsi dei protagonisti senza, sostanzialmente, fare accadere nulla degno di nota per buona parte del film. I membri del club corrispondono, in linea di massima, allo stereotipo del giovane arrogante che non accetta un no come risposta, malgrado qualche accenno di caratterizzazione, come nel caso dell’aristocratico decaduto interpretato da Sam Reid.

POSH Directed by Lone Sherfig

Esula in parte da questo discorso il personaggio di Max Irons, l’unico a non abbandonarsi ciecamente alle scorribande del Riot ma a conservare un barlume di coscienza morale. Questo sebbene, di fatto, non abbia spina dorsale e non sia in grado di imporsi, finendo puntualmente per lasciarsi trascinare. L’amore per la dolce e assennata Lauren (Holliday Grainger), unica figura salvifica del film, riuscirà ad aiutarlo a distinguere, non solo a parole, il bene dal male? Per quanto riguarda le figure femminili, nel cast, prevalentemente maschile, esse rimangono sullo sfondo e, se interagiscono coi protagonisti, si configurano unicamente come oggetti sessuali sfuggenti e ritrosi. A tal proposito, segnaliamo i camei di Natalie Dormer e Jessica Brown Findlay.

In breve, Posh pecca di banalità e superficialità, volendo proporre, nelle intenzioni, uno spaccato crudele e scioccante ma senza avere il coraggio, in questo senso, di osare e andare fino in fondo. La scena clou, quella della cena, è un tripudio di disgusto e gozzoviglio che, potenzialmente, potrebbe generare nel pubblico tensione e suspense. Tuttavia, i risvolti finiranno per confermare che si tratta di tutto fumo e niente arrosto, compresa la morale, trita e già vista, sulla quale però non ci dilungheremo per non sciupare l’unico sedicente ‘colpo di scena’ del film. È dunque questo ad attrarre le nuove generazioni? Storie di giovinastri convinti che i soldi aprano ogni porta, concedano ogni stravizio e consentano di guardare il prossimo dall’alto in basso? A quanto pare sì. Noi non possiamo far altro che sperare che, se non altro, i membri di queste confraternite conducano un’esistenza più emozionante di quella descritta nel film e non si limitino a scolare alcool a bidoni e vomitare dai finestrini.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Darà ai teenagers esattamente quello che si aspettano, nel bene e nel male.
  • È un teen movie banale e senz’anima.
  • Vorrebbe – e potrebbe – esser crudele ma, di fatto, non ha il coraggio di osare.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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POSH, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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