Positivə – 40 anni di HIV in Italia, la recensione

Arrivato direttamente in streaming su Prime Video dopo una proiezione speciale al Cinema Beltrade di Milano in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS, Positivə è il terzo documentario del giovane regista milanese Alessandro Redaelli. La camera che ricerca il reale di Redaelli questa volta decide di seguire quattro giovani HIV+, raccontandone le vite. Attraverso un road trip che porterà i quattro al mare, il documentario tenta di sviscerare a viso e cuore aperto cosa significhi oggi, a 40 anni dalla comparsa del virus in Italia, essere HIV+ in un mondo che rende sì possibile convivere con il virus da un punto di vista medico ma che si trascina ancora oggi un fortissimo stigma.

Terzo documentario del regista che nonostante mantenga lo stesso genere dei film precedenti riesce a presentarsi con uno stile completamente diverso, più maturo. Dopo due documentari dal tono estremamente d’osservazione, Positivə mescola le inquadrature che seguono le vite dei quattro protagonisti del documentario a interviste a vari personaggi famosi legati al mondo dell’HIV e a riprese di archivio. Nonostante Redaelli in questo documentario – più convenzionale rispetto ai precedenti – decide di prendere comunque una strada estremamente propria, i talking heads si presentano molto diversi e meno asettici dalle solite teste tristi che si vedono nelle interviste, inoltre tutti i filmati storici e di archivio vengono magistralmente filtrati attraverso una tv vintage.

L’idea di filtrare il passato attraverso un dispositivo mediale contemporaneo alla realizzazione di quei filmati è semplicemente geniale ed è la chiara prova che Redaelli sa dirigere e che riesce a imporre una scelta autoriale anche in quello che si prefigura come un documentario più vicino all’idea canonica di cinema del reale. Oltre a questo brillante gioco di schermi nello schermo, tutto il film è un documentario dai toni estremamente pop ma che riesce comunque a fondersi tranquillamente con chi con l’HIV ci convive da 40 anni.

I contributi di personaggi come Loredana Bertè, Rosaria Iardino e Oliviero Toscani restituiscono una testimonianza storica ed emotiva importantissima che si fonde perfettamente con le vite dei protagonisti di questo documentario, prova tangibile che ad oggi è possibile convivere con questa malattia. La camera di Redaelli riesce a incapsulare dolcemente la realtà che queste persone riescono a vivere ogni giorno: gli stereotipi, i tabù, le sofferenze, gli aneddoti da ridere e la paura per il futuro.

Positivə è un documentario necessario come il pane, arriva dritto a soddisfare la necessità odierna di come le questioni vanno affrontate in maniera che siano fruibili per chiunque. Attraverso gli interventi di esperti, attraverso le testimonianze storiche e osservando le vite di chi oggi è HIV+ il documentario riesce a scardinare gli stereotipi e i tabù ad oggi ancora fortemente radicalizzati nella società italiana. Includere le vite di persone sieropositive permette al documentario di raggiungere una vicinanza maggiore tra lo spettatore e le persone che abitano quello schermo che cerca di raccontare fino in fondo una realtà spesso troppo ignorata.

Ancora una volta Redaelli fa centro, complice uno stile molto più pop e più convenzionale, con Positivə arriva dritto al cuore della questione, la affronta e lo sviscera. Il dispiegarsi delle vite di chi abita questo film è perfetto, dolce e rende questo film un documentario fondamentale per i giorni nostri.

Che Redaelli sapesse dirigere si sapeva e questo Positivə ne è la piena conferma: politico, estetico, reale. Un documentario che riesce a essere perfetto, nonostante alcuni momenti perdano un po’ di forza e sembrino essere quasi “messi in scena”. Positivə ci ricorda cosa sono stati 40 anni di HIV nel nostro Paese e lo fa abbattendo i muri dello stereotipo; mettendo in discussione i vecchi metodi di rappresentazione stigmatizzanti nei confronti di chi era sieropositivo arrivando a creare una nuova rappresentazione, un nuovo punto del discorso sulla materia. D’ora in poi non si può parlare di rappresentazione e HIV senza parlare di questo documentario.

Emanuele Colombo

PRO CONTRO
  • Linguaggio e stile alla portata di tuttə.
  • Argomento interessante.
  • Alcuni momenti sembrano messi in scena.
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Valutazione: 8.5/10 (su un totale di 2 voti)
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