Trilogia del terrore II, la recensione

The Graveyeard Rats. Una donna esausta delle angherie dell’anziano e ricco marito paraplegico escogita, insieme al suo amante, un piano per far fuori il vecchio. Il piano riesce e l’uomo muore in quello che sembra a tutti gli effetti un incidente. Ma nel momento in cui viene aperto il testamento, la donna si accorge che occorre un codice per accedere a tutti gli averi del marito, un codice che l’uomo teneva nascosto su se stesso al momento della morte.

Bobby. Una madre afflitta dalla morte del figlio, annegato nel mare che costeggia la loro villa, pratica una formula per riportare in vita il ragazzino. Bobby torna in vita, ma non sarà lo stesso di prima.

He Who Kills. Sul luogo di un duplice e misterioso omicidio viene rinvenuta nel forno una statuetta di origine africana. La polizia porta immediatamente il manufatto al museo per farlo analizzare da un’antropologa. Durante la notte la donna dovrà vedersela con lo spirito di un feroce guerriero Zuni che anima la statuetta/feticcio che le è stata recapitata. 

Con il passare degli anni quel piccolo film tv intitolato Trilogia del terrore, datato 1975 e diretto da Dan Curtis, è diventato di culto presso gli appassionati di horror. Tutto merito del feticcio Zuni, ovviamente, il piccolo mostro protagonista del bellissimo terzo episodio di quel film antologico. Visto lo status di cult postumo del film, Curtis nel 1996 decide di svecchiare titolo e formula e dirige un Trilogia del terrore II, sempre per la tv e sempre strutturato in tre episodi autoconclusivi collegati dalla presenza della stessa attrice protagonista.

Il risultato di quest’operazione che potremmo quasi considerare nostalgica è decisamente buono: tre episodi mediamente ben fatti (con alti e bassi, ovviamente), tre storie ben condotte e un gran ritorno da parte di quell’icona anni ’70 che è il feticcio Zuni.

Diciamo che se prese nel suo complesso, le storie che compongono questo secondo film sono anche migliori di quelle del film originario. Lì c’erano due storie debolissime e una magnifica, qui invece le prime due storie non sono affatto male, sicuramente superiori delle epigone del primo film, ma anche in questo caso a contraddistinguersi è la terza che riporta in scena il feroce feticcio africano. Il problema però è che allora c’era il “fattore sorpresa”, la novità di vedere muoversi sullo schermo una statuetta mostruosa dotata di vita, oggi invece, oltre all’inflazionato scenario di pupazzi assassini, ci ritroviamo ad assistere a una situazione che ricalca in modo piuttosto fedele l’originale. Il bello è che He Who Kills è presentato come un vero e proprio sequel della storia Amelia del primo film: inizia proprio lì dove terminava la precedente e riporta in vita il feticcio facendolo muovere stavolta in un museo ma ricalcando la struttura dell’altro film. Il tutto comunque funziona, forse meno di allora, ma funziona, e ritrovare il feticcio Zuni così come ce lo ricordavamo, incazzato e sanguinario, è sempre una bella sorpresa.

Le altre due storie sono inferiori ma comunque godibili. The Graveyard Rats, la prima, è tratta da un racconto di Henry Kuttner e ci immerge immediatamente in una situazione alla Tales from the Crypt: il triangolo amoroso, il delitto e la punizione. In questo caso si tende a dilungare forse un po’ troppo la parte da “noir” (con tanto di citazione esplicita da Il bacio della morte), riservando agli ultimi minuti l’horror, rappresentato da un cimitero, una riesumazione e un branco di giganteschi ratti famelici che abitano il sottosuolo del cimitero. I topi sono realizzati in modo molto artigianale, ma funzionano, e nella svolta finale questa prima storia assume un potere orrorifico che non si lascerà dimenticare.

Un po’ meno efficace perché fin troppo scontata è la seconda storia, Bobby, tratta da un racconto di Richard Matheson (creatore anche del feticcio Zuni) e già portata sullo schermo nel 1976 sempre da Curtis in un altro film antologico, Dead of Night. La situazione è risaputa, il gioco a nascondino tra madre/colpevole e figlio resuscitato/vittima si trasforma immediatamente nella classica caccia tra gatto e topo con una conclusione molto prevedibile. L’episodio comunque è molto veloce, entra subito nel vivo e riserva almeno una scena di ottima tensione (quella della telefonata).

Lysette Anthony (Dracula morto e contento) non fa rimpiangere la Karen Black del prototipo e regge con professionalità l’intero film sulle proprie spalle.

Trilogia del terrore II è un buon film a episodi, rispettoso della tradizione a cui appartiene e con tre storie soddisfacenti. Il feticcio Zuni regna sovrano, ma graffia meno che in passato.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il ritorno del feticcio Zuni.
  • Nel complesso sono 3 buoni episodi.
  • L’episodio del feticcio Zuni non ha la forza di quello del film precedente.
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