The Gerber Syndrome – Il contagio, la recensione

Un virus sta terrorizzando la popolazione, lo chiamano morbo di Gerber, dal nome del paziente tedesco in cui per la prima volta sono stati riscontrati i sintomi, che consistono in febbre forte, nausea, debolezza che presto muta in forte aggressività e perdita del controllo. Basta poco per essere infettati, visto che il virus si trasmette tramite il contatto con i fluidi corporei, quindi anche un semplice bacio può essere fatale. Inoltre, la bassa mortalità degli infetti fa si che il contagio si estenda con grande facilità.

Una troupe televisiva decide di girare un documentario sul morbo di Gerber e per far ciò segue un medico, che sta per andare a visitare una paziente che ha tutti i sintomi della malattia, e Luigi, un giovane addetto al contenimento del virus, dipendente del CS (Central Security) il principale ente che si occupa della sicurezza di chi è sano, portando in quarantena gli infetti.

Dopo essere stato presentato con un certo successo in alcune celebri manifestazioni legate al cinema fantastico e di genere (ToHorror, Trieste Science + Fiction, FantaFestival), The Gerber Syndrome è arrivato sul mercato italiano in DVD (etichetta Videa/Eagle Pictures) e sulla piattaforma streaming di Amazon Prime Video. Fornito di un esplicativo sottotitolo che chiarisce immediatamente cosa c’è al centro della storia, ovvero “Il contagio”, l’esordio al lungometraggio del giovane regista e sceneggiatore Maxì Dejoie è un solido mockumentary che esprime con convinzione ed efficacia la paura di un’infezione virale capillare.

The Gerber Syndrome - Il contagio

Il regista racconta che l’idea per The Gerber Syndrome gli venne nel periodo in cui i TG non facevano altro che parlare della famigerata febbre suina, un virus che potenzialmente avrebbe potuto colpire chiunque e in maniera anche piuttosto diretta, una vera isteria che in pochi giorni si diffuse tra la popolazione per l’allarmismo diffuso dai mezzi di comunicazione, televisione in primis. Come ben ricorderete, il terrorismo mediatico si tradusse in inutile allarmismo, una sorta di bluff che venne ridimensionato e si estinse nel giro di pochi mesi. Partendo da questo evento, Maxì Dejoie ipotizza che “quel” virus, “quel” contagio sia davvero avvenuto e abbia portato a conseguenze estreme che vedono ogni cittadino in pericolo di vita a causa di un virus dalla facilissima trasmissibilità e che conduce a una drammatica bassa mortalità, il che amplifica ancor di più la sua possibilità di espansione.

The Gerber Syndrome - Il contagio

Se l’idea partiva proprio dall’allarmismo generato dalla tv, pertinentemente The Gerber Syndrome racconta questa infezione attraverso le immagini filmate da una troupe televisiva che sta confezionando un documentario, dunque dall’occhio che costruisce e monta a suo piacimento la notizia. Ma The Gerber Syndrome ci racconta non un’ipotesi ma una realtà, mette lo spettatore di fronte a un evento già in atto e dalle conseguenze evidenti a tutti in ogni catastrofica certezza.

La bontà di questo film sta nel fatto di risultare reale: The Gerber Syndrome simula dannatamente bene la realtà, restituendoci una situazione di contagio/quarantena che evade quasi dai canoni del cinema horror e fantastico per descriverci uno scenario che non sarebbe affatto esagerato da considerare realistico. Sarà per la scelta furba ma efficace di raccontare la storia con la tecnica del falso documentario o sarà per l’oculata decisione di non “esagerare” mai nella descrizione degli eventi, fatto sta che The Gerber Syndrome funziona e a fine visione riesce a lasciare nello spettatore un senso di angoscia e oppressione che ne decretano la riuscita.

The Gerber Syndrome - Il contagio

C’è da dire che anche gli attori sono bravi e credibili, a cominciare dall’esordiente Luigi Piluso, che interpreta il dipendente della CS pedinato dai documentaristi, e Valentina Bartolo, che invece interpreta Melissa, la giovane nuova vittima della sindrome di Gerber.

Decisamente interessante la scelta di mostrarci i due lati della medaglia nella situazione del contagio, ovvero chi viene contagiato e chi invece agisce per contenere la malattia. Da una parte abbiamo, dunque, una povera vittima, che lentamente si “trasforma”, il suo medico che porta a conoscenza lo spettatore del progredire della malattia, e i genitori della vittima che lottano, sperano e prendono decisioni importanti sulla sorte del caro infetto. Dall’altra abbiamo chi esplora le strade, fa irruzioni nelle case in seguito a segnalazioni e di fatto rischia la pelle per fare si che il virus non dilaghi, combattendo anche contro chi ritiene che la quarantena sia disumana, come i manifestanti che organizzano sit-in davanti alla sede della CS. E in effetti le immagini dell’Aquario, la struttura di contenimento della CS, è simile a certi sanatori da film horror anni ’80, dove gli infetti ridotti a zombie vengono abbandonati a se stessi, a pascolare come in attesa che qualche vittima venga gettata loro in pasto.

The Gerber Syndrome - Il contagio

Fornendoci questo duplice punto di vista, il film si pone “super partes”, offrendo così un quadro completo su quella che potrebbe essere una ipotetica e realistica situazione da contagio estremo.

Un’opera riuscita e inquietante che si pone come prodotto insolito e perfino originale nel panorama del mockumetary fanta-horror contemporaneo.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • In tempo di coronavirus, The Gerber Syndrome torna dannatamente attuale e molto realistico.
  • Riesce a trasmettere un senso di inquietudine e impotenza.
  • La scelta di raccontare due punti di vista accresce la dimensione realistica.
  • Il film nasceva nel momento del boom dei mockumentary e se non siete fan di quel filone di certo non potrete apprezzare questo.
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