Sinister, la recensione

Dopo aver ottenuto un buon successo con il romanzo “Kentucky Blood”, un thriller che si ispirava a un fatto di cronaca, lo scrittore Ellison Oswalt è progressivamente caduto nell’anonimato. Ora Ellison vuole riprovarci e decide di dedicarsi a un altro romanzo di cronaca nera e per trovare la giusta ispirazione e allo stesso tempo indagare in prima persona si trasferisce con la sua famiglia a King County, proprio nella casa in cui hanno abitato le vittime protagoniste del suo nuovo libro. L’uomo trova nella soffitta della casa una scatola contenete dei filmini amatoriali che riproducono delle efferate morti, tra le quali anche la terrificante fine dei precedenti inquilini. Ellison capisce di avere tra le mani del materiale controverso ma invece di denunciare il ritrovamento alla polizia comincia ad analizzare i filmati per il suo romanzo. Non immagina, però, che quei filmati sono legati a un’entità maligna e nel momento in cui Ellison li ha visti l’ha risvegliata!

Sinister, secondo una recente ricerca condotta da Brandbandchoises e denominata Science of Scare Project, sarebbe il film “scientificamente” più spaventoso di sempre, un dato che sicuramente il buon Jason Blum, chairman della Blumhouse, non immaginava quando nel 2012 riuscì a portare nelle sale questo minuscolo ma incredibilmente remunerativo film (3 milioni di dollari di budget e 50 milioni di incasso solo negli USA).

Sinister

Il segreto di Sinister risiede senz’altro nell’abilità che ha nel giocare con la paura dell’ignoto, della tensione per la sorte di una famiglia vulnerabile perché sorpresa nell’intimità domestica e inconsapevole del pericolo che sta per abbattersi su tutti loro. Con questi elementi, il film diretto da Scott Derrickson riesce a creare una tensione costante che ha contribuito al suo successo di pubblico, critica e al suo primato di “scariest movie”.

Probabilmente c’è un po’ di esagerazione in queste constatazioni, ma bisogna riconoscere al regista Scott Derrickson di essere riuscito a creare una macchina di discreto terrore che gioca benissimo con le atmosfere e la suggestione del protagonista, che irrimediabilmente va a sovrapporsi allo spettatore. Il procedere lento, schematico e a volte colpevolmente ripetitivo di Sinister aiuta a calarsi perfettamente in Ellison Oswalt, scrittore in difficoltà creativa e in stallo produttivo che si ritrova improvvisamente catapultato in un incredibile incubo.

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La sua ossessiva ricerca della verità, comune a tanti personaggi “dannati” del cinema e della letteratura, lo fa precipitare in un vortice di paranoia e paura che stavolta ha delle basi fondatissime, visto che gli eventi che gli si susseguono metterebbero a dura prova i nervi di chiunque. Il suo continuo e maniacale guardare i filmini snuff trovati in soffitta lo porta senz’altro alla suggestione, che a poco a poco si trasforma in reale pericolo, quando scopre che quei raccapriccianti filmati sono legati al culto del demone babilonese Bughuul, soprannominato “il divoratori di bambini”.

Derrickson, che prima di passare al cinecomic Marvel Doctor Strange si è fatto comunque le ossa con l’horror grazie al buon Hellraiser 5: Inferno e l’ottimo L’esorcismo di Emily Rose, ha dichiarato che il suo film è una metafora dello spettatore che sta in sala a guardare Sinister, così come qualunque spettatore impegnato a guadare un film horror. Praticamente Sinister è un film horror su chi guarda i film horror, sulle paure che gli si insinuano nella testa, sugli scricchiolii del legno che si trasformano inevitabilmente in passi di mostri minacciosi. Dunque, è pregevole l’ossessiva consultazione da parte di Ellison dei filmini ritrovati, guardati sempre di notte nel buio del suo studio, inquietanti video di morte che portano con loro una maledizione che per certi aspetti ricorda The Ring. Infatti, è sempre il regista a rivelare che l’idea per Sinister è stata suggerita al suo co-sceneggiatore C. Robert Cargill proprio da un incubo avuto dopo la visione del film con videocassetta assassina. Entrambi i film parlano di inquietanti filmati maledetti, entrambi si trasformano in corse contro il tempo per scampare alla morte e in entrambi è coinvolta la dimensione infantile, inquadrata come vittima e allo stesso tempo carnefice.

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A proposito di questo aspetto, in Sinister quello che sembra funzionare poco è proprio l’inserimento dei bambini e soprattutto nell’accezione dei bambini-fantasma che a un certo punto affollano la casa degli Oswalt. Se da una parte la dimensione infantile è necessaria ai fini della storia, anche in funzione di un magnifico finale, dall’altra la scelta di mostrare presto gli spiriti dei bambini scomparsi sa tanto di inutile scelta di tendenza, visto che stranamente ogni film americano e non che tratta l’argomento fantasmi o case infestate deve avere essenzialmente uno o più bambini spiritelli o che parlano comunque con i fantasmi, come se la sensibilità e la purezza di un bambino debba per forza di cose andarsi a sovrapporre con le esperienze soprannaturali. E infatti in un film come Sinister in cui si ricordano con efficacia le singole scene di paura, a funzionare meno e risultare quasi intrusa è proprio quella in cui Ellison “gioca” di notte a nascondino con i piccoli fantasmi.

Di ottimo appeal è il demone Bughuul, qui ribattezzato efficacemente anche Mr. Boogie, inquietante presenza dal volto pallido e dagli occhi malvagi che infesta i filmati di morte e che diventa protagonista di almeno un paio delle scene più spaventose del film. Lo spavento però a volte gioca troppo con il facile alternarsi dei piani sonori e se funzionano a meraviglia alcuni momenti di preparazione, tra cui tutti quelli che riguardano la visione dei filmini o le escursioni di Ellison in soffitta, poi scadono nel banale “BUUU!” gran parte dei loro esiti.

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Molto bravo e adatto alla parte l’attore Ethan Hawke che regge quasi interamente sulle sue spalle il film. Un personaggio insicuro e impaurito ancor prima di intraprendere la sua discesa all’inferno con videotapes perché la sua grande paura iniziale è non riuscire più a mantenere lo status di celebrità, visto che il successo datogli dal suo precedente romanzo è svanito in fretta. Ellison Oswalt è dunque una persona estremamente vulnerabile e allo stesso tempo determinata, pronta a tutto pur di tornare ad assaporare il successo.  Le sue scelte, che lo portano a incrociare la strada di Bughuul, sono al centro del film: i suoi timori, le sue delusioni e le sue ossessioni, tutte efficacemente rese nell’esplosione d’ira nel suo confronto con la moglie (interpretata da Juliet Rylance) scaturiscono in quelle scelte sbagliate che poi sono il fulcro di tutto l’orrore raccontato in Sinister.

Un film riuscito, dunque, che punta molto sull’impaurire lo spettatore, a volte ci riesce con efficacia, altre con facili jumpscares. Assolutamente nulla di nuovo in Sinister, che anzi si adagia su temi e suggestioni basilari di certo cinema horror, ma questa mancanza di novità è anche la base della riuscita di questo film, che gioca con le paure in quanto riconoscibili e condivise.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Alcuni momenti di genuino terrore valgono da sole la visione del film.
  • Ethan Hawke è bravo e il suo personaggio molto ben scritto.
  • Come metafora dello spettatore dei film horror funziona decisamente bene.
  • La dimensione infantile non è ben gestita, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con il paranormale.
  • Qualche jumpscare di troppo.
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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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