Terminator: Destino oscuro, la recensione

Quella di Terminator è una saga, per certi versi, sfortunata. Dopo l’exploit internazionale di Terminator 2 – Il giorno del giudizio, che oltre a incassare circa 520 milioni di dollari posizionandosi all’epoca come 3° maggior incasso di sempre al boxoffice americano, ebbe anche un grande successo di critica, vinse ben 4 premi Oscar e rivoluzionò il mondo degli effetti speciali visivi. Un risultato che oltre a imporre James Cameron come nuovo guru di Hollywood si mostro un’arma a doppio taglio per i sequel a venire che avevano un punto troppo alto da eguagliare.

E così è stato, dal momento che il terzo film, nato da intricati processi di fallimenti societari, quote di proprietà sul franchise e cessioni, ha visto l’estromissione di Cameron dal progetto e un budget esagerato che non ha trovato pari successo negli incassi. Da quel momento la strada per la saga di Terminator è stata tutta in salita, con due stagioni della serie tv The Sarah Connor Chronicles (2008-2009), il tentativo di reboot (nel futuro) con Terminator: Salvation (2009) e il sequel fan-service Terminator: Genesys (2015), progetti che si sono rivelati tutti fallimentari, per diverse ragioni.

Nel momento in cui James Cameron è riuscito a rientrare in gioco riacquistando parte delle quote sul franchise, si è aperta la possibilità per il regista di Titanic di dare una prosecuzione ideale alla “sua” creatura, rimettendo ordine in quanto era stato fatto negli ultimi anni e chiudendo idealmente una trilogia. Così, proprio come lo scorso anno è accaduto con il franchise di Halloween, Terminator: Destino oscuro si pone come unico vero sequel di Terminator 2 – Il giorno del giudizio, cancellando quanto era stato fatto in seguito e riportando in scena la protagonista originaria Linda Hamilton.

Terminator: Dark Fate

Dopo che Sarah Connor e suo figlio John sono riusciti a scongiurare l’avvento di Skynet sconfiggendo il T-1000 mandato indietro nel tempo, John non riesce comunque a sfuggire al suo destino e viene raggiunto e ucciso un anno dopo da un T-800 ancora libero nel suo presente. Venti anni dopo, un’umana potenziata di nome Grace viene inviata indietro nel tempo per proteggere Dani Ramos, un’operaia di Città del Messico che è stata presa di mira da un altro essere mandato indietro nel tempo per ucciderla, un potentissimo robot del modello Rev-9. Nella folle corsa per la sopravvivenza, Grace e Dani incontreranno sulla loro strada Sarah Connor, fuggitiva ricercata in molti Paesi del mondo e ancora in guerra con le macchine che, di tanto in tanto, si manifestano in diverse zone della Terra.

Scritto da David S. Goyer, Justin Rhodes e Billy Ray su un soggetto dello stesso James Cameron, Terminator: Destino oscuro è un chiarissimo tentativo di ripercorrere strade già battute, di allinearsi al concept vincente di Terminator 2 – Il giorno del giudizio e re-immaginarlo quasi si trattasse di un remake mascherato da sequel. In effetti Destino oscuro segue in maniera abbastanza fedele la scansione degli eventi de Il giorno del giudizio con elementi pescati anche dal primo Terminator in modo tale da creare quasi una proverbiale quadratura del cerchio con gli eventi iniziati nel 1984.

Terminator: Dark Fate

Per alcuni versi discutibile, ma allo stesso tempo necessaria per il tipo di storia che si è scelto di raccontare, l’iniziale morte di John Connor sembra aprire nuove prospettive sul franchise di Terminator, affrontando il tema dell’ineluttabilità del destino. La minaccia di Skynet, scongiurata con gli eventi di Terminator 2 – Il giorno del giudizio, è comunque presente attraverso una diversa incarnazione dell’intelligenza artificiale, stavolta creata dall’uomo come arma da impiegare nella guerra tecnologica. Il destino dell’uomo, quindi, è comunque spacciato e l’apocalisse non può essere annullata, al massimo rimandata, mostrando come l’essere umano è comunque artefice della distruzione della sua stessa specie e l’unico modo per resistere il più possibile a un’estinzione praticamente già certa è lottare.

Molto in linea con l’epoca odierna è la scelta di mettere al centro del racconto tre personaggi femminili tenaci e fortissimi: l’umana potenziata Grace, ottimamente interpretata da un’androgina Mackenzie Davis, la “damigella in pericolo” che in caso di necessità sa usare il lanciagranate Dani Ramos, interpretata da Natalia Reyes, e la ritrovata Sarah Connor di Linda Hamilton – l’unica e inimitabile Sarah Connor – splendidamente invecchiata e ancor più combattiva di come la ricordavamo.

Terminator: Dark fate

C’è poi la quota maschile con un immancabile Arnold Schwarzenegger nei panni di un inedito T-800 che si sta adattando ad essere umano, protagonista di alcuni dei momenti più belli del film ma anche di alcune delle più discutibili scelte di sceneggiatura del film, in cui la sospensione dell’incredulità è chiamata a gran voce a intervenire. E infine abbiamo il villain interpretato da Gabriel Luna, il modello Rev-9, che è una sorta di T-1000 upgradato, capace di sdoppiarsi e che ricorda nell’endoscheletro anche la versione cyborg di John Connor vista in Genesys. Un villain che sulla carta sembrava piuttosto anonimo ma che visto in azione riesce a stupire e a non far rimpiangere il Robert Patrick di Terminator 2 – Il giorno del giudizio.

Tornata ad essere bollato con una R dall’MPAA americano per violenza, linguaggio e presenza di nudità, la saga Terminator con Destino oscuro di scrolla di dosso quell’alone family oriented che aveva abbracciato negli ultimi due capitoli per farsi più dark e adulto, senza lesinare anche in scene di una certa violenza grafica. Ma il grande pregio di Terminator: Destino oscuro è la spettacolarità delle sequenze d’azione per le quali l’ingaggio di Tim Miller (Deadpool) alla regia è stato sicuramente strategico.

Terminator: dark Fate

Nella prima mezz’ora di film assistiamo alla più lunga e spettacolare scena d’azione che si sia vista al cinema quest’anno e il film prosegue in quella direzione imbastendo alcune delle più complesse coreografie degli ultimi tempi, raggiungendo anche vette di improbabilità logico/fisica degna degli ultimi Fast and Furious. Ovviamente in questo gioco di inseguimenti, esplosioni e botte da orbi a giocare un ruolo fondamentale sono gli effetti visivi che spaziano dagli ambiti più disparati includendo anche il più convincente effetto di ringiovanimento facciale su un attore.

Probabilmente scontenterà qualche brontolone, ma a conti fatti James Cameron è riuscito nel suo intento: riportare ai vecchi fasti la saga di Terminator e dare a Il giorno del giudizio finalmente il sequel che meritava.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Azione spettacolare e concept “sicuro” che ci riporta ai vecchi fasti di Terminator 2 – Il giorno del giudizio.
  • Un terzetto di donne protagoniste davvero toste!
  • Qualche sbavatura qua e la a livello di sceneggiatura che richiedo l’entrata in scena della sospensione dell’incredulità.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Terminator: Destino oscuro, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.