Shorta: abbiamo incontrato Simon Sears e Jacob Lohmann, protagonisti del crime danese

Dal 3 di maggio è disponibile su Amazon Prime Video Shorta, il fenomenale film poliziesco diretto dagli esordienti registi danesi Frederik Louis Hviid e Anders Ølholm, lo stesso film sarà distribuito da Blue Swan Entertainment in home video DVD e Blu-ray Disc dal 27 maggio. Grazie a Blue Swan, abbiamo avuto modo di fare una chiacchierata con gli attori protagonisti Simon Sears e Jacob Lohmann che hanno discusso sulle tematiche che il film affronta e sul training che hanno affrontato per vestire i panni di due poliziotti immersi in una situazione di guerriglia urbana.

Prima di leggere le argomentazioni di Simon e Jacob, però, se non avete ancora visto Shorta, è doveroso contestualizzarle spendendo due righe sulla trama del film.

Shorta racconta una giornata di lavoro di due poliziotti in una città danese: da una parte c’è Jens giovane alle prime armi, gentile, idealista e con un’idea di giustizia condivisibile; dall’altra c’è Mike, poliziotto più anziano, reazionario e violento, chiaramente razzista verso le minoranze che vivono in città. La sera prima, durante un intervento della polizia, un ragazzo della comunità islamica rimane gravemente ferito ed è in coma in ospedale, perciò ai poliziotti viene chiesto di fare attenzione e, possibilmente, evitare il ghetto islamico perchè c’è odore di sommossa. Ma Jens e Mike devono intervenire proprio nel ghetto, dove si troveranno al centro di una guerriglia urbana che cambierà la loro vita per sempre.

Il primo ad essere interpellato è stato Simon Sears a cui è stato chiesto come si è preparato per interpretare il personaggio di Jens.

In una prima istanza ho lavorato sul mio aspetto fisico perchè il mio partner, interpretato da Jacob Lohmann, era molto più piazzato di me. Per me, poi, è stato fondamentale capire che tipo di poliziotto fosse Jens, perchè nella prima parte del film non ho molte battute, quindi ho cercato di inquadrare quale fosse la bussola morale del personaggio, capire che questo poliziotto è un buon poliziotto. Quindi la mia preoccupazione maggiore era far capire questa caratterizzazione nonostante le poche battute.

Ho sempre avuto amici che vivono nel ghetto – continua Simon – quindi sono riuscito facilmente a relazionarmi a questa situazione, a entrare nella storia. Poi, per quanto possa sembrare surreale la situazione che i personaggi si trovano a vivere, in realtà è una situazione molto realistica e noi abbiamo girato il film proprio in quelle zone, anche se poi il ghetto è molto più grande di come appare nel film. Un’accortezza che abbiamo avuto è stato non rappresentare i cittadini danesi di origine islamica come i cattivi della situazione, ci tenevamo molto che non passasse questo messaggio e penso che ci siamo riusciti perchè Shorta mostra le due facce della medaglia. Io stesso di recente ho portato il film in una scuola del ghetto, l’ho presentato agli alunni ed è piaciuto tantissimo.

Shorta

Simon Sears

Ma a cosa e a chi si è ispirato Simon Sears per interpretare il ruolo di Jens?

Ho guardato e riguardato Training Day di Antoine Fuqua, è un film che adoro, poi ci siamo ispirati alla realtà perchè un amico di un mio amico è un poliziotto che somiglia molto a Mike così come appare all’inizio del film, quindi irruento e con un linguaggio non appropriato alla posizione che ricopre. Ho cercato di studiare questa persona e capire per quale motivo si possa essere così ostili verso determinate categorie; personalmente ho usato il materiale raccolto proprio per differenziarmi da quel tipo di poliziotto, che invece somiglia a Mike.

Dunque, la Danimarca oggi ha un problema con il razzismo, così come ci appare nel film?

In Danimarca, in confronto agli Stati Uniti, per esempio, la violenza della polizia non è molto diffusa e soprattutto c’è un utilizzo inferiore delle armi, però la questione del razzismo oggi è molto presente spesso a causa del partito socialista che oggi è al potere e sta diffondendo una cultura razzista silenziosa, subdola. Io stesso, da bambino, sono stato oggetto di razzismo perchè sono di origini italiane, mio padre è di Ferrara, e io non ho le tipiche sembianze danesi, sono più scuro di carnagione e da bambino venivo preso in giro per questo. Il problema del razzismo oggi si sta diffondendo sempre di più in Europa e purtroppo credo che sia destinato a crescere, anche in Danimarca sospetto che diventerà sempre più esplicito e questo è spaventoso.

Il modo in cui il film tratta la tematica da origine a diverse riflessioni – continua Simon – può essere una sveglia per lo spettatore e dirgli che la situazione è questa, oppure sensibilizzarlo per evitare che queste cose accadano. Poi ricorda che la realtà non è mai semplice come viene raccontata nei media, questo è esemplare nell’evoluzione del mio personaggio e in quello di Mike.

Dopo l’uscita del film si è parlato molto delle questioni trattate e c’è stato anche un gruppo di rappresentati del ghetto che si è risentito perchè pensava che la minoranza interessata non fosse stata rappresentata nel modo corretto, allo stesso tempo ci sono state delle discussioni con alcuni poliziotti che si sono offesi per la rappresentazione delle forze dell’ordine. Quindi in certi termini la reazione non sempre è stata positiva e molti hanno trovato nel film una scusa per sentirsi toccati ed espirare le proprie colpe.

Tornando ai personaggi protagonisti di Shorta e al concetto di redenzione.

C’è una differenza evidente tra i due personaggi, voluta. Il personaggio di Mike, più anziano, ha più esperienza quindi ci si pone anche la domanda: è l’esperienza che forma l’uomo? Quindi Mike sa come reagire alla situazione perchè lavora da molto più tempo di Jens e reagisce con maggiore lucidità. Jens, invece, non è capace a reagire sotto pressione. Abbiamo parlato con molti poliziotti durante la fase di preparazione del film e abbiamo capito che ci sono queste situazioni di stress a cui sono chiamati a rispondere.

La palla passa in mano a Jacob Lohmann.

Il mio personaggio subisce una metamorfosi: dal voler apparire, fare gradasso, essere notato diventa progressivamente invisibile, deve nascondersi, fuggire. Ho avuto un bambino pochi mesi prima l’inizio delle riprese di Shorta quindi non ho potuto allenarmi in maniera costante ma ho seguito un programma di allenamento in casa, di circa 20 minuti al giorno, poi l’intento era far apparire Mike come corporalmente grosso, una sorta di bar-fighter e non atletico.

Shorta

Jacob Lohmann

Nel mio personaggio ci sono due cambi importanti nella personalità – prosegue l’attore – da una parte quando si sente alla radio della morte di Talib, perchè sa che quell’evento avrebbe cambiato tutto, poi quando viene aiutato dalla madre del ragazzo catturato perchè vede tutta la comunità pakistana con un’altra luce, cammina per casa di questa famiglia e si rende conto che quel ragazzo potrebbe essere suo figlio, quindi torna indietro di anni, a prima che maturasse questo odio razzista. Non sono state create delle backstories per i due personaggi perchè non era quello l’intento della sceneggiatura. Io ho conosciuto Simon prima che ottenessimo la parte e abbiamo fatto un workshop a casa degli sceneggiatori dove abbiamo recitato la scena iniziale in macchina e sono subito stato sicuro che si sarebbe creata la giusta alchimia con Simon e così è stato. Tra l’altro sono costantemente in contatto con lui, siamo rimasti buoni amici.

Anche a Jacob viene chiesto del problema del razzismo nella Danimarca odierna.

Quello che vediamo nel film è reale, in Danimarca c’è davvero un senso di comunità come se si trattasse di un piccolo paese e c’è un grande equilibrio, tutto funziona bene quindi c’è una sorta di avversione per chi è estraneo, per chi viene da fuori perchè si ha il timore che questo equilibrio possa rompersi. Tutto questo però proviene da un’estrema ignoranza sulla funzione degli stranieri e su quello che realmente possono portare in un paese. Purtroppo, oggi c’è una corrente politica che fa molto leva sull’ignoranza e, di conseguenza, sul razzismo e punta proprio sulla questione di allontanare gli stranieri; proprio per questo motivo, noi abbiamo avuto difficoltà a girare il film in quelle zone, nel ghetto, perchè ormai c’è diffidenza e gli abitanti non pensavano che stessimo girando un film di questo tipo e non abbiamo neanche avuto modo di spiegarlo perchè inizialmente siamo stati aggrediti verbalmente.

Nel maggio 2020 è esploso il caso George Floyd, afroamericano fermato dalla polizia di Minneapolis e aggredito dalle forze dell’ordine fino alla sua morte. Un caso che ha suscitato un grande clamore internazionale, sollevando la questione razziale all’interno della polizia americana e dando vita al movimento conosciuto come Black Lives Matter. L’evento che innesca i fatti di Shorta ricorda moltissimo la questione Floyd, pur essendo precedente agli eventi di Minneapolis.

Quando abbiamo saputo del fatto di George Floyd siamo rimasti shockati e la produzione si è interrogata su cosa fare perchè noi il film lo abbiamo girato prima dei tragici fatti di Minneapolis! Non volevamo che la promozione del film si andasse a incentrare solo su quella scena, anche perchè è tutto troppo simile e volevamo evitare che le persone pensassero che noi abbiamo girato la scena del film dopo che è accaduta la vicenda di Floyd, sarebbe stato di cattivo gusto. Poi abbiamo deciso di tenere la scena così come era e ci siamo chiesti se addirittura i poliziotti americani avessero potuto vedere il film in anticipo, perchè la scena è davvero troppo simile! Io però sono contento che la scena sia rimasta nel film perchè è una testimonianza concreta di quello che può accadere nella realtà.

A Jacob è chiesto in che modo la produzione si è approcciata alle scene d’azione, estremamente realistiche e ben realizzate.

In Shorta non ci sono effetti speciali e green screen, tutta l’azione è stata creata dal vivo dagli stunt, come accade nella prima scena di colluttazione in cui a recitare erano gli stuntmen che hanno lavorato un giorno intero per creare una coreografia, poi la regia ha fatto un lavoro pazzesco considerando che abbiamo lavorato con una sola macchina. Se si lavora con intelligenza e creatività si può avere un risultato di alto livello anche se si tratta di un film a basso budget come il nostro.

Il cinema danese di oggi si fonda sulle spalle di grandi artisti che sono riusciti ad esportare il nostro cinema anche fuori dai confini del paese – continua Jacob parlando del recente cinema danese – merito soprattutto di Thomas Vinterberg recente premio Oscar con Un altro giro, oppure Lars von Trier che è riuscito a dare una sfumatura internazionale al suo film. I registi di Shorta, che sono al loro primo lungometraggio, sicuramente devono molto a questi artisti e io non posso che essere felice di questa tendenza perchè si riflette anche sul mio lavoro.

A cura di Roberto Giacomelli

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