TFF37. Le rêve de Noura

Che lo stile di Asghar Farhadi abbia segnato le nuove generazioni di cineasti, in particolare quelli provenienti dal Medio Oriente, è noto. Così dopo Il dubbio – Un caso d’incoscienza e Melborune, realizzati però da due connazionali del regista due volte premio Oscar, ecco Le rêve de Noura di Hinde Boujemaa, regista per metà belga e per metà tunisina che realizza un’opera che deve molto alla lezione del maestro iraniano.

È soprattutto la sua attenzione per i dialoghi e per la gestione dei personaggi, in questo caso ristretti a tre, ad accostarla al cinema di Farhadi (peraltro apertamente citato in una delle sequenze centrali del film). Tuttavia, lo sguardo prettamente femminile che emerge e l’attenzione che la regista dedica a determinate realtà la fa sembrare più vicina alla libanese Nadine Labaki (Cafarnao – Caos e miracoli), con la quale pure sembra avere molto in comune.

Mentre suo marito Jamel sconta i suoi ultimi giorni della pena in carcere, Noura, una tenace madre di famiglia abituata a rimboccarsi le maniche e divisa tra i suoi tre figli e il lavoro in una lavanderia, intrattiene una relazione clandestina con Lassaad. Il nuovo amore è però ostacolato dalle opprimenti leggi locali e Noura deve attendere l’approvazione del divorzio prima di poter voltare pagina, dopo il matrimonio fallito con lo sfaccendato Jamel. Quando però quest’ultimo viene rilasciato prima del previsto, il sogno di emancipazione della protagonista viene infranto e la donna allontana bruscamente Lassaad. Qualcosa però non va come previsto e Noura si trova coinvolta in una rete di segreti e bugie non priva di conseguenze.

La stupenda locandina originale del film riassume bene lo spirito de Le rêve de Noura: la protagonista seduta in primo piano, come a sottolineare la sua condizione di sottomessa, e alle sue spalle gli uomini che incombono sulla sua vita, inseriti uno in un riquadro diverso dall’altro. In effetti la regista esordisce presentandoci la sua protagonista in due versioni opposte, quella di oppressa moglie di un marito che concepisce la donna come possesso e abituato a ristabilire l’ordine (la scena in cui, di ritorno dal carcere, insiste per cambiare la disposizione dei mobili in casa è lampante), e quella di femmina libera e proiettata verso un futuro felice accanto alla sua anima gemella. Il conflitto che esprime il triangolo amoroso su cui verte il film diventa in realtà soltanto lo specchio di un’affermazione personale che va incontro a numerosi ostacoli, di un contrasto cioè interiore.

Va detto però che l’immagine che Hind Sabri, la brava attrice protagonista, traccia di Noura va ben oltre lo stereotipo: il suo personaggio è volitivo e perfino moderno, eppure risulta costantemente imprigionato in una trama più grande di lei. Soltanto gli uomini rimangono fedeli alla loro figura: da un lato, il poco di buono e sessista Jamel, dall’altro l’esibito eroismo e la morale bacchettona di Lassaad. Il tutto inserito in un sistema giudiziario abbastanza corrotto, dove i tentativi di evolversi vengono presto soffocati e non emerge nessun personaggio secondario, quasi fossero tutti ciechi di fronte a questa piccola ma evidente tragedia quotidiana.

Più che gli eventi, la regista valorizza le situazioni in cui si trova Noura: le scelte fatte da quest’ultima risultano imprevedibili e spesso ambivalenti, ma la Boujemaa non la perde mai d’occhio e con i suoi guizzi genuini e armoniosi riesce a far sì che lo spettatore solidarizzi con la protagonista del film.

Il prodotto ultimato è forse alquanto striminzito e certo non regge il confronto con altri lavori che si muovono sulle stesse linee guida, ma conquista ed emoziona con un’autorialità fresca e aggraziata che sembra preannunciare un talento registico estrorso e scanzonato.

Presentato in concorso al 37° Torino Film Festival, Le rêve de Noura ha vinto il Premio Fondazione Sandretto Re Rebaudego (praticamente l’equivalente del tradizionale Premio della Giuria).

Claudio Rugiero

PRO CONTRO
  • Poche idee registiche, ma piacevoli e di buon impatto.
  • Un’attrice straordinaria che fornisce una performance perfettamente in linea con l’idea registica e sempre atta a esaltarne le qualità.
  • Il film ha dei momenti decisamente memorabili, dove la tematica centrale cede il posto ad altre sotto-argomentazioni nascoste.
  • Dopo una buona introduzione e un momento centrale abbastanza incalzante, la sceneggiatura scivola in un terzo atto troppo sciapo e dalla risoluzione frettolosa.
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