Storie pazzesche, la recensione

Se siete in cerca di un film dai risvolti imprevedibili, a metà tra commedia nera e atmosfere pulp alla Tarantino, Storie Pazzesche di Damiàn Szifron fa decisamente al caso vostro. Il regista argentino, con questa pellicola, firma un affresco folle e audace del mondo odierno; le risate non si sprecano e, se vi servono ulteriori garanzie, vi basti sapere che il film è presentato e prodotto da Pedro Almodòvar.
Cos’hanno in comune un ingegnere, una cameriera, i passeggeri di un aereo, una sposa, un miliardario e un autista? All’apparenza nulla ma, di fatto, sono i protagonisti di sei storie, che vanno a comporre una parabola discendente di violenza e vendetta, in cui regna sovrano il piacere peccaminoso di perdere il controllo.
Il processo di immedesimazione, che spesso gioca un ruolo fondamentale nel rapporto tra gli spettatori e la magia del cinema, si ritaglia, in questo caso, uno spazio preponderante. Il pubblico, infatti, avrà la succulenta occasione di poter “vivere” situazioni estreme rimanendo comodamente seduto sulle poltrone di un cinema. Chi non ha mai desiderato, nella vita di tutti i giorni, di potersi prendere delle rivincite, ma ha dovuto rinunciare a causa delle convenzioni sociali? I personaggi del film, invece, danno libero sfogo ai loro istinti primordiali, come fossero animali (non a caso, nei titoli di testa, vi sono dei rimandi all’habitat della giungla), ignorando, almeno per un po’, le regole e il giudizio altrui.

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Szifron apre il coperchio del vaso di Pandora che contiene le frustrazioni e le delusioni del quotidiano: si diverte (e noi con lui), a dipingere scenari apparentemente normali che presto degenerano. Ama giocare con l’apparato filmico, poiché il circoscritto arco dell’episodio gli permette di saturare la trama di elementi eccentrici, senza correre il rischio di ripetersi. Il film mostra, inoltre, come nessuno sia al sicuro: le circostanze sfuggono di mano in un arco temporale brevissimo. In effetti, i personaggi potrebbero fermarsi quando vogliono, ma godono a premere l’acceleratore, autentici e selvaggi almeno una volta nella vita.

La maggior parte degli episodi si svolge in un’unica location, in genere al chiuso, come a voler contenere la furia distruttiva dei personaggi o indicare che non esiste via d’uscita per le vittime del fuoco vendicativo. Ne ricaviamo un’atmosfera tragicomica, dalla linea grottesca: i protagonisti mostrano senza pudore le loro nevrosi (elemento ricorrente nella filmografia di Almodòvar), in fretta e senza limiti, come ad approfittare di una breve finestra spazio-temporale che si chiuderà troppo presto. Qualche storie è anche coronata da un lieto fine, sempre sui generis, dove il regista sembra indicarci che non tutto è perduto: l’autenticità (anche se portata all’estremo) a volte paga, e può regalare epiloghi inaspettati.

I richiami a molti film illustri sono evidenti: sicuramente c’è un rimando ad una certa china della commedia all’italiana, come I nuovi mostri di Dino Risi. Il primo episodio, per la location e l’incontenibile sfrenatezza, fa pensare all’ultima fatica di Almodòvar, Gli amanti passeggeri (inoltre, in quest’episodio, ritroviamo anche Darìo Grandinetti, protagonista di Parla con lei). Nell’episodio dei due autisti, si respira anche un pizzico di Duel, uno dei film meno conosciuti di Spielberg: insomma, le citazioni non mancano e chi ama il cinema ne troverà molte altre ancora.

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Tirando le somme, possiamo affermare che il terzo lungometraggio di Szifron si iscrive in un filone commerciale ma dai tratti originali ed autoriali. Mentre ci si immedesima in alcune delle storie, però, è difficile identificarsi con tutti i personaggi: alcuni di loro possono diventare decisamente irritanti, a causa del loro cinismo o di una personalità ingombrante. Nonostante questa pecca, il film funziona, dando vita ad un quadro convincente delle virtù e dei vizi umani. Cos’aspettate allora? Perdete anche voi il controllo e ridete a crepapelle grazie a Storie Pazzesche, dall’11 dicembre al cinema, distribuito da Lucky Red.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
  • Il pubblico ha la possibilità di sperimentare emozioni forti e situazioni estreme, senza dover correre il rischio di viverle sul serio.
  • Si ride molto, grazie alla fantasia senza freni del film.
  • L’atmosfera comicamente grottesca, quasi Tarantiniana.
  • Alcuni personaggi possono risultare sopra le righe e, di conseguenza, irritanti.
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