Pan – Viaggio sull’isola che non c’è, la recensione

Non è un segreto per nessuno che ci troviamo nel decennio dei live action di fiabe e/o classici Disney di ogni genere. Abbiamo due scuole di pensiero fondamentali a riguardo: i puristi, per i quali i romanzi o i classici d’animazione sono intoccabili (possono a malapena sopportare il classicismo della Cenerentola firmata Kenneth Branagh) e i curiosi speranzosi. Noi rientriamo in questa seconda categoria: disneyiani fino al midollo, conosciamo citazioni e canzoni a memoria, convinti che anche dal revisionismo fiabesco possa uscire qualcosa di buono. E per questo accettiamo una Biancaneve con il mono ciglio, una cappuccetto  rosso sanguinaria ed una Malefica zuccherosa e materna. Da notare che moltissimi prodotti di queste trasposizioni cinematografiche non provengono dalla casa di Topolino, dato che i diritti dei testi letterari sono sparsi un po’ ovunque, e perciò non sempre dietro una fiaba c’è la Disney.

Pan – Viaggio sull’isola che non c’è, rivisitazione completamente originale voluta dalla Warner Bros e diretta da Joe Wright (Orgoglio e Pregiudizio, Espiazione, Anna Karenina), si inserisce nella moda del momento ma sembra ripetere gli errori fatti qualche anno fa dalla Disney con Il grande e potente Oz. Ma andiamo con ordine.

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Il film vuole raccontare la storia dietro la leggendaria figura di Peter Pan, la sua infanzia e le sue origini. Da un punto di vista narrativo, l’inizio ci fa storcere subito il naso con una suora che sembra la sorella della preside Trinciabue del film Matilda sei mitica. Arrivato sull’isola che non c’è, il protagonista incontra Barbanera ed un giovane, ancora non capitan, Uncino (parente stretto dell’Uncino televisivo firmato Once upon a time). Tra un coro rock e qualche dialogo fine a se stesso, la prima ora di film è passata e concretamente non ci ha ancora raccontato nulla. E le cose non miglioreranno in seguito; il film appiccica in successione gli elementi fondamentali della storia originale senza conferirgli una vera vita (vecchia o nuova che sia). Indiani, coccodrilli, sirene e fate sono lanciati come riso ad un matrimonio; quasi nulla viene caratterizzato a dovere ed è posto tutto sullo stesso piano senza una qualsivoglia logica.

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Bocciata in pieno la sceneggiatura in quasi tutte le sue parti, rimane giusto la confezione. Gli effetti grafici e visivi risultano di altissimo livello: la nuova isola che non c’è è curatissima, molto colorata ed originale ed il 3D è ben utilizzato in diversi punti, ma questo non può e non deve bastare. Un ottimo pacchetto regalo con nulla all’interno. Qualche trovata registica piacevole del buon Joe Wright ma nulla di più.

Gli attori non riescono a risollevare le sorti del film: esattamente come accaduto al cast all-star de Il grande e potente Oz (James Franco, Rachel Weisz e Michelle Williams), Hugh Jackman e Rooney Mara non possono riempire i vuoti narrativi e le debolezze della storia. Ci dispiace soprattutto per Rooney Mara la quale, dopo ottime performance nel corso degli anni (applaudita a Cannes per il film Carol), colleziona una vera macchia per il suo buon curriculum.

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Buco nell’acqua non solo per gli attori ma per l’intera produzione che, dati alla mano, risulta uno dei più grandi flop dell’ultimo decennio per la Warner. Insomma non basta rispolverare una storia amata e farle un nuovo fiocco grafico per attirare il pubblico. Il peccato originale di Pan consiste nel non possedere una morale di fondo: nessuno dei personaggi riesce a comunicare allo spettatore qualcosa di importante o per cui valga la pena lottare.

I live action fiabeschi nascono perché a tutti noi (più o meno piccoli) piace sognare ma Pan – Viaggio sull’isola che non c’è non riesce minimamente a farci spiccare il volo con la fantasia.

Matteo Illiano

PRO CONTRO
  • Gli effetti visivi sono curatissimi e la nuova isola che non c’è risulta magnifica allo sguardo.
  • Alcune scelte registiche particolarmente riuscite.
  • La sceneggiatura riscrive la storia originale ma non riesce a portare ad un messaggio e ad una morale di fondo.
  • I personaggi rimangono in balia di dialoghi mal costruiti o privi di utilità narrativa.
  • Gli elementi originali della storia dovevano essere sfruttati a dovere e non buttati alla rinfusa.
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