RomaFF11: Swiss Army Man

Se pensiamo a film che hanno come protagonista un cadavere, la mente dei più subito va al fortunatissimo Weekend con il morto che tanto ci ha fatto ridere durante l’infanzia davanti alla tv, oppure al primo capitolo della saga di Saw nel quale, come molti sanno, il fulcro della storia era rappresentato da un corpo senza vita piazzato al centro della stanza in cui erano prigionieri i due protagonisti. Se questi titoli però sono appartenenti alla grande famiglia del cinema di genere, con Swiss Army Man, presentato in Alice nella Città all’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, ci troviamo difronte ad un netto ed anche rischioso cambio di direzione. I due registi Dan Kwan e Daniel Scheinert, infatti, utilizzano questa volta un cadavere per dar vita ad una storia che riflette sul senso della vita, su come da un imminente suicidio si possa ritornare ad apprezzare la gioia di provare sentimenti e riscoprire passioni ormai sopite da anni di delusioni e difficoltà. La cosa più assurda e paradossale, ma al tempo stesso geniale, è che tutto ciò nasce dall’incontro con un morto che quindi dovrebbe rappresentare l’esatto opposto di quello che il film intende raccontare.

swiss army man 1

Ritrovatosi abbandonato in un’isola deserta nel Pacifico senza alcuna speranza di salvezza, Hank decide di farla finita impiccandosi. Ma proprio poco prima di esalare l’ultimo respiro, scorge un cadavere, di nome Manny, in riva al mare con il quale insatura fin sa subito uno stretto legame di amicizia che lo porterà a rivedere la sua idea iniziale e a imparare che esistono veri valori per i quali vale la pena continuare a vivere.

Chi si aspetta un film trash e volgare, considerando che il cadavere emana continuamente peti, si sbaglia di grosso perché Swiss Army Man non è niente di tutto questo. La vera grandezza di Kwan e Scheinert, infatti, sta proprio nel prendere tematiche e linguaggi destinati a film di serie Z ed elevarle a strumenti principali di una storia che, come detto, si lascia andare a riflessioni molto più nobili.

swiss army man 2

Vediamo dunque come conversazioni sulla masturbazione, erezioni, peti e scurrilità di varia natura diventino simbolo del ritorno alla vita che vanno così a rafforzare il rapporto tra Hank e Manny, i quali finiscono per arricchirsi a vicenda in un ideale rapporto di “dare-avere”, come dovrebbe essere in ogni amicizia. Questo non significa che la storia si prende troppo sul serio, anzi. Abbondano, infatti, momenti di gustoso divertimento e di una sottile ironia che, alimentata dalla già goffa e grottesca idea di partenza, si fa forte di situazioni al limite del paradosso e una serie di battute da parte di Manny molto ingenue, ma proprio per questo motivo ancora più spassose.

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Qualche tiratina d’orecchie purtroppo va fatta per l’eccessiva durata che forse evidenzia l’idea di portare troppo per le lunghe la storia, inoltre un finale eccessivamente sentimentale e sdolcinato non è del tutto in linea con i toni sì impegnati, ma comunque scanzonati del film. Anche l’interpretazione di Paul Dano non convince in pieno, al contrario di un Daniel Redcliffe che ormai sembra essersi sganciato dal ruolo di Harry Potter per trovare una sua precisa identità artistica.

Esperimento nel complesso ottimamente riuscito. Visione più che consigliata.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Una storia originale e divertente.
  • I registi sanno elevare tematiche trash per raccontare una storia profonda e intensa.
  • Molti momenti ironici che non rendono mai pesante il racconto.
  • Una lunghezza eccessiva causata da qualche ridondanza di troppo.
  • L’interpretazione di Paul Dano non è convincente in pieno.
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