Roubaix, une lumière, la recensione

Roubaix si trova a Nord della Francia, proprio sul confine che divide le fiandre francesi occidentali con il Belgio. Un tempo Roubaix è stata al centro dello sviluppo economico del Paese, grazie al fiorente dipanarsi di industrie tessili che ne hanno fatto una delle città industriali più importanti della Francia. Oggi, però, Roubaix è nota per il degrado, per la povertà che attanaglia le strade, per la crescente criminalità. Cogliendo proprio questa trasformazione da affermato polo industriale a ingombrante periferia della Francia, il regista e sceneggiatore Arnaud Desplechin ha dato vita a un noir tanto suggestivo quanto privo di empatia, Roubaix, une lumière, che arriva nei cinema italiani distribuito da No.Mad Entertainment.

Ispirandosi al documentario del 2008 Roubaix, commissariat central, e a un reale caso di cronaca avvenuto nella città nel 2002, Roubaix, une lumière si ambienta nel periodo natalizio mettendoci nei panni di alcuni agenti del commissariato centrale mentre svolgono mansioni di routine. In particolare, seguiamo la quotidianità lavorativa del commissario Daoud e dell’agente appena arrivato Cotterelle, che se la devono vedere con il caso di uno stupratore seriale, con la denuncia di una presunta aggressione con una fiamma ossidrica, la scomparsa di una ragazza e un incendio doloso in una palazzina. Proprio quest’ultimo caso, di cui sono testimoni Marie e Claude, introduce un altro crimine, un omicidio ai danni di un’anziana signora, avvenuto nello stesso stabile. Saranno proprio Claude e Marie le principali indiziate.

Roubaix une lumière

Passato in concorso al Festival di Cannes nel 2019 e vincitore sia di un César che di un premio Lumière per l’interpretazione di Roschdy Zem, Roubaix, une lumière fa immediatamente sue le suggestioni classiche del noir focalizzandosi sulla realtà criminale metropolitana, condita da una voce narrante e una musica jazz. Insomma, Desplechin ci conduce in territori noti e lo fa con quell’eleganza tipica del cinema francese classico. Però, più passano i minuti, più ci rendiamo conto che Roubaix, une lumière di classico ha davvero poco e si mostra come una vetrina utile ad illustrare la vita in commissariato di uomini e donne che devono quotidianamente combattere con il crimine. Qui l’origine documentaristica si fa sentire molto e questa costruzione frammentaria un po’ disorienta, allontanando progressivamente l’attenzione dello spettatore. Ma, quasi a metà film, Desplechin decide di fare dietrofront – forse perché era effettivamente impossibile reggere 120 minuti di film con quell’impostazione episodica – e si focalizza su un caso in particolare tenendo come protagoniste due testimoni precedenti. Loro sono interpretate dalle bravissime Léa Seydoux e Sara Forestier, che si trovano improvvisamente travolte da gravissime accuse e intrappolate in un gioco di strategia con la polizia che sospetta più di quello che dice di sapere.

Roubaix une lumière

Il problema, però, è che anche nella sua seconda metà più narrativa, che si sviluppa come un dramma da camera dal vago sapore hitchcockiano, Roubaix, une lumière non riesce a coinvolgere più di tanto, esprimendo una freddezza di fondo che non cattura troppo l’attenzione. Sarà perché l’esito del caso è pari a una domanda retorica, sarà perché l’azione è completamente esclusa a favore di un fitto muro di parole, ma si ha la sensazione che le quasi due ore di film siano interminabili.

La confezione di Roubaix, une lumière è però impeccabile, costantemente illuminato da una luce tiepida che riscalda dalla glacialità emotiva che trasmette, e le interpretazioni di Zem, Seydoux e Forestier sono davvero ottime, capaci di catalizzare completamente l’attenzione dello spettatore.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
Roschdy Zem, Léa Seydoux e Sara Forestier: un terzetto di attori eccezionali. Risulta freddo, emotivamente poco coinvolgente.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Roubaix, une lumière, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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