Tutta la bellezza e il dolore (All the Beauty and the Bloodshed), la recensione

Nancy “Nan” Goldin è una celebre fotografa e attivista statunitense. Il suo lavoro più noto è The Ballad of Sexual Dependency (1985), un corposo slide show composto da circa 700 fotografie scattate tra il 1979 e il 1985. Artista profondamente sovversiva, Nan Goldin è stata tra i primi artisti ad aver eletto allo stato dell’Arte la fotografia di carattere personale e privato. In The Ballad of Sexual Dependency, infatti, Nan non ha fatto altro che documentare i sei anni della sua vita trascorsi all’interno di una “famiglia allargata” nel quartiere Bowery di New York. Qui ha toccato con mano tutta la cultura underground degli anni ’70 e, attraverso le sue foto, ha raccontato la sua famiglia, i suoi amici, la controcultura gay, l’arte di quegli anni, la dipendenza da droghe, la prostituzione e la piaga dell’AIDS. Ma Nancy “Nan” Goldin è anche nota per la sua guerra alla famiglia Sackler, proprietaria dell’enorme casa farmaceutica Purdue Pharma e accusata d’aver sdoganato il commercio dell’ossicodone, antidolorifico che crea una profonda dipendenza e che è stato capace di generare – in pochi anni – un impressionante numero di morti in America.

Nel 2013 qualcosa di strano era accaduto durante la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia: il Leone d’Oro per il miglior film era stato assegnato a Sacro GRA di Gianfranco Rosi. Una premiazione apprezzata da molti ma anche capace di lasciare perplessi tanti altri, tra questi lo stimato e stimabile regista Pupi Avati, contrario all’idea di premiare per il miglior film qualcosa che è non-cinema. Qualcosa che, in un certo senso, è l’antitesi di quello che dovrebbe rappresentare l’arte cinematografica. È sbagliato, secondo lo stesso Avati e sempre nel caso di Rosi, dare il Leone d’Oro ad un regista che non ha mai diretto un attore in vita sua.

Un punto di vista estremo, quello del maestro Avati, ma indubbiamente comprensibile e non certo privo della sua logica (condivisibile o meno).

tutta la bellezza e il dolore

Lo scorso settembre il fatto si è ripetuto, generando ovviamente meno clamore che in passato, e il Leone d’Oro per il miglior film è andato a Tutta la bellezza e il dolore – All the Beauty and the Bloodsheed, il nuovo documentario prodotto e diretto da Laura Poitras, già autrice di apprezzati documentari come My Country My Country (2006), Citizenfour (2014) e Risk (2016).

Pur riconoscendo che dal 2013 ad oggi la Settima Arte ha svolto un lavoro importante sull’estetica e sulla fruibilità del documentario, ormai svincolato da linguaggi “televisivi” e sempre più vicino ad una messa in scena di carattere cinematografico, potremmo discutere a lungo su quanto sia giunto o meno continuare a premiare nella sezione “film” un prodotto che si pone obiettivi diametralmente opposti a quelli che, nella teoria, dovrebbero esser propri del cinema (non a caso, spesso e volentieri, i documentari concorrono in categorie apposite accessibili solo a loro).

Potremmo starcene a discutere a lungo, decisamente a lungo, e senza dubbio non troveremo una via di fuga a questo dilemma. Quindi, in questo periodo storico in cui il documentario sta andando incontro ad una riqualificazione cinematografica che mai era stata tale prima d’ora, non possiamo che inchinarci davanti al lavoro svolto da Laura Poitras che davvero ha dell’incredibile.

tutta la bellezza e il dolore

Il più grande merito di Laura Poitras e del suo Tutta la bellezza e il dolore è quello di essere riuscita a rendere universale un documentario che, al contrario, vive di connotati fortemente ancorati alla cultura statunitense.

Nancy “Nan” Goldin è un personaggio tanto noto quanto scomodo all’interno dei confini americani, così come lo è tutto il movimento di protesta che ha travolto l’industria farmaceutica correlata alla Purdue Pharma e alla famiglia Sackler. Ma anche i problemi “più grandi” che hanno fatto scaturire queste proteste, ovvero l’epidemia di oppioidi correlati concettualmente alla feroce morsa killer dell’AIDS, sono di carattere per lo più statunitense e poco e nulla hanno a che vedere con il Nostro background socio-culturale e con quello del resto del mondo.

Eppure, Laura Poitras riesce nell’impossibile e con Tutta la bellezza e il dolore confeziona un corposo documentario (si sfiorano le due ore), così denso e serrato, che riesce nell’impresa di parlare ad una platea decisamente ampia.

tutta la bellezza e il dolore

La storia di Nan Goldin, della sua vita privata ed artistica, dei suoi amici e delle sue sofferenze ma, soprattutto, della sua personale/sociale lotta alla famiglia Sackler, viene restituita sul grande schermo attraverso un documentario impeccabile, indubbiamente ricco, in cui si avverte fortissima la voglia della Poitras di raccontare e non solo di documentare. Tutta la bellezza e il dolore è davvero un documentario che, grazie ad una struttura narrativa tanto semplice quanto elaborata, riesce a far propria una dimensione squisitamente universale.

Quello firmato da Laura Poitras è un documentario che non ha nessuna ambizione o pretesa d’essere qualcosa che va oltre il semplice documentario. Il suo non è un docu-film (termine davvero tanto abusato nell’era moderna!) e non vuole essere un’opera sperimentale che reinventa il modo di fare documentari. Proprio no. Tutta la bellezza e il dolore riflette il pensiero di un’autrice che rispetta profondamente il linguaggio puro di questa forma d’Arte.

tutta la bellezza e il dolore

Tutta la bellezza e il dolore si presenta perciò come un documentario dalla forma molto classica, un documentario che, nelle sue due ore di durata, non risparmia interviste frontali (come quella a Patrick Radden Keefe, autore de “L’impero del dolore”, libro inchiesta sulla dinastia Sackler), che comunque sono ridotte all’osso, così come attinge moltissimo da materiale di repertorio (molto di questo prelevato da filmati privati di Nan Goldin).

Ed è proprio qui che si evince la grandezza dell’opera della Poitres: riuscire a fare qualcosa di estremamente grandioso pur raccontando, con gli strumenti classici del documentario, una storia che poco ci tocca.

L’intuizione vincente è quella di partire dai movimenti di protesta alla casa farmaceutica Perdue Pharma per raccontare, in realtà, la vita incredibile di Nan Goldin. Una vita che, quasi come una Forrest Gump alternativa, ha visto scorrere davanti ai propri occhi gioie e dolori dell’America underground di almeno tre decenni importanti (’70, ’80, ’90). Ed è questo, infatti, che il documentario racconta in prima battuta: le contraddizioni di una New York che negli anni ’70 era desiderosa di cambiare ma contro la volontà dell’America stessa, la scalciante voglia di vivere di alcuni giovani dell’epoca a cui però non veniva concesso lo spazio di esistere. Ma anche la depressiva morsa di tragici fatti, come la tossicodipendenza prima e l’AIDS dopo, che hanno decimato un’intera fascia di popolazione statunitense senza che lo Stato abbia mai fatto realmente nulla per impedirlo. Anzi, incentivando senza scrupoli la diffusione di strumenti che hanno contribuito all’espansione del danno (ed ecco dunque gli oppioidi e le responsabilità sanitarie della famiglia Sackler).

tutta la bellezza e il dolore

Tutta la bellezza e il dolore è perciò un documentario biografico, è sicuramente un documentario d’inchiesta, così come è anche un documentario dal valore sociale e antropologico che racconta un intero spaccato della Storia americana. E fa tutto questo attraverso la brillante intuizione di rendere protagonista non tanto Nan Goldin (che entra nel film con filmati di repertorio e attraverso un audio-racconto ininterrotto), bensì la sua Arte.

Per buona parte del suo minutaggio, infatti, Tutta la bellezza e il dolore procede attraverso la proiezione a schermo intero delle opere fotografiche (e solo in parte ridotta dei filmati amatoriali d’epoca) della Goldin accompagnante costantemente dal racconto della stessa. Attraverso i suoi scatti, che altro non sono che istantanee della sua giovinezza e della sua vita privata, Nan Goldin racconta la sua vita, i suoi sogni adolescenziali e le sue paure, ma anche il mondo artistico e tutta la subcultura di quegli anni fino ad arrivare al 2018 quando, con la sua associazione (PAIN – Prescription Addiction Intervention Now), ha organizzato un’importante protesta presso il MET di New York per denunciare l’operato dei Sackler così come le donazioni “sporche” effettuate da questa famiglia alle più importanti gallerie d’arte di tutto il mondo.

Laura Poitras racconta perciò la storia di una donna, ma anche una storia di morti e corruzione che poco si conosce (fuori dai confini americani), così come la Storia dell’America moderna.

tutta la bellezza e il dolore

Con Tutta la bellezza e il dolore l’autrice restituisce un’opera d’enorme valore artistico e culturale, un documentario così denso e ricco che offre un appagamento sensoriale pari a quello che potrebbe essere offerto da un ottimo lavoro di fiction.

In un mare magnum di documentari e docu-film dozzinali, molti di questi realizzati solo per rimpolpare il catalogo di blasonate piattaforme e per rincorrere un intrattenimento sensazionalistico e tendente al trash, Laura Poitras con Tutta la bellezza e il dolore sembra volerci ricordare quale è e quale deve essere il valore artistico di un vero documentario.

Vincitore del Leone d’Oro a Venezia 2022, candidato ai prossimi Oscar nella categoria miglior documentario, Tutta la bellezza e il dolore sarà in sala dal 12 marzo 2023 per soli tre giorni come film evento grazie ai canali distributivi di I Wonder Pictures.

Se davvero amate il cinema documentario, allora questo firmato da Laura Poitras è un’opera assolutamente imperdibile.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un documentario completo e complesso, realizzato con enorme maestria da una documentarista che ama e rispetta il linguaggio espressivo di questa particolare forma d’Arte.
  • La volontà di approfondire la vita di Nan e l’America moderna attraverso il racconto delle opere fotografiche dell’artista.
  • Coinvolgimento elevatissimo e momenti di notevole emozione.
  • Se state cercando un documentario sensazionalistico ed effimero come quelli vomitati da Netflix negli ultimi tempi, allora forse questo non fa troppo al caso vostro.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Tutta la bellezza e il dolore (All the Beauty and the Bloodshed), la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.