The Conjuring – L’evocazione, la recensione

1971, Harrisville, Rhode Island. Roger e Carolyn Perron, con le loro cinque figlie e cane a seguito, si sono appena trasferiti in una grande casa in campagna, proprio al confine con il lago. La casa, che risale alla fine dell’800, ha però qualche cosa di sinistro ed è il cane ad accorgersene per primo, così diffidente a mettervi zampa all’interno. Dopo la misteriosa morte proprio dell’animale, dentro l’abitazione cominciano ad accadere strani eventi: rumori sinistri che suggeriscono inquietanti presenze e Carolyn che ogni mattina si sveglia con un nuovo livido sul corpo. A questo punto, la donna decide si rivolgersi ai coniugi Warren, investigatori del paranormale di fama mondiale, che tengono un corso all’università locale. Le basterà mettere piede nell’abitazione dei Perron che Lorraine Warren è già in grado di individuare un’entità maligna che sembra essersi attaccata pericolosamente a Carolyn e ne minaccia l’intera famiglia.

Tra i più prolifici filoni della tradizione cinematografica horror vi è sicuramente quello delle case infestate, che negli anni ci ha dato autentici capolavori e cult movie, a partire da La casa sulla scogliera, Gli Invasati, Suspense e La casa dei fantasmi, fino ad arrivare al revival anni ’70 con Amityville Horror, Dopo la vita e Ballata macabra, con tutte le varianti e contaminazioni che questo genere può possedere. A pensarci bene, quello delle case infestate è proprio uno dei topoi fondanti del genere horror, protagonista di gran parte delle storie di terrore che in antichità hanno spaventato grandi e piccoli, nonché doppiamente minaccioso perché non solo coinvolge il paranormale, ma va a minare l’unico luogo in cui un essere umano può davvero ritenersi al sicuro, la propria abitazione, magari faticosamente sudata dopo anni e anni di risparmi messi da parte. Insomma, il simbolo della sicurezza, dell’incolumità e dell’investimento economico si trasforma nell’immaginario horror nel tabernacolo di ogni male.

The Conjuring - L'evocazione

Ed è proprio legandosi a un immaginario così vivo in ognuno di noi, esplorato ed elaborato in centinaia di storie e pellicole, che James Wan regista di successi come Saw – L’enigmista e Insidious, decide di condurre L’evocazione – The Conjuring. E se ad un immediato sguardo il nuovo lavoro di Wan può apparire come un calderone di luoghi comuni del filone, a un’occhiata più approfondita ci si rende conto che la grande forza di questo film sta proprio nel suo intelligente ancoraggio a un immaginario ben sedimentato in ogni appassionato di film dell’orrore.

L’evocazione comincia proprio come ci aspetteremmo che cominciasse un film che racconta di una casa infestata, ovvero con l’arrivo di una famiglia in una nuova grande e fatiscente dimora immersa nel nulla. Da quel momento in poi Wan raccoglie tutti i cliché del caso e li concentra in circa un’ora, facendoli susseguire senza lasciare tregua allo spettatore. Sono diversi i momenti realmente memorabili, con la bella trovata del gioco del “battimani” – che darà occasione per un paio di scene di spavento ben costruite – e la terrificante scena della presenza dietro la porta, che rappresenta uno dei più sani momenti di paura cinematografica degli ultimi anni. Poi, da metà film all’incirca, L’evocazione cambia registro, proprio come Wan aveva fatto con il precedente Insidious, ma lo fa in maniera naturalissima, approcciandosi al filone dei film di possessione, un po’ come accadeva in Amityville Possession. In mezzo a tutto ciò c’è però la trovata di inserire una seconda famiglia, quella dei Warren, “acchiappafantasmi” di mestiere che prima in solitaria (ottimo il prologo al film con il caso della bambola posseduta Annabelle), poi uniti ai Perron, cercheranno di liberare dal male la dimora infestata.

The Conjuring - L'evocazione

La cosa che non tutti sanno è che i Warren – così come i Perron – sono realmente esistiti (Lorraine Warren, ancora in vita nel momento della realizzazione del film, ha fatto da consulente per la sceneggiatura) e la vicenda raccontata in L’evocazione rappresenta uno dei casi più celebri di cui si sono occupati (da notare che i Warren hanno lavorato anche al caso di Amityville, che poi aprirà il sequel The Conjuring 2, e a quello del Connecticut a cui è ispirato il film Il Messaggero).

A dar corpo ai personaggi ci sono un manipolo di ottimi attori capeggiati da Vera Farmiga (Godzilla: King of the Monsters, la serie tv Bates Motel) e Lily Taylor (Haunting – Presenze; Leatherface), a cui fanno seguito Patrick Wilson (Insidious; Watchmen) e Ron Livingston (Tully, Arrivederci Professore). Ma i fiori all’occhiello del film sono la fotografia di John Leonetti e le musiche originali di Joseph Bishara, collaboratori ormai collaudati di Wan, oltre che la stessa regia che sa creare sempre la giusta atmosfera anche grazie alla sceneggiatura dei fratelli Hayes, che è un perfetto manuale di paura.

The Conjuring - L'evocazione

Pur adagiandosi su facili cliché del genere “case infestate”, L’evocazione – The Conjuring è un film ricco d’atmosfera e capace di spaventare davvero, un abecedario della paura sul grande schermo che funziona terribilmente bene e non lascia neanche un secondo l’attenzione dello spettatore, malgrado le quasi due ore di durata. La dimostrazione che anche una storia già raccontata tante volte, se portata avanti con bontà e cognizione di causa, può risultare dannatamente efficace.

Curiosità. Il mostro che infesta la casa dei Perron è interpretato dal compositore delle musiche Joseph Bishara, che aveva già dato corpo al demone con la faccia rossa che compariva in Insidious.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Rielabora con cognizione di causa molti luoghi comuni del filone “case infestate” restituendo allo spettatore il perfetto manuale della paura.
  • La grande sinergia tecnica: regia, fotografia, musiche.
  • In molte occasioni spaventa davvero.
  • In pochi anni è già diventato un nuovo classico per il genere horror.
  • Gli horrorofili più esigenti – che comunque riconosceranno la bontà generale del prodotto – potrebbero lamentare la scarsa originalità.
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