The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, la recensione

Paesaggi nevosi e ammantati dalla nebbia, magioni gotiche, atmosfere ottocentesche e una serie inquietante di delitti efferati e di matrice misteriosa, spesso soprannaturale: sono questi alcuni degli elementi che concorrono a disegnare il quadro del classico racconto del terrore, così come lo immagina la maggior parte delle persone, anche chi non ha alcuna dimestichezza con il genere horror. Una ricetta che se ai nostri occhi è percepita come consolidata e ormai scontata, in realtà è il frutto di una stagione, quella della letteratura gotica, che, proprio grazie a questi ingredienti, ha saputo regalare a generazioni di lettori racconti e romanzi spaventosi, forieri di brividi immortali che ancora oggi si provano nel leggere le pagine dei grandi maestri del genere.

Tra questi vi è senza dubbio Edgar Allan Poe, il quale torna a vivere sul grande schermo, ma questa volta non per l’ennesima trasposizione di una sua opera, bensì per ergersi a protagonista di un film che lo vede al centro di un giallo che si ispira chiaramente proprio allo scrittore di Boston. È questo il caso di The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, nuovo lavoro di Scott Cooper il quale continua la sua personale esplorazione delle diverse epoche del passato (vedasi Hostiles e Black Mass) con un horror investigativo di stampo classico e nel complesso ben riuscito. Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Louis Bayard, si pone infatti come un’opera costruita con stile e consapevolezza che, seppur non priva di difetti e offuscata da una regia non sempre ispirata, riesce ad avvolgere lo spettatore nel clima spettrale, marcio e tetro di un mistery le cui carte vincenti vengono dispiegate con i modi e i tempi giusti. Niente di innovativo e memorabile, sia chiaro, ma comunque un prodotto teso anche ad avvicinare un pubblico vasto ad un filone letterario tra i più fertili ed un autore dalla grande vena creativa. Una cosa sempre apprezzabile, di questi tempi nei quali è quanto mai importante tornare a far ardere nuovamente la passione per la lettura e la cultura in generale. Insomma, quando il cinema può anche assumere un valore didattico e di arricchimento.

Il tutto impreziosito dalla presenza nel cast di attori del calibro di Christian Bale, Harry Melling, Timothy Spall e Toby Jones.

L’esperto detective Augustus Landor viene chiamato per risolvere il caso di un suicidio avvenuto all’interno dell’accademia militare nella contea di Orange, New York. Il nefasto evento, però, è soltanto il primo di una serie di sparizioni il cui esito è sempre lo stesso: un cadavere ritrovato morto sventrato e sottratto del cuore. Un caso che diventa sempre più misterioso e torbido per la cui ricerca della soluzione Landor si affida ad un cadetto tanto strambo quanto geniale e dalla mente fervida e fantasiosa, il suo nome è Edgar Allan Poe. Quest’ultimo accompagnerà per mano il suo più esperto collega e le verità che verranno fuori saranno clamorose e sorprendenti.

Il film di Scott Cooper cerca di trasmettere le stesse emozioni e vibrazioni che si provano nello sfogliare le pagine di un qualsiasi classico della letteratura horror di fine Ottocento – inizio Novecento, con tutti i pro e contro che tale esperienza porta con sé. Un effetto fortemente voluto e cercato dal regista americano il quale, per il suo film, applica alla lettera tutti gli stilemi e gli stereotipi del genere, sia dal punto di vista narrativo che visivo, cosa che rende la visione gradevole e affascinante per ogni tipo di spettatore.

The Pale Blue Eye, dunque, si fa forte di una trama coinvolgente, con suggestioni a metà tra il giallo e l’horror puro, di gotiche ambientazioni rarefatte e spettrali e una sequenza di colpi di scena il cui motore è rappresentato da una coppia di detective geniale e ben assortita. I personaggi di Landor e Poe, infatti, rappresentano il reale punto di forza della storia: il primo è un uomo fuori dagli schemi, del tutto incurante delle istituzioni, ed anzi disposto a sfidarle e contestarle con tutte le sue forze; il secondo, destinato a diventare uno degli scrittori più grandi della storia, ha dentro di sé la sfrontatezza della gioventù e quella vena sarcastica e arguta grazie alla quale si impone come una figura affascinante, e al tempo stesso irriverente. Caratteristiche, quelle di entrambi, che ben si incastrano con un insieme di personaggi e con un contesto che, al contrario, appaiono impostati e ingabbiati nei confini di un politicamente corretto solo di facciata, visto che la rigidità e il rigore del campo militare nasconde crimini terribili e un sanguinario killer che vi si aggira al suo interno.

Insomma, presentato così sembrerebbe di trovarci difronte ad un film memorabile, ad una nuova era del gotico 2.0. Eppure, non è del tutto così, dal momento che alle note positive di cui sopra fanno da contraltare alcune battute a vuoto rappresentate da un ritmo non sempre pimpante, come si confà ad un giallo di stampo classico e, soprattutto, la mancanza della volontà di spingere l’acceleratore sul versante dell’horror puro. Il primo difetto è figlio di una sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, a tratti resa balbettante e incerta dall’inserimento di diversi elementi melodrammatici che concorrono ad allentare la tensione e a distogliere l’attenzione dal fulcro della storia. L’altra criticità, invece, provoca un fisiologico e inesorabile depotenziamento della componente orrorifica, fatta di omicidi violenti ma mai mostrati, e di richiami a rituali mistici che rendono i suddetti assassinii sempre più tendenti a riti soprannaturali.

Al netto di tutto ciò, in conclusione, The Pale Blue Eye – I delitti di West Point è senza dubbio un buon film dalle potenzialità non espresse del tutto e sintomo di una dimestichezza non ancora acquisita completamente da parte di Scott Cooper con il genere horror, in particolare con il giallo di ambientazione gotica.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Ambientazioni gotiche sempre affascinanti e fedeli alla tradizione.
  • Protagonisti ben scritti e complementari fra loro.
  • La trama è ben costruita e regala colpi di scena inaspettati.
  • La componente horror è sfruttata poco e male.
  • Alcune dinamiche da melodramma nella parte centrale rallentano i ritmi della storia.
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