Transformers 4 – L’era dell’estinzione, la recensione

Era il 2007 quando gli spettatori ebbero l’occasione di salire su quell’ottovolante che rispondeva al nome di Transformers. Uno spettacolo nuovo anche per chi era abituato ai più avveniristici film “tutti effetti speciali”, perché vedere sul grande schermo Autobot e Decepticon non solo era un’emozione che avrebbe riportato indietro nel tempo molti trentenni cresciuti con i giocattoli Hasbro e fatto conoscere ai più giovani personaggi ricchi di fantasia, ma si trattava anche di un importante passo avanti nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Ora la saga cinematografica dei Transformers, sempre irriducibilmente seguita dal suo creatore Michael Bay, arriva a suon di milioni al suo quarto capitolo, Transformers 4 – L’era dell’Estinzione.

Sulla carta sembrava quasi un reboot, visto il totale cambio di cast e il taglio netto con gli eventi raccontati nei capitoli precedenti, e in parte lo è, infatti, visto che a Sam Witwicky, al Capitano Lennox e all’agente Simmons non si fa nessun riferimento e non è neanche troppo chiaro Transformers 4 quanto tempo dopo si ambienta in confronto al capitolo precedente. Nuovo cast, nuovi robot e nuova linea narrativa per un film che, nelle premesse, avrebbe avuto un tono differente in confronto ai precedenti o, come esemplificato dalle dichiarazioni del nuovo protagonista Mark Wahlberg, “stavolta ci saranno meno cazzate”.

In effetti, guardando Transformers 4 – L’era dell’estinzione si nota la volontà di ridurre quella portata adolescenziale che caratterizzava i primi due film e allo stesso tempo semplificare l’impianto narrativo – fin troppo articolato – che era stato scelto nel terzo.

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Transformers 4 è il simbolo nudo e crudo del pop-corn movie estivo a stelle e strisce, il fracasso fatto film: entrare in una sala cinematografica che proietta Transformers 4 equivale a mettere piede in un luna park.

Questa constatazione è sia un bene che un male per il film e, di conseguenza, per gli spettatori che si avventurano nella visione. I fan di Optimus Prime, Bubblebee e co., sicuramente gioiranno messi di fronte a questa lunga avventura ma è evidente che qualche cosa deve essere andata storta in Transformers 4 perché a conti fatti si ha un film altamente imperfetto.

Innanzitutto manca quel senso del divertimento – magari dettato anche dalla novità – che c’era nel primo film e che non è mai più stato raggiunto all’interno della saga; fortunatamente è stata del tutto evitata la propensione alla buffonaggine che caratterizzava il poco riuscito capitolo 2, ma non si è riusciti neanche a replicare quell’armonia narrativa che era alla base del capitolo 3. Transformers 4 è un fin troppo lungo giocattolone che si fonda su un soggetto esilissimo e su una sceneggiatura bucherellata: quasi 3 ore che non sono assolutamente giustificate da ciò che si vuole raccontare e che puntano tutto su azione ed esplosioni. Azione perfetta, per carità, capace di creare un sense of wonder impressionate e forse tra le cose più spettacolari mai viste al cinema, ma pur sempre eccessiva per intensità e durata, che irrimediabilmente finisce per stancare anche il più talebano degli action addicted. Tre ore di botti ed esplosioni in 3D stancano, c’è poco da fare, e il senso della meraviglia, alla trecentesima casa che salta in aria o inseguimento sull’autostrada, cede il passo allo sbadiglio.

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Lo sceneggiatore Ehren Kruger, che si era già occupato di Transformers 2 – La vendetta del Caduto e Transformers 3, non ha trovato uno spunto sufficientemente forte su cui costruire questo quarto film. In Transformers 4 ci sono molte cose mal amalgamate con il risultato che non c’è quasi nulla. Ci sono tutti i personaggi nuovi, compresi i transformers stessi, che ad eccezione di Optimus Prime e Bubblebee sono stati completamente svecchiati, e ci sono almeno tre linee narrative che convergono. Il Cade Yeager di Mark Wahlberg è uno scienziato poco credibile, uno yankee pronto a vender cara la sua pelle e quella dei suoi cari che, con il bicipite guizzante e lo sguardo bovino perennemente incazzato, ben poco ha sintonia con l’aura dell’ingegnere robotico. Sua figlia adolescente, interpretata da Nicola Peltz di Bates Motel, è la conferma che Michael Bay ha un ottimo gusto estetico per l’universo femminile, ma ha una caratterizzazione basic che non va oltre qualche bisticcio con suo padre protettivo fondato su “ormai ho 17 anni e quindi faccio quello che ogni mia coetanea fa”. Mani in alto per Jack Raynor, che interpreta il fidanzatino della signorina Yeager, fisicamente un clone di Mark Wahlberg e caratterizzato unicamente dal dato che sa guidare bene le automobili da corsa. Tra i personaggi principali sicuramente il più riuscito è il Joshua Joyce di Stanley Tucci, una sorta di Steve Jobs della robotica che ha scoperto l’elemento di cui sono fatti i transformers (argutamente battezzato “transformio”) e lo utilizza per creare robot sensienti – ma controllati dall’uomo – in laboratorio. Un personaggio sufficientemente sfaccettato e interessante da tenere desta l’attenzione su quello che ruota attorno a lui, aiutato anche dalla bravura dell’attore.

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In un calderone in cui tutti i personaggi necessitano di essere introdotti ed è in scena più di un cattivo, ognuno con le proprie ragioni per agire, Michael Bay ha però l’urgenza di mettere dentro una lunga scena d’azione ogni dieci minuti. La conseguenza è che i personaggi non trovano il giusto sviluppo, a tratti si  fatica a comprendere le motivazioni dei villans, e gli spunti sul “chi controlla chi” e sulla caratteristica umana del voler replicare – scadentemente – prodotti di successo (il film si ambienta per metà in Cina, chi vuol capire capisca…) hanno il tempo che trovano.

È un peccato constatare che Transformers 4 – L’era dell’estinzione alla fine sia un prodotto così pieno di spettacolo quanto vuoto di qualsiasi altra cosa, perché con il capitolo precedente pareva che avessero trovato una strada giusta… altamente perfezionabile ma soddisfacente. Un passo indietro, dunque, che ci si augura non risulti una regola per il già annunciato Transformers 5.

E, per piacere, basta con film per ragazzi che durano tre ore!

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Uno dei film più spettacolari della storia del cinema.
  • Scene d’azione costruite molto bene.
  • Il personaggio di Stanley Tucci.
  • Tre ore sono troppe e non giustificano il materiale narrativo a disposizione.
  • Gran parte dei personaggi non sono sufficientemente sviluppati.
  • Alcuni elementi importanti per lo sviluppo della trama sono trascurati per far spazio a esplosioni e combattimenti.
  • Un passo indietro in confronto a Transformers 3.
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