Archivio tag: alessandro gassmann

Croce e delizia, la recensione

I Petagna sono gente semplice: persone umili, dal cuore d’oro, che nella vita hanno sempre messo al primo posto la famiglia e il lavoro. I Castelvecchio, invece, sono l’esatto opposto: narcisisti ed eccentrici, preda di vizi e disuniti. Nel cuore dell’estate, tuttavia, Carlo Petagna decide di portare figli e nuora a trascorrere le vacanze proprio nella lussuosa villa al mare di Tony Castelvecchio. Cosa ci sia ad unire queste due famiglie, tremendamente diverse, lo sanno solo Carlo e Tony che, amanti da più di un anno, hanno finalmente deciso di rivelarsi ed annunciare l’imminente data delle loro nozze. Scioccati dalla notizia inaspettata, Sandro e Penelope, i rispettivi primogeniti di Carlo e Tony, faranno di tutto per cercare di sabotare le sgradite nozze.

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Non ci resta che il crimine, la recensione

Lo stato di salute del cinema italiano si misura con la commedia.

C’è poco da girarci attorno, i film che hanno fatto la storia e gli incassi della nostra cinematografia sono basati sulla risata e ogni momento d’oro della nostra industria cinematografica passa proprio dalla commedia: se notiamo una varietà di argomenti, situazioni, suggestioni nella commedia, vuol dire che il cinema sta bene, può sperimentare, anche se pur sempre all’interno di un genere sicuro. E con l’uscita di Non ci resta che il crimine abbiamo la conferma che questo momento storico è propizio alle produzioni italiane.

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Il Grinch, la recensione

Se oggi dovessimo scegliere delle immagini da associare al Natale, al fianco di prevedibilissime icone popolari, religiose e culinarie, rientrerebbe senza ombra di dubbio il ghigno verdastro del malvagio Grinch. Creato nel 1957 da Theodor Seuss Geisel, meglio noto come Dr. Seuss, il Grinch è il protagonista di un celebre racconto in versi in rima, destinato ai ragazzi ma con un acuto sotto testo molto che fa satira sul potere commerciale e consumistico del Natale.

La notorietà del Grinch, essere dalla peluria verde, scontroso e profondamente avverso al Natale, è stata alimentata dal lungometraggio d’animazione Il Grinch e la favola di Natale! (1966) di Chuck Jones e Ben Washam, diventato in breve tempo un classico del palinsesto televisivo natalizio in tutto il mondo, fino al film live-action di Ron Howard del 2000, dove Jim Carrey interpretava la creatura con “il cuore di due taglie più piccolo”.

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Il Premio, la recensione

Terza regia cinematografica per il bravo Alessandro Gassmann che, dopo essersi scrollato di dosso la tediosa nomea di “figlio d’arte” dimostrando di essere anch’esso un meritevole artista a tutto tondo, innesca un interessantissimo discorso sulla difficoltà d’essere genitori e, ancor peggio, essere figli. Il rapporto genitore-figlio, nella fattispecie Padre e figlio, viene affrontato da Gassmann in modo maturo e personale attraverso tre opere diverse che lo stesso Gassmann decide di dirigere, oltre che interpretare. Il primo capitolo, di quella che potremmo considerare un’anomala trilogia sulla famiglia, arriva nel lontano 1982 con Di padre in figlio, film biografico diretto a quattro mani da Alessandro e suo padre Vittorio. Nel 2013 è stata la volta del dramma Razza bastarda e adesso arriva nelle sale Il Premio, commedia agrodolce che ha tanto il sapore di un inno d’amore e nostalgia nei confronti di un padre (Vittorio Gassmann) che è stato capace di trasmettere valori e virtù in modo decisamente poco convenzionale.

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Beata ignoranza, la recensione

Ernesto (Marco Giallini) e Filippo (Alessandro Gassmann) sono un po’ ai due poli dello spettro. Amici d’infanzia che si ritrovano, dopo 25 anni di separazione benvoluta da entrambi causata da contrasti di natura sentimentale (Carolina Crescentini), ad insegnare nello stesso liceo di Roma

Ernesto: demodé, amante del cartaceo, un po’ snob, facile all’ira, dotato di indiscutibili capacità declamatorie; Ugo Foscolo il suo cavallo di battaglia. E, più di ogni altra cosa, patologicamente refrattario alla benché minima possibilità offerta dall’era digitale.

Filippo è l’esatto opposto: superficiale, caciarone, una personalità social, masse oceaniche di followers. Professore di matematica, rifiuta i tradizionali metodi d’insegnamento in favore di un’app capace di risolvere istantaneamente qualsiasi tipo di calcolo. Il che è raccapricciante e geniale al tempo stesso.

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Non c’è più religione, la recensione

Negli ultimi anni Luca Miniero si è imposto come uno dei maggiori esponenti della commedia italiana contemporanea. A partire dal suo primo grande successo Benvenuti al Sud e il fortunatissimo sequel Benvenuti al Nord fino ad arrivare a Un boss in salotto e La scuola più bella del mondo, infatti, il regista partenopeo ha collezionato una lunga serie di ottimi incassi al botteghino, non sempre accompagnati tuttavia da un altrettanto riscontro da parte della critica.

Una media di quasi un film all’anno che trova conferma anche in questo 2016 con Non c’è più religione, suo ultimo lavoro nel quale Miniero prova ad alzare il tiro soffermandosi su argomenti quali l’integrazione culturale e religiosa e la diminuzione del tasso di natalità in Italia. Tematiche delicate e attualissime che però vengono rese in maniera molto banale da una storia ricca di stereotipi e di gag comiche ormai fin troppo abusate per poter strappare una risata genuina e divertita.

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Venezia 71. I nostri ragazzi, la recensione

Dopo l’invisibile La bella gente e l’acclamato Gli equilibristi, il talentuoso Ivano De Matteo torna alla regia con I nostri ragazzi, crime-drama dalle fosche tinte famigliari che coinvolge un cast di grandi nomi, capeggiato da Alessandro Gassman, Luigi Lo Cascio, Barbora Bobulova e Giovanna Mezzogiorno.

Presentato alla 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione “Giornate degli Autori”, I nostri ragazzi segue la storia di due famiglie, quella di Massimo (Alessandro Gassman) e quella di Paolo (Luigi Lo Cascio). Avvocato di successo il primo, pediatra il secondo, i due sono fratelli, sono sposati rispettivamente con Sofia (Barbora Bobulova) e Clara (Giovanna Mezzogiorno) e hanno per figli Benedetta (Rosabell Laurenti-Sellers) e Michele (Jacopo Olmo Antinori). I due cugini sono molto legati e si frequentano anche fuori dal contesto famigliare, così una sera, a ritorno da una festa, ubriachi, i due picchiano a morte una senza tetto. La notizia salta subito agli onori della cronaca e scatta la “caccia al mostro”, visto che l’identità degli aggressori è anonima. La madre di Michele riconosce subito la colpa del figlio e nelle due famiglie emerge subito il dilemma se denunciare i proprio ragazzi o coprire la loro terribile colpa.

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