Thelma, la recensione

Quello dell’adolescenza e i suoi contrasti, contraddizioni e difficoltà nell’improvviso passaggio da bambini ad adulti è un tema caro non solo alla psicologia, ma anche al mondo del cinema che, attraverso diversi generi e linguaggi narrativi, ne ha spesso raccontato le dinamiche più scabrose e per certi versi inquietanti. Un ulteriore esempio di questo forte interesse e legame si può notare in Thelma, nuovo lavoro di Joachim Trier il quale, rifacendosi in maniera evidente ad un grandissimo classico del passato come Carrie di Brian De Palma, dà vita ad un thriller/horror psicologico che tratta il tema della crescita e della scoperta di un mondo che va al di là degli schemi imposti da una rigida educazione. Potenziale di partenza molto promettente gettato alle ortiche, però, da una storia che implode su se stessa e, seppur supportata da un impianto visivo dal forte impatto e di grande simbolismo, non riesce a esprimere del tutto la carica emotiva e il tormento della giovane protagonista.

Il cast di Thelma è composto da Eili Harboe, Okay Kaya, Henrik Rafaelsen, Ellen Dorrit Petersen e Grethe Eltervåg.

Thelma è una ragazza cresciuta nel gelido entroterra norvegese e secondo un’educazione rigida e cristiana impartitale da genitori severi e inflessibili. Una formazione che non poteva partorire una giovane donna impacciata verso il genere maschile, e il resto del mondo che la circonda, la quale si ritrova ad affrontare con ansie e paure l’ambiente universitario. Qui conosce Anja, una ragazza molto spigliata e disinibita che trascinerà la protagonista in un’amicizia torbida e ben oltre i limiti dell’attrazione fisica e mentale. Dopo un iniziale sollievo e divertimento, tuttavia, Thelma si lascia divorare dai sensi di colpa che si traducono in quelli che sembrano violenti attacchi di epilessia…almeno in apparenza.

Il film inizia con il padre della piccola Thelma che prende la mira col suo fucile ma alla fine decide di non sparare. Ecco, se volessimo trovare un paragone per descrivere il film di Trier sarebbe questo: un colpo di fucile rimasto in canna. Si, perché Thelma avrebbe tutte le carte in regola per essere un film inquietante ed unire il giusto gusto per la tensione e la paura con la descrizione di dinamiche adolescenziali, di crescita ed educative molto complesse e introspettive.

Il lavoro del regista norvegese, infatti, mette in mostra un ottimo lavoro sulla costruzione dei personaggi, la cui caratterizzazione accurata avviene tramite precisi flashback e dialoghi sempre puntuali e soprattutto, come detto in precedenza, un apparato visivo potente e ricco di immagini efficaci e simboliche nel descrivere il senso di perdizione relativo senso di colpa della protagonista, come la presenza costante di un serpente, che appunto è simbolo di peccato. Il tutto racchiuso in atmosfere tipicamente scandinave, fatte di paesaggi freddi e ombrosi che non fanno altro che aumentare un senso di disagio e oppressione.

Insomma, tutto sarebbe bello e perfetto se non fosse per un plot dai ritmi lenti e compassati, appesantito da lungaggini ed elementi superflui e reso balbettante da uno intreccio narrativo incerto e in fin dei conti poco affascinante e interessante, soprattutto per chi si sarebbe aspettato uno sviluppo della storia più vicina al cinema di genere a cui Trier si ispira. Invece Thelma accoglie i toni di un cinema autoriale che qui non fa altro che creare distacco tra lo schermo e la poltrona dello spettatore.

Thelma, in conclusione, è un riuscito esercizio di stile che però viene meno nel suo compito principale, ovvero trasmettere inquietudine e creare empatia con chi guarda.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Atmosfere fredde ed inquietanti.
  • Personaggi principali ben costruiti.
  • Immagini evocative e simboliche.
  • Plot mal sviluppato e noioso.
  • Incapacità di trasmettere inquietudine ed emozioni nello spettatore.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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