Si Alza il Vento, la recensione

A un anno di distanza dalla presentazione alla 70° Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia, arriva nelle nostre sale Si Alza il Vento: l’ultima impresa del grande regista di animazione giapponese Hayao Miyazaki, già autore di capolavori come il film premio Oscar La città incantata, Il castello errante di Howl e Porco rosso. Dopo l’annuncio del suo ritiro dalle scene, durante la proiezione della pellicola al lido, il maestro fondatore dello Studio Ghibli ci consegna un’opera che sa quasi di lascito testamentario, un piccolo gioiello offerto in dono alle prossime generazioni, che racchiude la summa della sua arte e del suo genio. Ci troviamo davanti a un racconto più maturo e realistico, in cui spiriti e creature selvagge cedono il passo a una storia “terrena”, fatta di uomini e donne in carne e ossa che non vengono trasformati in maiali né invecchiano improvvisamente di 90 anni. L’accentuazione della componente neorealista, qui unita a una minuziosa descrizione della realtà storica, trasporta lo spettatore in un epico viaggio alla scoperta di uno dei personaggi più ammirati da Miyazaki, in quello che potrebbe essere definito il film più adult-oriented della sua carriera.

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Tratto dall’omonimo manga dello stesso Miyazaki, e ispirato a sua volta al romanzo di Tatsuo Hori, il film condivide il titolo con un verso di Paul Valéry, “le vent se lève”. Questa eloquente e suggestiva allusione racchiude, se vogliamo, il racconto della vita del giovane Jiro Horikoshi, progettista di aerei realmente esistito a cui il paese del Sol Levante deve la costruzione del famigerato Mitsubishi A5M, il caccia Zero usato durante la Seconda Guerra Mondiale. La storia parte dall’infanzia del piccolo Jiro, ragazzino idealista e sognatore, la cui miopia gli impedisce di diventare un pilota di aerei; continua con il ragazzo studente all’università di ingegneria di Tokyo, per poi finire con l’immagine di un Jiro adulto e all’apice del successo. L’andamento biografico e quasi didascalico della vicenda subisce però delle alterazioni, in pieno stile Miyazaki, trasferendo la narrazione su un piano onirico, nel quale viene introdotto il personaggio dell’italiano Giovanni Caproni. Questi è un ingegnere aeronautico di successo, e mito assoluto del protagonista, con il quale non solo condivide il medesimo sogno ma, successivamente, anche le sue paure. A completare il binomio fantastico-realista si collocano, con sapiente ingegno e grazia nei dettagli, le vicissitudini storiche di un Giappone in transizione, dapprima messo in ginocchio dal disastroso terremoto del Kanto del ’23, e poi disposto a scendere in campo insieme alle potenze mondiali occidentali più moderne e all’avanguardia.

Per il regista questo è un film sicuramente personale, che parla anzitutto di una grande passione: gli aerei. Figlio di un ingegnere, e da sempre appassionato delle scene in volo, Miyakazi, con Si alza il vento, compie un passo in avanti rispetto a ciò che in Porco Rosso aveva semplicemente accennato. Sposta, cioè, l’attenzione su quella che da sempre era stata una componente funzionale alla narrazione, rendendola la vera e propria protagonista dell’intera vicenda. La passione e la dedizione di Jiro ci assorbe completamente e ci trasporta nel suo mondo, fatto di numeri, disegni, ingranaggi e duro lavoro. Da qui, l’inevitabile scelta di dilatare i tempi della prima parte del film, rendendola più lenta e, a tratti, meno digeribile. Ma il regista sa quello che fa e, soprattutto, è consapevole di ciò che vuole raccontarci. Dopotutto, la storia di Jiro è la storia di un sogno ma è, allo stesso tempo, una storia vera, intrinsecamente legata alla sua natura più imperfetta. E nella vita reale, si sa, i sogni richiedono sacrifici e, spesso, si pagano a caro prezzo. L’importante però è “tentare di vivere”, come continua a ripetere nel loro sogno il grande Caproni al nostro beniamino. Vivere per trovare la nostra strada e realizzare le nostre aspirazioni, anche se queste potrebbero condurre a terribili conseguenze.

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Pian piano, quasi come una brezza d’estate che spazza via le nuvole, la narrazione torna a quelli che sono tra i temi più cari per il regista: l’amicizia e l’amore, sentimenti che elevano l’anima e rendono la vita meritevole di essere vissuta; il caro vecchio Honjo è l’amico che tutti vorremmo al nostro fianco, nonché portatore del principio secondo il quale, e cito, “la felicità è tale solo se condivisa”. Ma è la storia sentimentale tra Nahoko e Jiro quella che maggiormente rievoca il Miyakazi a noi più caro, che ci incanta, tanta è la grazia e la delicatezza che pone nel far risplendere i sentimenti fra due innamorati attraverso piccoli ma significativi gesti. Anche qui, però, l’elemento realistico riacquista potere grazie alla messa in scena del primo bacio alla francese dell’intera carriera del regista, nonché alla velata allusione di un rapporto sessuale tra i due giovani. È forse proprio la sfortunata Nahoko l’elemento catalizzatore dell’intero racconto, colei che prima permette a Jiro d’iniziare a vivere e, in seguito, di ricominciare a farlo.

La sublime storia del sogno di una vita è magistralmente portata sul grande schermo grazie ai classici disegni del maestro, fatti di toni sgargianti e poi tinte pastello, e accompagnati come sempre dalle musiche del fedele Joe Hisaishi, mai invasive e sempre complementari allo svolgimento della storia.
Si Alza il Vento è un film concettuale, compatto e maturo, che arriva nelle nostre sale dal 13 al 16 settembre distribuito da LuckyRed.

Noemi Macellari

PRO CONTRO
  • È Hayao Miyakazi!
  • È più adult-oriented rispetto agli altri, ma la poesia non manca.

 

  • La prima parte, narrativamente parlando, potrebbe risultare lenta.

 

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Si Alza il Vento, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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