Siren, la recensione

Nel 2012 faceva capolino sui televisori degli appassionati di horror V/H/S, un film antologico ideato e prodotto da Brad Miska, ovvero il fondatore del miglior portale web al mondo dedicato alla cultura horror, Bloody Disgusting.  V/H/S cuciva insieme cinque cortometraggi (più un epilogo) che utilizzavano la tecnica del found footage e contava tra i registi ragazzi che poi si sarebbero fatti conoscere come nuovi esponenti del cinema horror americano: Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (Finché morte non ci separi, Scream e Scream VI), David Bruckner (The Night House, Hellraiser), Ti West (X – A Sexy Horror Story, Pearl), Adam Wingard (You’re Next, Blair Witch, Godzilla vs Kong). Dei corti che componevano questo lungo, si distingueva (per concept e qualità generale) Amateur Night di David Bruckner, che ci mostrava la notte brava di alcuni amici alle prese con una prostituta in un motel che rivelava di essere una letale creatura mostruosa. Quel corto è diventato, a sua volta, un lungometraggio dal titolo Siren, prodotto nel 2016 e distribuito in forma limitata nei cinema e poi straight to video e su piattaforme streaming.

In Siren si racconta la notte di Jonha, suo fratello Rand e gli amici Sam ed Elliot che vogliono far passare un addio al celibato indimenticabile al primo. L’idea di Rand è di condurre il fratello in uno strip club per un ultimo bagno di sesso con ragazze stupende, accompagnato da fiumi di alcool e droga, ma la scelta ricade su un locale alquanto deludente. Qui, però, Rand fa la conoscenza di un tizio che promette di condurli in un locale sconosciuto ed esclusivo dove potranno assaporare delle esperienze irripetibili. Il ragazzo decide di seguirlo e i quattro si ritrovano in una villa immersa nel bosco, tra orge sadomaso e misteriose cabine all’interno delle quale può accadere di tutto. Qui Jonah viene condotto al cospetto di Lily, una ragazza bellissima e dalla voce incantevole della quale il ragazzo si infatua e decide di liberarla da quella che percepisce come una vera e propria prigionia. Grosso errore! Lily non è umana ed è molto, molto pericolosa!

David Bruckner, che in quel periodo preparava il suo secondo lungometraggio, The Ritual, si ritaglia il ruolo di produttore esecutivo insieme a Brad Miska, lasciando la regia di Siren a Gregg Bishop, che avevamo già conosciuto per i non eccezionali Fuga dall’Inferno (2006) e Dance of the Dead (2008). Forse il vero limite di Siren sta proprio nella poca cura da un punto di vista di regia e messa in scena: Bishop esegue il compito senza particolari tratti distintivi e il look generale è molto da straight to video anni ‘90, senza cura per la fotografia e le scenografie, dando molto a vedere la natura indie del progetto che si traduce in una generale sciatteria.

All’altalenante messa in scena, si contrappone però un’esecuzione narrativa davvero soddisfacente perché la sceneggiatura di Ben Collins e Luke Piotrowski, entrambi poi impegnati con The Night House – La casa oscura e Hellraiser, riesce a adattare ed ampliare con grande cognizione di causa il corto Amateur Night. Infatti, uno dei grandi problemi della trasposizione in lungo di un corto è la frequente dilatazione del concept in un noioso cortocircuito di idee aggiuntive. Invece, in Siren – complice anche la breve di durata di 82 minuti – tutto è necessario e quelle piccole idee utilizzate da David Bruckner qui trovano un’adeguata estensione per creare una mitologia attorno alla misteriosa creatura.

Quella che nel corto ci sembrava una semplice donna-pipistrello, qui ci viene presentata come un demone proveniente da un’altra dimensione un po’ alla Hellboy (accade nel prologo, quindi nessuno spoiler) e che poi sviluppa delle qualità che la rendono simile a una sirena (il canto ammaliante e la capacità di volare, proprio come le sirene della mitologia greca che non erano metà donne e metà pesci, ma giganteschi uccelli con testa femminile!).

Bishop, poi, non ci va molto per il sottile e mette in scena uno spettacolino di exploitation davvero gustoso con il connubio sex & gore massimizzato il più possibile. Bellezze discinte, scene di sesso, momenti di violenza molto spinti e una cattiveria di fondo che fa sempre piacere ritrovare in determinati racconti dell’orrore.

Menzione speciale all’affascinate Hannah Fierman nel ruolo di Lily, unica a tornare dal precedente corto, che recita con il solo sguardo e completamente nuda per la quasi totalità del film e offre un’interpretazione davvero convincente dando vita a un personaggio tragico e letale, capace di momenti teneri e romantici ma anche di scene di crudeltà inaudita.

Con qualche soldino in più un’attenzione maggiore per la messa in scena, Siren sarebbe potuto essere un ottimo creature feature, così rimane comunque un buonissimo prodotto d’intrattenimento che sa farsi ricordare.

Siren è rimasto inedito in Italia fino al 10 maggio 2023, quando è stato doppiato e trasmesso in prima visione assoluta in chiaro su Rai4 e RaiPlay.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Hannah Fierman che ha saputo gestire al meglio un ruolo molto complesso.
  • Il connubio sex & gore.
  • Come è stato ampliato il concept del cortometraggio.
  • Una regia poco incisiva.
  • Una messa in scena abbastanza sciatta.
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Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
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