Star Wars: L’ascesa di Skywalker, la recensione

Chi era ragazzino sul finire degli anni ’70 ha buone possibilità di aver incrociato la propria strada con la Forza, o meglio con Luke Skywalker, la Principessa Leia, il prode Han Solo con il suo fido compagno di avventure Chewbecca e il minaccioso Darth Vader. Personaggi che hanno segnato un’epoca, ridefinito il concetto di eroe cinematografico e appassionato una generazione che ha avuto poi l’opportunità di seguire le avventure di questi personaggi per altri due film.

Sul finire degli anni ’90, oltre vent’anni dopo il primo Guerre Stellari, quella stessa generazione ormai adulta è potuta tornare sulla “galassia lontana, lontana” e una nuova generazione di bambini ha invece scoperto il mito di Star Wars con una trilogia di prequel indispensabile ad espandere quella mitologia.

Un nuovo salto temporale in avanti e siamo ai giorni nostri, altri vent’anni dopo, con una ulteriore generazione da iniziare ai principi della Forza e una folta schiera di spettatori veterani che sono cresciuti all’insegna di Star Wars. Una nuova trilogia, stavolta sequel di quella originaria, personaggi inediti che si incontrano con i classici per raccoglierne l’eredità. Un’impresa sontuosa, un’epica che non ha precedenti nella storia del cinema, un’operazione importante e fondamentale nel definire l’immaginario collettivo, creare modelli, far sognare adulti e bambini.

L'ascesa di Skywalker

La trilogia di Star Wars iniziata nel 2015 da J.J. Abrams con Il risveglio della Forza, nonostante le aspre critiche ricevute da chi la Forza non la possiede (e mai la possiederà), ha svolto con successo e intelligenza l’arduo compito di portare a una conclusione una storia iconica avviata oltre quarat’anni fa. Oggi quella conclusione ce l’abbiamo davanti agli occhi, risponde al titolo di L’ascesa di Skywalker ed è il nono episodio della saga, il terzo della storyline principale a marchio Walt Disney Studios.

Dopo che Rian Jonhnson ha fatto infuriare i tristissimi leoni da tastiera con Gli ultimi Jedi e la Disney ha licenziato Colin Trevorrow per divergenze creative, la palla è tornata nelle mani di J.J. Abrams, un nome una garanzia, l’uomo dallo stile accomodante che ha ereditato la classicità del cinema fantastico direttamente dai maestri (Jedi) del genere, Lucas e Spielberg. Abrams ha un compito ben preciso per L’ascesa di Skywalker: trarre le fila del discorso senza scontentare nessuno. Sembra un compito semplice, ma la responsabilità nelle mani del creatore di Lost è estremamente delicata, soprattutto dopo la tiepida accoglienza da parte di molti fan dell’episodio precedente e del parziale flop al botteghino dello spin-off Solo: A Star Wars Story.

Star Wars Episodio IX

La tecnica di Abrams e del suo co-sceneggiatore Chris Terrio (artefice degli screenplay di Argo e Batman V Superman) è abbastanza lineare e consiste nello sviluppare e trovare una chiusura a tutte le storyline iniziate ne Il risveglio della Forza e complicate ne Gli ultimi Jedi, con continue strizzate d’occhio alla trilogia classica (come, in fin dei conti, accadeva ne Il risveglio della Forza) e cercando di accontentare in maniera più onesta possibile il fan dello Star Wars originario e di questo nuovo corso. Possiamo dire che L’ascesa di Skywalker è fondamentalmente fanservice, cerca la strada meno rischiosa, cerca di far quadrare il cerchio nel modo più pulito. Ma è, appunto, un fanservice ponderato, a tratti necessario che sa evitare la banalità puntando diritto al cuore dello spettatore.

Innanzitutto, L’ascesa di Skywalker riporta in scena un grande personaggio del passato che credevamo morto, l’Imperatore Palpatine, aka Darth Sidious, apparentemente ucciso da Darth Vader ne Il ritorno dello Jedi ma in realtà sopravvissuto ed auto-esiliato su un misterioso pianeta le cui coordinate sono sconosciute. Palpatine è fedele alla sua natura di grande burattinaio e abile manipolatore e riesce a tenere le redini di tutta la vicenda confermando il suo ruolo di vero villain di tutta la saga degli Skywalker, quindi dei nove episodi di Star Wars. Un altro gradito ritorno, anche se meno pregnante di Palpatine, è Lando Calrissian, amico fraterno dell’ormai defunto Han Solo e fondamentale nella guerra contro l’Impero negli episodi V e VI. Entrambi i personaggi sono ancora una volta interpretati dagli attori che già avevano dato loro corpo ovvero Ian McDiarmid (Palpatine) e Billy Dee Williams (Lando), a dimostrazione del maniacale lavoro di tessitura che quest’opera ha richiesto.

L'ascesa di Skywalker

Essendo L’ascesa di Skywalker fondamentalmente il compimento dell’arco narrativo di Rey (Daisy Ridley) e Kylo Ren (Adam Driver), è attorno a loro e all’ambiguo rapporto che si è instaurato nel precedente film che ruota la vicenda. Da una parte abbiamo il Lato Oscuro, dall’altro la Luce che mai come questa volta si confondono e si intrecciano compiendo un passo ben più articolato di quanto accaduto con l’illustre precedente Anakin Skywalker. Sappiamo che Rey ha la Forza ma non sappiamo da cosa scaturisce, c’è poca chiarezza attorno alle sue origini ma una certezza è che il potere dei Jedi è ormai catalizzato in lei. Poi c’è Kylo Ren, l’ultimo baluardo della famiglia Skywalker che fa una gran fatica per tener lontana la Luce e accogliere il Lato Oscuro a cui sembra non essere destinato. L’intento ultimo di questo villain, che nel frattempo ha fatto ricostruire la sua maschera e si è circondato di un gruppo di letali guerrieri che si fanno chiamare Cavalieri di Ren, è il potere supremo che prevede la distruzione delle vecchie leve per la nascita di un nuovo Impero di cui poter essere leader supremo. In quest’ottica Palpatine è un avversario, uno scomodo concorrente da eliminare e questo genera abilmente una complicazione nella struttura lineare della storia. L’ascesa di Skywalker è un tutti contro tutti in cui i personaggi devono fare i conti con le proprie origini, con l’eredità che sono chiamati a raccogliere e con loro stessi percorsi, riflesso dell’insicurezza di una generazione che deve espiare le colpe delle generazioni precedenti.

L'ascesa di skywalker

Fermo restando l’importanza e la centralità di questi due personaggi, L’ascesa di Skywalker riesce comunque a dare il giusto spazio a tutti gli altri accentuando l’ironia sbruffona di Poe Dameron (Oscar Isaac), la lealtà e il coraggio di Finn (John Boyega), l’affetto melodrammatico di Chewbecca e la simpatia di C-3PO, abbiamo l’ultima apparizione di Leia (Carrie Fisher è morta a riprese appena iniziate costringendo una sostanziale revisione dello script per il suo ruolo) e l’introduzione di nuovi personaggi come l’amazzone mascherata Zorii Bliss (Keri Russell), il malvagio Generale Pryde (Richard E. Grant) e la coraggiosa Jannah (Naomi Ackie), alleata dei ribelli e rifugiata su una delle lune di Endor. Compaiono nuovi droidi (D-O), adorabili inedite creature (Babu Frik), c’è perfino un cammeo degli ewoks ma anche un ridimensionamento della presenza dei personaggi di Rose Tico (Kelly Marie Tran) e Hux (Domhnaal Gleeson), la prima introdotta con poco successo ne Gli ultimi Jedi, il secondo rimasto senza un ruolo pregnante all’interno della narrazione.

Nel film di J.J. Abrams si ha la sensazione che ci sia la volontà di porre rimedio ad alcune scelte effettuate con azzardo da Rian Johnson nell’Episodio VIII per riportare la storia su binari meno “anarchici” riequilibrando Star Wars verso una dimensione più propriamente canon. Allo stesso tempo si effettuano anche scelte per certi versi audaci che sicuramente apriranno discussioni tra i fan alimentando speculazioni di ogni sorta, c’è perfino la prima scena omosessuale esplicita del mondo Star Wars (l’apertura al mondo LGBT c’era stata recentemente con la serie d’animazione Star Wars: Resistance), che ribadisce gli attualissimi messaggi primari della saga che sono l’accoglienza del diverso, il perseguimento di un obiettivo comune e la coesistenza pacifica tra popoli. Però è anche vero che L’ascesa di Skywalker ha tante, troppe cose al suo interno, una narrazione densa per soli 140 minuti che – soprattutto nel primo atto – da la sensazione di una corsa a perdifiato verso l’epilogo, materiale che realisticamente avrebbe riempito un decimo episodio.

Star Wars Episodio IX

Con L’ascesa di Skywalker si chiude un’era che ha accompagnato tre generazioni, una conclusione degna del suo inizio in cui tutto collima alla perfezione, ogni pezzo è inserito perfettamente al suo posto creando una grande e lunga storia in cui la parola d’ordine è coerenza.

Non sappiamo ancora cosa ci riserverà il futuro per questa saga, ma ci sentiamo di dire grazie per quanto è stato fatto in questi 42 anni, grazie a George Lucas e tutti i creativi che hanno lavorato a stretto contatto con lui, grazie a John Williams per un accompagnamento musicale straordinario che canticchiamo da quando abbiamo memoria, grazie a Mark Hamill, Carrie Fisher, Harrison Ford e tutti i magnifici attori che hanno partecipato negli anni alla creazione del mito di Star Wars. E poi grazie alla Disney che ha creduto nel rilancio del franchise e l’ha fatto nel migliore dei modi affidando il progetto alla supervisione di Kathleen Kennedy e all’abilità di J.J. Abrams e Rian Johnson.

Grazie di cuore Star Wars.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Abrams mette ordine e conduce la storia verso il migliore dei finali possibili.
  • Ogni personaggio ha il giusto spazio, anche quelli minori.
  • A tratti si eccede in fanservice… ma non è detto che sia un aspetto negativo, eh!
  • Ci sono tante tante cose per soli 140 minuti.
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Valutazione: 9.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Star Wars: L'ascesa di Skywalker, la recensione, 9.0 out of 10 based on 1 rating

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