Secret Team 355, la recensione

Un gruppo di mercenari senza scrupoli è alla ricerca di una pericolosissima arma segreta che darebbe, a chiunque ne venisse in possesso, la possibilità di tenere sotto scacco l’intero globo terrestre mediante una sofisticata forma di hackeraggio informatico. La qualificata agente della CIA Mason Brown viene perciò incaricata di mettersi sulle tracce dello stesso dispositivo ma per fare questo ha necessità di comporre un team segreto di agenti speciali. Dovrà così unire le forze con quelle della sua rivale Marie Schmdit, agente dei servizi segreti tedeschi, con l’esperta informatica Khadijah Adiyeme, con la psicologa colombiana Graciela Rivera e con l’agente dei servizi segreti cinesi Lin Mi Sheng. Un team segreto tutto al femminile per debellare una minaccia che non ha genere.

Con un’invidiabile filmografia da produttore e sceneggiatore in opere di puro intrattenimento, tutte desiderose di spaziare dall’action al fantastico, Simon Kinberg sembra adesso fermamente deciso ad aprirsi anche all’attività di regista dopo aver esordito nel 2019 con il discutibile e poco fortunato X-Men – Dark Phoenix.

Ci riprova adesso con un prodotto assai più sobrio del precedente, Secret Team 355, una spy story tutta al femminile che, sulla falsariga di franchise di successo come quello di Mission: Impossible e e 007, cerca di ibridare la più classica formula del cinema spionistico con il linguaggio moderno voluto da certo cinema action hollywoodiano.

Lo spunto narrativo posto alla base del film, o per essere più precisi l’idea che ispira il titolo del film (in originale un più conciso The 355), è indubbiamente di forte interesse. Si riferisce infatti al leggendario Agente 355, nome in codice di una delle prime spie degli Stati Uniti d’America, vissuta nel periodo della Rivoluzione americana (si presume possa essere deceduta dopo il 1780) e appartenuta al gruppo spionistico Culper Ring. La vera identità dell’Agente risulta ad oggi ancora sconosciuta ma si presume che quel 355, stando al linguaggio in codice del Culper Ring, potrebbe indicare il vocabolo “lady”.

Traendo ispirazione da questo preciso fatto, fascinosamente sospeso tra Storia e leggenda, prende avvio la narrazione di Secret Team 355, un film che per la sua natura spionistica non può fare a meno di ricondurci alle già citate saghe con protagonisti gli agenti speciali Ethan Hunt e James Bond ma che, in fin dei conti, sembra eleggere come maggior punto di riferimento l’altalenante franchise Charlie’s Angels.

Secret Team 355

Ma più che alla celebre serie-tv degli anni ’70 o al dittico con protagoniste Cameron Diaz, Drew Barrymore e Lucy Liu, è all’ultimo e deludente Charlie’s Angels diretto da Elizabeth Banks che il film di Simon Kinberg sembra guardare. Ovviamente Kinberg mira ad ottenere un prodotto finale ben differente dal franchise degli Angeli, il suo Secret Team 355 è infatti una spy story incredibilmente adulta e che si prende sul serio dal primo fino all’ultimo minuto, senza risparmiare persino qualche momento di dura crudeltà. Non aspettativi perciò situazioni brillanti, leggere o vagamente miste alla commedia. Secret Team 355 non è quel tipo di prodotto.

Il collegamento d’intenti con il Charlie’s Angels di Elizabeth Banks lo troviamo perciò nel modo in cui ci viene ostentata la componente femminista, eleggendo la donna come unico motore della vicenda nel mentre l’uomo, quando non è antagonista, è una figura sfocata e bidimensionale confinata in ruoli di supporto.

In Secret Team 355 è la donna che lavora, è la donna che si fa il culo e, soprattutto, è la donna che ti fa il culo. L’uomo diventa invece casalingo, sta a casa per badare ai figli o per preparare la cena e, nel momento in cui il gioco si fa serio, è l’uomo a trovarsi nella condizione di pericolo in cui deve essere salvato.

Secret Team 355

Rispetto ad un passato che – come sappiamo – è sempre stato maschio, in Secret Team 355 i ruoli uomo-donna si capovolgono drasticamente anziché cercare un equilibrio. In questo il film di Simon Kinberg riflette (e fraintende) certi movimenti femministi attuali nati sulla scia del metoo e proprio in questo ricorda l’action femminista diretto dalla Banks.

Ma al di là di un discorso puramente ideologico o concettuale, ciò che lascia fortemente perplessi durante la visione di Secret Team 355 è la maniera in cui il film maneggia gli elementi tipici del film di spionaggio. Lo fa infatti senza alcuna fantasia, adagiandosi su ogni tipologia possibile di cliché. Se una cosa del genere può essere accettata e può diventare persino divertente in un prodotto come Charlie’s Angels che del filone, in fin dei conti, si fa anche un po’ parodia, la stessa cosa non può essere accettata in un film come Secret Team 355 che invece ha la pretesa di essere una spy story seriosa e dal respiro adulto.

Secret Team 355

In Secret Team 355 ogni cosa sa terribilmente di già visto, tutto è ampiamente prevedibile. Simon Kinberg dimostra perciò zero originalità nella gestione della storia e nello sviluppo dei suoi personaggi. I caratteri sono tagliati con l’accetta, ridotti a meri stereotipi, e ogni situazione è già stata raccontata innumerevoli volte in chissà quanti altri film. Dall’ormai risibile dispositivo informatico capace di conquistare il mondo, alla necessità di ricorrere a cinque agenti speciali ognuna con un “talento” specifico, fino ad arrivare all’ultimo atto del film in cui avviene la solita asta segreta in cui è messo in vendita il dispositivo informatico e in cui le nostre Agenti 355 parteciperanno sotto copertura, facendo ricorso all’arte della seduzione. Arte che, anche quando ci si incarta in sterili giochetti sul capovolgimento dei ruoli di genere, è e sarà sempre in possesso della donna.

Per non parlare di quanto possano essere prevedibili i colpi di scena che il film regala a metà narrazione ponendoli, più o meno, come sconvolgenti plot twist.

In un prodotto come Secret Team 355, decisamente anonimo sotto il profilo narrativo, si sperava almeno in un po’ di sano action capace di destare un minimo l’attenzione dello spettatore. Ma anche sotto quest’aspetto il film di Kinberg non sorprende particolarmente. Le sequenze d’azione, infatti, oltre ad essere centellinate risultano anche poco ispirate ed eccessivamente canoniche, non brillando né per tecnica (come insegnava il bellissimo Atomica Bionda) e né per esagerazione visiva.

Secret Team 355

Cosa ci permette, dunque, di non confinare Secret Team 355 nella lista dei prodotti altamente dimenticabili? La risposta, purtroppo, è uno spietato: nulla!

Secret Team 355 è una storia di spionaggio trascurabile e della quale nessuno sentiva realmente il bisogno. Un film dai connotati anonimi che si rifugia solamente dietro ad un cast di assoluto rispetto e che vede nei ruoli delle Agenti 355 le sempre belle e brave Jessica Chastain, Diane Kruger, Penelope Cruz, Lupita Nyong’o e Fan Bingbing. Oltre loro, indiscusse protagoniste della storia, il cast si fregia anche della presenza del lanciatissimo Sebastian Stan, di Edgar Ramirez e del sempre apprezzabile Jason Flemyng.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Cast ben assortito.
  • La storia reale dell’Agente 355 era un interessante spunto narrativo.
  • L’utilità di fare una spy story come questa, nel 2022, quale sarebbe? Tutto sa tremendamente di già visto dal primo fino all’ultimo minuto.
  • Il discorso femminista è nobile, assolutamente, ma espresso in modo così esagerato da non contribuire come dovrebbe alla causa.
  • Scene d’azione anonime. Troppo anonime.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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