Spider-Man: Far From Home, la recensione

Così come accaduto nel 2018, anche quest’anno i Marvel Studios hanno strutturato l’uscita dei loro film facendo seguire a un titolo importante e dai toni drammatici un film più leggero, utile a smorzare con umorismo e il linguaggio della commedia i fatti gravosi raccontati in primavera. Se lo scorso anno al primaverile Avengers: Infinity War ha fatto seguito l’estivo Ant-Man and the Wasp, ora all’intenso Avengers: Endgame segue Spider-Man: Far From Home. Ma attenzione, perché il secondo film assolo di Spider-Man non è solo un passatempo utile a temporeggiare in attesa di un nuovo film collettivo, ma si fa anche portatore di importanti sviluppi all’interno del Marvel Cinematic Universe.

Il focus principale di Spider-Man: Far From Home è Tony Stark, o meglio l’eredità che Iron Man ha lasciato dopo la sua uscita di scena in Avengers: Endgame. Il mondo piange l’eroe che si è sacrificato per salvare l’umanità e in ogni luogo toccato da questa avventura dell’Uomo Ragno possiamo intravedere segnali del caloroso omaggio al “genio, miliardario, playboy, filantropo”. Il film si apre proprio con un grottesco “in memoriam” realizzato dai ragazzi della scuola in cui studia Peter Parker e buona parte del film serve a riflettere sul ruolo che lo stesso Peter è ora chiamato a ricoprire all’interno degli Avengers. Perché Tony, attraverso l’emissario Happy Hogan, sembra aver individuato nel ragazzo dei Queens proprio il suo erede ideale (gli ha lasciato gli occhiali con realtà aumentata e assistente virtuale), ma Peter non si sente all’altezza, non vuole questa responsabilità… in fin dei conti lui è solo un ragazzino che va al liceo e vuole conquistare il cuore della sua amata M.J. Perfino le sue comparsate in maschera nelle scuole per motivare i coetanei ai giusti comportamenti gli vanno strette, lo fanno sentire a disagio. Insomma, Peter sente che il ruolo dell’eroe non fa per lui.

spider-man: far from home

Si tratta di un incipit molto importante per questo personaggio, gli dona una dimensione che fino ad oggi non era mai stata esplorata, non in questi termini almeno, perché dopo gli eventi luttuosi dei due precedenti Avengers, il ruolo dell’eroe non è più come lo conoscevamo e ora non è essenzialmente legato alla sola dimensione personale, o al massimo di quartiere.

Non si tratta più dell’amichevole ragno di quartiere, ma di un eroe internazionale sempre pronto a intervenire in qualsiasi parte del mondo ci sia bisogno del suo aiuto e, perché no, anche fuori dal pianeta Terra. Peter non vuole tutto questo, Peter vuole vivere la sua adolescenza, innamorarsi, passar tempo con il suo migliore amico, fare quello che fa ogni ragazzo della sua età.

Spider-Man: Far From Home parte da questa premessa e immerge lo spettatore proprio nella normalità desiderata da Peter con una gita scolastica in alcune città europee. Il blocco narrativo che vede i ragazzi in gita è il meno riuscito dell’intero film: il tono da commedia adolescenziale è forse troppo accentuato, molto meno amalgamato di quanto lo fosse in Spider-Man: Homecoming e la disavventure amorose di Peter, controbilanciate dall’inaspettato successo in amore di Ned, non sono particolarmente divertenti. Soprattutto il blocco ambientato a Venezia non funziona, è stonato, goffo, perfino visivamente brutto con un’effettistica curiosamente inferiore alla media a cui i film Marvel Studios ci hanno abituato.

spider-man: far from home

Fortunatamente queste incertezze, questi sbalzi stilistici, vengono corretti con l’entrata in scena di Mysterio, anzi di Quentin Beck, misterioso personaggio munito di mantello, tuta tecnologica e una curiosa cupola che ne copre il volto. Quentin collabora con Fury, dice di provenire da una realtà parallela alla nostra, giunto su Terra-616 per combattere gli Elementali, letali creature che incarnano i quattro elementi fuggite dalla sua realtà e ora impegnati a mettere a ferro e fuoco alcune zone del nostro pianeta, tra cui proprio Venezia.

Mysterio, interpretato da un Jake Gyllenhaal particolarmente in parte, è probabilmente uno dei migliori personaggi “non protagonisti” mai apparsi in un film MCU e continua la tradizione iniziata con Spider-Man: Homecoming di affiancare a Peter Parker un personaggio complesso e strutturato. Lì era Adrian Toomes, aka Avvoltoio, qui Quentin Beck e la scelta di attori di grande talento e sicuro peso a Hollywood è già una chiara dichiarazione d’intenti. Non è possibile parlare di Mysterio senza inoltrarsi in possibili spoiler, quindi mi limiterò a dire che si tratta di un personaggio molto differente da quello conosciuto dai fan grazie al fumetto, ma ne incarna comunque diverse caratteristiche abilmente rese coerenti ai fatti raccontati dal Marvel Cinematic Universe. Mysterio è una conseguenza degli eventi pregressi, è un eroe, è una vittima, è un carnefice. Si tratta di un personaggio capace di muoversi su diversi piani narrativi, su cui si possono applicare facilmente diverse chiavi interpretative, questo perché la sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers è chiaramente stata scritta attorno a lui e alle conseguenze che l’entrata in scena di questo personaggio possono creare nell’universo di Spider-Man.

Mysterio Spider-Man Far From Home

Due personaggi di grande impatto e dall’intelligente sviluppo come Spider-Man e Mysterio sono attorniati da comprimari che si muovono tra alti e bassi. La dimensione scolastica di Peter non convince perché troppo virata verso toni buffoneschi, di cui solo M.J. mostra una reale funzione per il protagonista, anche se c’è da dire che la “Mary Jane” di Zendaya si mostra meno determinata e “strong” di quello che ci saremmo potuti aspettare dalle premesse in Homecoming. Anche Nick Fury ha un ruolo molto più importante del previsto, solo che stavolta – in linea con l’aria da commedia imperante – abbiamo un personaggio più comico del solito, molto più vicino a come lo abbiamo conosciuto in Captain Marvel. Una caratterizzazione che potrebbe far storcere il naso a qualcuno ma che, curiosamente, è perfettamente motivato e spiegato dalla seconda scena post credits (quindi arrivate alla fine di tutti i titoli di coda, mi raccomando!).

Riguardo le scene sui titoli di coda di Spider-Man: Far From Home di cui tanto si è parlato, bisogna aggiungere che la prima delle due, in effetti, ha un certo peso sul futuro del personaggio, oltre che un‘inaspettata strizzata d’occhio ai fan di lunga data della Marvel. Sarà molto interessante, a tal proposito, vedere in che modo la Fase 4 utilizzerà questa informazione, un dettaglio che getta uno sguardo del tutto inedito sul nostro “arrampicamuri” preferito.

spider-man far from home

Lungi dall’essere il miglior Spider-Man cinematografico fino ad ora prodotto (i primi due diretti da Raimi e Homecoming gli sono superiori), Spider-Man: Far From Home lascia il passo a qualche incertezza nella gestione dei toni utilizzati, ma sa difendersi benissimo nel macro-genere dei cinecomics soprattutto grazie a un’ottima gestione dello stesso Spider-Man nella situazione post-Endgame e al personaggio di Mysterio, che è esempio di ottima scrittura applicata a un comprimario.

Ora siamo pronti per la Fase 4, che si aprirà nel 2020 con l’ancora misterioso film su Black Widow.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una gestione matura dello scenario post-Endgame con importanti sviluppi sul personaggio di Peter Parker.
  • Quentin Beck, aka Mysterio, è un gran personaggio.
  • Nel primo atto del film siamo di fronte a una commedia adolescenziale poco divertente che mostra dei toni poco consoni a quello che poi seguirà.
  • La parte a Venezia è… semplicemente brutta!
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Spider-Man: Far From Home, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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