Superdeep, la recensione

La tradizione dei racconti del terrore si divide in due principali famiglie dalle fonti e dalle origini etniche e culturali diverse fra loro, anche se allo stesso tempo correlate più di quanto si possa pensare: da un lato, infatti, abbiamo la letteratura nel senso classico del termine, quella alta e colta, fatta da autori di grande e piccola importanza le cui fervide menti hanno generato i cosiddetti mostri classici (Dracula e Frankenstein, giusto per citate due nomi famosi ai più); dall’altra, al contrario, vi è il vastissimo insieme di racconti popolari, storie tramandate per via orale nei secoli e che mutano a seconda delle epoche storiche e, soprattutto, dei contesti culturali nei quali esse trovano diffusione.

Tra questi ultimi vi è la leggenda metropolitana di origine russa legata al pozzo super profondo di Kola, località nella quale un gruppo di scienziati sovietici, a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, ha scavato un buco profondo fino a 14 km per condurre esperimenti scientifici. La cosa inquietante, però, è che un microfono piazzato sul fondo di tale abisso pare abbia registrato voci umane appartenenti, secondo la credenza popolare, alle anime dell’inferno.

Superdeep

Una storia terribile e angosciante che funge da ispirazione per Arseny Syuhin il quale per la sua opera prima, dal titolo emblematico Superdeep, realizza un horror fantascientifico che, seppur non privo di difetti, riesce nell’intento di trascinare lo spettatore in una lenta e inesorabile discesa nelle viscere della terra, immaginati come inferi popolati da creature malvagie e millenarie. Un esordio reso incoraggiante da una regia sicura, solida e senza fronzoli e un approccio stilistico tendente al realismo e finalizzato a riprodurre atmosfere tutt’altro che patinate e fracassone in pieno stile colossal americano, nonostante una grande attenzione per trucchi ed alcuni effetti speciali.

Anya è una giovane epidemiologa specializzata in realizzazione di vaccini. Dopo una sperimentazione di un farmaco finita con la morte di un paziente umano, la donna viene chiamata dal governo russo per analizzare una possibile nuova epidemia sviluppatasi all’interno di un profondissimo pozzo, scavato dall’esercito per effettuare ricerche scientifiche. Una volta in profondità, però, Anya scoprirà che le viscere della terra sono popolate da forze maligne e minacciose per il genere umano.

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Arseny Syuhin non fa altro che percorrere la strada della recente rinascita del cinema horror russo che ha come esempi di riferimento titoli come la ghost story The Bride di Svyatoslav Podgayevskiy e lo sci-fi Sputnik di Egor Abramenko, solo per citare due film che fanno comprendere anche la varietà di approcci e di tematiche di questa nouvelle vague “al sangue” sovietica. Con Superdeep siamo su territori più vicini al film di Abramenko e ci troviamo difronte ad un fanta-horror dalla forte carica realistica, resa decisamente inquietante da atmosfere tetre e spazi angusti che trasmettono allo spettatore una fortissima e crescente sensazione di claustrofobia. Il grande punto di forza del lavoro del regista russo, infatti, è proprio lo sfruttamento di spazi interni nei quali la fotografia dai toni accesi e cupi, sempre al passo con lo svolgersi dell’intreccio, la fa da padrona e fungono da cornice ideale per una minaccia costante e pronta a sbucare da un momento all’altro.

Atmosfere diaboliche che celano presenze mostruose le cui fattezze, simili ad un enorme blob lento ma inesorabile nel suo inghiottire tutto e tutti, ricordano un’epoca ormai passata nella quale i trucchi venivano realizzati senza utilizzo dei computer e con la loro genuinità spaventavano e colpivano gli occhi degli appassionati. Un merito di Syuhin, questo, non da poco conto che conferisce al suo lavoro grande fascino e una pienezza visiva non molto comune.

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Il resto viene impreziosito da una buona gestione della tensione e dialoghi ben calibrati e incisivi; qualità, però, ai quali fanno da contraltare alcuni passaggi a vuoto di troppo ravvisabili in una parte centrale che, a causa le eccessive due ore di durata, risulta prolissa, sfilacciata e portata troppo per le lunghe. Difetti che fanno calare la buona tensione costruita in precedenza e disperdono, seppur solo in parte, il fascino visivo e narrativo dell’opera di Syuhin.

Al netto di tutto ciò, in conclusione, Superdeep è un fanta-horror altamente consigliato e in linea con il momento più che positivo del cinema di genere sovietico.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Atmosfere claustrofobiche e realistiche che trasmettono il senso di un inferno imminente sulla terra.
  • Il mostro realizzato in maniera artigianale riporta al cinema anni Settanta-Ottanta.
  • Gestione della tensione ottimale.
  • La parte centrale un po’ portata per le lunghe e sfilacciata.
  • La durata eccessiva può sfiancare lo spettatore e la sua attenzione.
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Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Superdeep, la recensione, 6.5 out of 10 based on 2 ratings

One Response to Superdeep, la recensione

  1. Saturnino ha detto:

    Son stati presi palesemente spunti da Alien e The Thing.
    Nessuna novità sul fronte russo….cmq il film si lascia guardare

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