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Fabrizio De Andrè: Principe libero, la recensione
Ammetto che vedere Fabrizio De Andrè: Principe libero dopo il biographic movie di Alejandro Jodorowsky Poesia senza fine è stato un po’ un trauma, fondamentalmente perché se la storia del maestro ispanico può essere considerato un’opera surreale, quella dell’artista genovese è rigida quanto un film storico, con tutti i pregi e difetti del caso.
Uno, il principale dei pregi, è che ambientazioni e costumi dell’epoca (inclusa l’immagine di una città come Genova) vengono rispettati e conducono la narrazione scivolando via; al contrario il primo dei difetti diventa la durata: tre ore e un quarto hanno avuto il risultato di resuscitare in sala il celebre cantante, specialmente nell’ultimo terzo di sceneggiato dove il rapporto percepito tra secondi di pellicola e minuti di esistenza di De André, è di 1 a 2.
Lasciati andare, la recensione
Il dottor Elia Venezia (Toni Servillo) è uno psicoterapeuta annoiato e consapevolmente imprigionato nel proprio limbo emotivo. Lui e sua moglie Giovanna (Carla Signoris) sono separati, eppure continuano ad abitare l’uno vicino all’altra, scambiandosi ripicche, conforto e condividendo momenti quotidiani. Questa stasi autoimposta verrà scossa quando, in seguito a un malore, Elia s’iscriverà in palestra e incontrerà la vivace personal trainer Claudia (Verónica Echegui), determinata a restituirgli l’entusiasmo per la vita.
Slam – Tutto per una ragazza, la recensione
Slam – Tutto per una ragazza di Andrea Molaioli sembra partire come una commedia romantica per poi diventare un racconto di formazione: Alice e Samuele detto Sam si conoscono, si mettono insieme, si lasciano. Eppure le loro strade sono destinate a incrociarsi ancora, perché Alice è rimasta incinta. A 16 anni. Proprio come era successo ai genitori di Sam! A quest’ultimo non rimane quindi che prendere esempio dai suoi o decidere di darsela a gambe.
Lo chiamavano Jeeg Robot: il super-eroe italiano in Blu-Ray Lucky Red
Non ha certamente bisogno di presentazioni Lo chiamavano Jeeg Robot, opera prima del giovane nerd Gabriele Mainetti che esordisce nel lungometraggio con un film totalmente anti-convenzionale all’interno del fiacco e timoroso panorama produttivo italiano. Supereroi con superpoteri vs. i criminali delle borgate romane, tutto questo unito ad un pizzico di sana violenza gratuita e tanta passione verso gli anime giapponesi all’interno di un film che – forse contro ogni aspettativa – ha conquistato pubblico e critica riscuotendo consensi a go-go durante la Festa del Cinema di Roma 2015 e trionfando ai David Di Donatello 2016, dove si è portato a casa ben sette statuette, incluse quelle per il miglior regista esordiente, miglior attore/attrice protagonista, miglior attore/attrice non protagonista e miglior produttore.
Insomma, un successo a tutto tondo che finalmente si rende disponibile per la visione casalinga grazie ad un’edizione in Blu-ray disc – che si dichiara un successo anch’essa – ricca di contenuti extra e messa sul mercato da Lucky Red.
Lo chiamavano Jeeg Robot, la recensione
È possibile creare in Italia, con l’attuale lassismo produttivo, un film di supereroi credibile e di qualità medio-alta? Stando a quanto fatto da Gabriele Mainetti con Lo chiamavano Jeeg Robot, suo primo lungometraggio, la risposta è indubbiamente si, vista anche l’ottica produttiva quasi indipendente intrapresa dal filmaker che sicuramente gli ha dato un maggiore margine di libertà.
Venezia 72. Non essere cattivo
Ostia, 1995. Vittorio e Cesare sono due giovani che si sono fatti le ossa per strada. Nati e cresciuti nella borgata romana, i due ragazzi sono amici da sempre. Anzi, sono molto di più che amici. Due veri “fratelli di vita” che hanno improntato la loro esistenza sull’eccesso: notti in discoteca, risse di quartiere, prostitute, droghe sintetiche e spaccio di cocaina. Entrambi alla ricerca di una propria affermazione, personale e “professionale”, i due si trovano presto davanti ad un bivio in cui decidono di prendere strade diverse. Vittorio, dopo aver conosciuto Linda, decide di mettere da parte la vita di strada nella speranza di coltivare una famiglia e consiglia al suo amico di fare lo stesso. Cesare, inizialmente resistente all’idea di cambiare stile di vita, alla fine segue il consiglio di Vittorio e va a vivere con la sua ragazza, Viviana. Ma le regole della strada sono difficili da dimenticare e il loro richiamo è fortissimo.