The Imitation Game, la recensione

Quando il cinema decide di raccontare vite straordinarie ha bisogno di attori straordinari a reggere il gioco, altrimenti quel personaggio sullo schermo può anche fare le cose più incredibili che lo spettatore possa immaginare senza però creare il minimo trasporto emotivo. Il buon cinema conosce bene questa lezione ed è per questo che difficilmente vedremo Channing Tatum nel ruolo di Albert Einstein, ma accogliamo con scrosciante applauso Benedict Cumberbatch in quello di Alan Turing.

Il norvegese Morten Tyldum, che abbiamo già conosciuto all’opera con Headhunters, si mette completamente al servizio di una bella sceneggiatura, scritta dal quasi esordiente Graham Moore e tratta dal romanzo di Andrew Hodges, e dei suoi attori… anzi, del suo attore. Perché The Imitation Game è il classico film che si identifica immediatamente con l’attore protagonista, senza il quale non sarebbe assolutamente venuto fuori lo stesso risultato. Cumberbatch compie un’impresa di immedesimazione che fonde idealmente uno Staninlavskij con una accentuata personalizzazione, così troveremo un Alan Turing così legato all’originale storico quanto somigliante all’istrionico Sherlock della BBC, all’asociale Julian Assange di Il quinto potere e alla freddezza di Khan in Into Darkness: Star Trek. Un personaggio sfaccettato che porta in se il talento di un attore completo e che, con tutte le probabilità, mira a una candidatura all’Oscar.

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In The Imitation Game Alan Turing ci viene presentato nel momento topico della sua vita che lo ha legato in maniera indissolubile alla Storia (si, quella con la “s” maiuscola). Fermato dalla polizia per atti osceni, Turing racconta la sua vita sotto interrogatorio, rivelando che è dietro la sua persona che si è celata una delle menti fondamentali capaci di dare una svolta durante la Seconda Guerra Mondiale e al panorama tecnologico contemporaneo.

Matematico, linguista e criptoanalista di grande talento, Turing viene scelto dall’Esercito britannico per entrare a far parte della squadra che ha il compito di decifrare il codice tedesco Enigma. Malgrado le inevitabili difficoltà, legate soprattutto al caratteraccio di Turing che non è assolutamente adatto a lavorare in team, viene creata una macchina che riesce a decrittare il codice e fornisce un aiuto fondamentale alle sorti della Guerra.

Il ritratto di Turing è realistico e struggente nell’umanità con il quale ci è presentato. L’Alan Turing di The Imitation Game è il classico genio incompreso, un outsider ed eccentrico che è prigioniero di un’epoca e un luogo che non gli sono congeniali. Il “grande pesce” burtoniano che si sente stretto nel laghetto in cui nuota. Nel fare questo, il nostro Turing a tratti eccede nelle stranezze che lo rendono tanto simpatico quanto impopolare tra i suoi pari, ma dal suo trascorso – perfettamente raccontato tramite una rete di flashback – capiamo e accettiamo i suoi comportamenti bizzarri. In fin dei conti, The Imitation Game racconta il dramma di un uomo che si sente fuori posto e deve lottare contro pregiudizi e contro la sua stessa natura. Alan Turing cercava di decifrare un codice indecifrabile, ma allo stesso tempo anche lui appariva al mondo protetto da un codice che oscurava la sua personalità: Alan Turing era Enigma. Il dramma legato alla sua omosessualità, che lo condurrà alla condanna e alla morte, è raccontato dal regista con tale umanità e realismo da offrirci un esempio di martire che martire lo è solo col senno di poi. Un uomo schiavo della vergogna e dei pregiudizi, che di fatto è l’antesignano dell’informatica odierna, uno dei più grandi geni del ‘900.

THE IMITATION GAME

Lo stile classico, la narrazione ordinata, il rigore recitativo che interessa anche gli altri interpreti – Keira Knightley, Matthew Goode, Charles Dance e Mark Strong – fanno di The Imitation Game quasi un film di un’altra epoca. Tyldum non pone nessuna firma autoriale, The Imitation Game è un’opera al servizio della bella storia che racconta e del suo magnifico interprete. E va bene così.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Benedict Cumberbatch.
  • Il modo in cui è scritto il personaggio di Alan Turing.
  • Il rigore formale generale.
  • Non c’è personalità registica.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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The Imitation Game, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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