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Omaggio a Wes Craven: Il serpente e l’arcobaleno

Anche se è bene star lontani dagli schematismi troppo rigidi, si può idealmente suddividere la filmografia di Wes Craven in (almeno) due tronconi, cioè i film pre e post Nightmare – Dal profondo della notte (1984). Il capolavoro incentrato sulle gesta di Freddy Krueger è diventato infatti non solo il film per eccellenza del regista, ma anche una pietra miliare del cinema horror, al pari di altre opere nate nella nuova generazione di cineasti (Carpenter, Hooper, Romero, etc.); Nightmare è inoltre un film-simbolo dell’horror anni Ottanta, almeno del cinema horror più riuscito e maturo, rappresentazione di una nuova estetica e di nuove sperimentazioni narrative, e fa dunque da spartiacque fra un prima e un dopo: il new-horror non è infatti un genere unico e uniforme, ma conosce un’evoluzione stilistica e narrativa anche nel singolo corpus di ogni autore – basti pensare alla differenza tra l’opera prima di Craven, L’ultima casa a sinistra (1972) e Nightmare, che ne rappresenta la piena maturità (senza nulla togliere ad altri significativi film precedenti). Dopo di questo, Craven prosegue nell’esplorazione di nuovi territori all’interno del cinema horror: Le colline hanno gli occhi II, tentativo poco riuscito di rinverdire i fasti del primo con il nuovo gusto eighties, il film-tv Sonno di ghiaccio, il sottovalutato Dovevi essere morta e soprattutto Il serpente e l’arcobaleno (1988), per poi chiudere il decennio con il cult Sotto shock. The Serpent and the Rainbow è sicuramente, se non un capolavoro, una fra le opere maggiori, più riuscite e significative di Craven, nonché uno fra i più originali zombi-movie.

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