The Eichmann Show – Il processo del secolo, la recensione

In occasione del Giorno della Memoria esce nelle nostre sale The Eichmann Show – Il processo del secolo, diretto da Paul Andrew Williams. Come si evince dal titolo, il film racconta le riprese TV del processo al criminale nazista Adolf Eichmann, svoltosi a Gerusalemme nel 1961: il produttore Milton Fruchtman (Martin Freeman) e il regista Leo Hurwitz (Anthony LaPaglia) dovettero affrontare molteplici avversità nel corso del programma, e questa è la storia di come riuscirono, nonostante tutto, a portare a termine il loro compito.

Senza sminuire il tema dell’Olocausto, colonna portante del film, la vera sorpresa in The Eichmann Show è la sua capacità di cogliere i primi passi della televisione come fenomeno sociale: di fatto quello ad Adolf Eichmann fu il primo processo ad essere trasmesso in diretta televisiva in più paesi al mondo, mostrando il quadro completo degli orrori perpetrati dal regime nazista. Questo fu reso possibile grazie alle testimonianze di sopravvissuti ai campi di concentramento e alla presenza di filmati d’archivio (che compaiono all’interno del film stesso), i quali contribuirono a creare un evento senza precedenti.

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Naturalmente nel 1961 le persone conoscevano già molte delle atroci implicazioni e conseguenze del nazismo, ma di certo fu scioccante vederne gli effetti dal vivo, dando una faccia a chi aveva sofferto e soprattutto a chi aveva inflitto tali sofferenze, come Adolf Eichmann, considerato come uno dei principali responsabili dello sterminio ebreo. Dunque la televisione aiutò a rendere tangibili i racconti di chi era tornato dai campi di concentramento, e questo fu uno dei primi effetti dovuti alla nascita della società di massa: come dice la voce di un annunciatore all’interno del film, il periodo dei fatti narrati inquadra una nuova eccitante era, ovvero quella dei mass media, capaci di portare nuovi livelli di informazione nelle case delle persone.

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Naturalmente, in questo modo affiora anche una contraddizione di fondo: è giusto spettacolarizzare un evento di tale portata morale? In effetti il personaggio di Fruchtman, all’inizio delle riprese del processo, è ossessionato dagli ascolti, messi in serio pericolo a causa dell’impresa di Yuri Gagarin e dell’invasione della Baia dei Porci. Dopotutto, questo fu il compromesso che bisognò accettare affinché gli effetti del processo ad Eichmann e le verità che ne emersero potessero colpire la maggior parte delle persone possibili. Quest’aspetto sociologico dunque risulta davvero affascinante, così come le componenti tecniche legate alla messa in scena delle riprese.

Allo stesso tempo, però, a causa di questa caratteristica The Eichmann Show non riesce a trovare la propria dimensione, sospeso com’è tra velleità analitiche e documentarie (testimoniate anche dall’uso di materiale d’archivio) e narrazione storico-biografica. Nonostante porti alla luce tematiche dal potenziale interessante non riesce ad approfondirle come dovrebbe: ne consegue che pecca di poca incisività, sembra un compitino ben fatto più che un film sentito e trascinante (forse per paura di non trattare con la dovuta attenzione un tema delicato come quello dell’Olocausto).

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Non che si desiderasse un maggiore sentimentalismo, per carità, ma dato il tema trattato e l’approccio di indagine sociale, nonché storica, ci si sarebbe aspettati un racconto dal ritmo più serrato e coinvolgente.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
  • Il film di Paul Andrew Williams porta alla luce dei risvolti sociologici dal potenziale affascinante.

 

  • The Eichmann Show fatica a trovare una propria dimensione a causa dell’oscillazione tra analisi sociologica e narrazione biografica.
  • Il film a lungo andare assume un tono eccessivamente asciutto, dando così vita ad una narrazione priva di incisività.
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