TFF35. Daphne, la recensione

Piccola gemma del concorso Torino 35, Daphne è un film sospeso tra dramma e commedia che deve molto ai personaggi delle sitcom americane, a partire dalla stessa costruzione del personaggio (una Rachel Green più fredda ed una Robin Scherbatsky più indipendente). La solitudine assume qui le forme di un’emancipazione a tutti i costi che non ammette alcun tipo di aiuto né di contatto umano, neppure con la figura materna.

Rossa e trendy come la sua città, Daphne è una chef trentunenne in cerca di affermazione ed in fuga da qualsiasi limite alla propria libertà, incluse le stesse relazioni umane: non ha un rapporto idilliaco con la madre di idee vagamente “new age”, manda via i suoi amanti nel cuore della notte, non ispira simpatia ai suoi colleghi di lavoro e non è capace di avere un appuntamento rilassato con l’altro sesso. Tutto quello che vorrebbe è una promozione a cui forse non è ancora preparata e che probabilmente non l’aiuterà a colmare quel vuoto che non sa neppure di avere. Un drammatico evento, una rapina di cui sarà suo malgrado testimone, sta però per sconvolgere la sua vita. Ben presto Daphne, invitata a seguire un programma riabilitativo che comprende un paio di sedute con uno psicologo, si troverà a mettere in discussione le proprie emozioni e il proprio stile di vita dando finalmente luogo al crollo delle certezze.

L’ordine delle cose come meccanismo di autodifesa per non perdere il senso del proprio Io si esprime bene nel personaggio di Daphne e nella sua parabola. La forza di Daphne, la sua ostinazione a non voler perdere il controllo sulla propria vita, tradisce però una debolezza che non riguarda soltanto il personaggio del film.

Daphne appartiene a quella schiera di persone che non hanno un’idea certa della propria identità, che allontanano gli altri con l’ironia e rifiutano qualsiasi cambiamento nel loro piccolo e consolidato stile di vita.

Il vibrante dramma di Peter Mackie Burns ambientato nell’Inghilterra contemporanea si prende gioco del modus vivendi dei giovani connazionali, sebbene confermando una serie di luoghi comuni già ampiamente noti. Ma getta anche uno sguardo sulla persona e sulla personalità esprimendo un’idea dalla quale c’è solo molto da imparare.

Daphne ha vinto il premio per miglior attrice, assegnato a Emily Beecham, al 35° Torino Film Festival

Claudio Rugiero

PRO CONTRO
  • Un film con una piccola ma importante lezione di vita.
  • Un personaggio non proprio simpatico ma che diventa simbolo di un importante cambiamento personale.
  • Una sceneggiatura che punta su dei dialoghi che cercano di tirare fuori il più possibile il personaggio di Daphne.
  • L’esplorazione del personaggio tuttavia non sembra andare a fondo più di tanto.
  • Non ci sono tantissimi intenti artistici.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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TFF35. Daphne, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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