The Suicide Squad – Missione suicida, la recensione

La travagliata esistenza del DC Extended Universe è ormai costellata da tentativi che ne minano la coerenza narrativa, ci abbiamo fatto l’abitudine. Se i fan reclamano a gran voce di “ristabilire lo Snyderverse”, la Warner continua a gettare semi che suonano sempre come nuovi inizi, una sperimentazione in itinere che sta dando buoni frutti soprattutto quando il DCEU tenta la strada dell’intrattenimento per adulti discostandosi il più possibile dall’intento che, qualche anno fa, mandò a monte lo stesso concetto di universo condiviso con il flop della Justice League di Joss Whedon, ovvero cercare di fare il verso alle produzioni Marvel Studios. Per questo motivo, se la versione originaria della Justice League, quella a firma di Zack Snyder, ristabilisce quell’ordine andato perso alzando l’asticella dell’ambizione, della qualità artistica e dei toni adulti, non sono da meno quelle coraggiose schegge impazzite fuori dalla continuity come Joker di Todd Phillips, capace di vincere 2 Oscar, 2 Golden Globe e un Leone d’Oro, o bizzarri sequel che odorano di reboot come The Suicide Squad – Missione suicida di James Gunn.

Sottratto alla Disney/Marvel con un tempismo da affarista (era appena stato licenziato per quella ridicola questione dei tweet prima di essere “riassunto”), James Gunn è l’uomo giusto per dare nuova vita a uno dei franchise del DCEU più “strano” e di difficoltosa gestione, la Suicide Squad. Dopo il disastroso risultato qualitativo del film del 2016 e il non proprio riuscitissimo tentativo di recuperarne personaggi con la versione femminile Birds of Prey, continuare per quella strada era per Warner, in effetti, una vera “missione suicida”. Ma l’asso nella manica rappresentato dalla scelta di Gunn è stato determinante perché solo un autore con la sua “sensibilità” sopra le righe e una poetica politicamente scorretta poteva tirare fuori da quella banda di reietti nota come Suicide Squad la vera nobile essenza. A patto, ovviamente, che Gunn potesse gestire davvero in prima persona il progetto, come ha fatto Phillips con Joker, senza che la produzione si mettesse di intralcio come accaduto, invece, con lo sfortunato film di Ayer.

Ma dopo aver visto il film possiamo dirlo: The Suicide Squad – Missione suicida è James Gunn al 100%.

Il film sembra quasi ignorare il pregresso dato dalla precedente opera e ritroviamo la Amanda Waller di Viola Davis pronta a reclutare una Suicide Squad, anzi una Task Force X, per portare a termine una missione impossibile sull’isola (immaginaria) di Corto Maltese, in America Centrale, in cui un colpo di Stato ne ha ribaltato le sorti politiche mettendo a rischio un importante esperimento scientifico che può compromettere la stessa sorte del pianeta. Per irrompere in segreto sull’isola e risolvere la questione viene scelta una squadra di “scarificabili”, criminali della peggiore specie a cui viene offerta, in questo modo, una seconda chance; una squadra guidata da Rick Flag e composta da: Brian Durlin, detto Savant, Harley Quinn, Captain Boomerang, Blackguard, T.D.K., Gunter Braun noto come Javelin, la guerriera aliena Mongal e la singolare donnola antropomorfa Weasel. Allo stesso tempo, la Waller mobilita una seconda squadra che possa muoversi nell’ombra, capitanata da Robert DuBois, pericoloso criminale conosciuto anche come Bloodsport, ad affiancarlo Christopher Smith aka Peacemaker, Cleo Cazo o meglio Ratcatcher II, Abner Krill noto come Polka-Dot Man e l’ibrido uomo/squalo Nanaue ovvero King Shark. Per la nutrita squadra di aspiranti anti-eroi sarà la missione più complessa di tutta la loro bizzarra carriera.

Se non fosse per un paio di battute tra Harley Quinn (la sempre ottima Margot Robbie) e Captain Boomerang (Jai Courteny che tona nel ruolo) e sempre Quinn con Rick Flag (di nuovo Joel Kinnaman), che esplicitano un pregresso tra questi personaggi, non potremmo neanche parlare di vero e proprio sequel, ma di un film a se che ripesca dal precedente quattro personaggi (Quinn, Flag, Waller, Boomerang) e ne caratterizza un quinto – Bloodsport, interpretato da Idris Elba – sulla falsariga del fu Deadshot di Will Smith. Per il resto The Suicide Squad è una cosa completamente nuova, fuori di testa e assolutamente riuscita.

Come viene più volte ribadito durante il film, parliamo della Task Force X, dunque la Suicide Squad nella sua versione anni ’80, quella he fatto esordio nella miniserie Legends di John Ostander, anche se Gunn, pure sceneggiatore, non si ispira agli eventi di quella storia e ne riassembla a suo piacimento la formazione della squadra con personaggi DC davvero singolari.

La sceneggiatura non perde tempo sulla presentazione dei personaggi, come accadeva nel film del 2016, sono troppi e ne dobbiamo prendere atto, quindi si parte in quarta con la missione e la doppia squadra coinvolta per portarla a termine, concentrandosi su un’unità di tempo e spazio che ci porta a seguire gli eventi quasi in tempo reale. Considerando che il film comprende un bodycount consistente, non tutti i membri della Task Force X arrivano fino alla fine e il film cerca di approfondire quelli che hanno un minutaggio su schermo più consistente e lo fa con grande ingegno e una gestione dei flashback e dei dettagli molto accurata e intelligente. In questa sede preferiamo non addentarci sulle specifiche sui vari personaggi per non fornire indizi su chi vive e chi muore, ma dobbiamo assolutamente dichiarare il nostro amore per i personaggi più bizzarri e sopra le righe, ovvero King Shark (che in originale ha la voce di Sylvester Stallone), Polka-Dot Man (interpretato da David Dastmalchian) che è uno dei personaggi più “sfigati” dell’intera storia editoriale DC Comics ma qui è reso in maniera magnifica, e Weasel, la donnola assassina (27 bambini uccisi in curriculum) con zero QI a cui presta le movenze in performance capture Sean Gunn, che interpreta in un cammeo anche Calendar Man.

La scelta di Gunn alla regia e sceneggiatura, come dicevamo, è determinante perché riesce ad infondere in questo film tutta la sua verve scorretta avvalorata da anni e anni di lavoro per la Troma. Quindi sappiate che The Suicide Squad fa di tutto per differenziarsi nel panorama del cinecomic attuale mettendo in scena uno spettacolo d’azione che si colora di splatter con una dose incredibile di sangue e violenza, ovviamente stemperata da un tono costantemente ironico e sopra le righe. I personaggi, poi, per quanto ispirino simpatia e spesso empatia, sono effettivamente dei cattivi (ad eccezione di due!): psicopatici, assassini, cannibali, traditori, terroristi, bugiardi. Basti pensare che il film si apre con l’uccisione a sangue freddo di un adorabile uccellino e che in una sequenza particolare c’è un massacro cruentissimo che sembra per un nobile scopo, ma non lo è!

Dunque, personaggi per lo più ben caratterizzati, giusto mood che rimanda allo stile di Gunn più anarchico anche se mainstream (The Suicide Squad ricorda, tra le precedenti opere dell’autore, Super – Attento crimine! del 2010) e poi tanta azione, di quella fragorosa, distruttiva ed esagerata che, irrimediabilmente, si colora di grottesco (la fuga di Harley Quinn) o di assurdo, come l’intero terzo atto in kaiju-style! Poi c’è la musica, perfettamente utilizzata per sottolineare le scene più cool ma evitando l’effetto juke-box che spesso affligge questo tipo di operazioni.

Insomma, The Suicide Squad – Missione suicida è esattamente quello che chiedevamo da questo titolo, un film divertente, eccesivo, maleducato, adulto (ma non troppo) e con quel tocco di follia che calza a pennello. Tutto quello che sarebbe dovuto essere ma non è stato il precedente film del 2016 e che ci ha provato, non riuscendoci, Birds of Prey.

Non stupirebbe se, da questo momento in poi, il film di Gunn possa essere un nuovo punto di confronto per una visione precisa che il DCEU deve prendere per il futuro, magari alternandola a quella più seriosa di progetti come The Batman (e Joker).

Non alzatevi dalla poltrona fino alla fine dei titoli di coda, c’è una scena bonus abbastanza prevedibile ma anche importante per il futuro del franchise.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • James Gunn infonde il giusto stile al film rendendolo diverso da quanto visto fino ad ora in un cinecomic.
  • Personaggi ben gestiti e ottimamente resi.
  • Perfetto equilibrio tra ironia, violenza e azione.
  • Dura un quarto d’ora di troppo.
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Valutazione: 8.5/10 (su un totale di 2 voti)
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