TFF35. Barrage, la recensione

Prima opera in concorso al 35° Torino Film Festival, Barrage è un film completamente al femminile. A partire dalla mano di Laura Schroeder fino al confronto tra le tre generazioni di donne che la regista mette in scena.

Ma il rapporto tra le protagoniste del film è tutt’altro che felice e solidale. Ciascuna delle tre protagoniste infatti cerca di prevalere sull’altra, di disvelare coraggiosamente le proprie fragilità. Eppure ognuna di loro non fa che cercare di tenere in pugno l’altra utilizzando l’arma del ricatto morale. Ma quello che rende questo rapporto più complesso ed emblematico è il legame parentale da cui le tre sono unite.

Dopo diversi anni d’assenza, Catherine torna a far visita alla figlia Alba. Quest’ultima è stata intanto cresciuta secondo gli insegnamenti di un “vivere corretto” dall’austera nonna Elisabeth (una straordinaria Isabelle Huppert che riprende in parte il suo personaggio di Elle), che la allena quotidianamente perché diventi una giovane promessa del tennis proprio come un tempo lo era stato sua madre.

Il ritorno in famiglia non sarà affatto semplice per Catherine, dalla madre bollata come “inaffidabile” a causa della sua bipolarità e di un grave incidente del passato. Catherine però riesce ad ottenere il permesso di passare qualche ora con Alba, un pomeriggio sprecato nell’ombra della più totale incomunicabilità.

Catherine decide allora di rapire la figlia e di portarla in una baita lontana dal rigido controllo della nonna costringendo la piccola Alba ad una convivenza forzata con i demoni interiori della madre. Le cose peggioreranno quando Catherine deciderà di buttare nel water i medicinali di cui fa uso…

Laura Schroeder sceglie uno scenario boschivo e silenzioso per esplorare le donne del suo film, per dar voce al rapporto di odio-amore che le unisce. Barrage supera così gli stereotipi sia della solidarietà che della rivalità femminile attraverso un’intensa vivisezione dei personaggi che ci mostra i complessi meccanismi che regolano l’universo delle donne.

Opera di forte impatto, il film della regista lussemburghese stupisce ed emoziona soprattutto con la sua scelta di circoscrivere una trama drammatica all’interno di atmosfere angoscianti che ci danno per tutto il tempo la sensazione di un pericolo imminente.

Peccato soltanto che il film perda un po’ qualcosa verso il finale, forse troppo frettoloso per essere credibile.

Tuttavia c’è un dettaglio personalissimo che caratterizza la mano della regista: il senso di spaesamento che assale le donne coinvolte in questa difficile convivenza familiare si riversa sullo spettatore coinvolgendolo in un irresistibile legame empatico con dei personaggi che più spesso e volentieri rivelano le proprie negatività. Questo effetto rimane immutato anche quando ciascuna delle tre si isola dalle altre due, tanto che risulta difficile scegliere per chi parteggiare. È proprio questo che universalizza il contesto rappresentato facendoci quindi compiere un’esperienza sensazionale e totalizzante.

Claudio Rugiero

PRO CONTRO
  • Un film carico di pathos che sceglie atmosfere talvolta angoscianti.
  • I meccanismi esplorati dalla regista rivelano qualcosa di più sui complessi rapporti familiari che vigono all’interno di un contesto familiare.
  • Tre interpreti straordinarie si contendono la scena lealmente e senza dimenticare che il legame che unisce i loro personaggi non è completamente privo d’affetto.
  • L’unica pecca di questo film è forse un finale troppo di parte e poco in linea con quello che avevamo visto precedentemente.
  • Ci sono forse alcuni aspetti di questo rapporto familiare che potevano essere approfonditi un po’ di più.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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