Un amico straordinario, la recensione

Prima di avvicinarsi o subito dopo aver visto il film di Marielle Heller, bisogna fare un piccolo sforzo di contestualizzazione per capirlo del tutto. Fred Rogers è un leggendario conduttore televisivo americano che con il suo show Mister Rogers’ Neighborhood, andato in onda per 31 stagioni per oltre 900 episodi, ha educato adulti e bambini di ogni età e ceto sociale offrendo una casa dietro lo schermo in cui rifugiarsi dalla vita reale. Insomma, è come se si mettessero insieme i personaggi dell’Albero Azzurro, del Fantabosco, Piero Angela, Pippo Baudo e il maestro Manzi all’interno di un singolo essere umano in carne ed ossa e lo si piazzasse davanti alle telecamere.

Un uomo circondato da un alone di santità laica, un santone senza implicazioni mistico-esoteriche o se preferite un personaggio lawful good in termini di RPG. Di cosa può parlare un film riguardante una simile creatura? Come imbastire un arco narrativo in assenza non soltanto di grigi ma soprattutto di neri? Un amico straordinario punta tutto sugli effetti del mito interpretato da Tom Hanks su un giornalista scettico e miscredente per professione, nel caso specifico Matthew Rhys (The Americans), alla sua personalissima prova del costato.

Un amico straordinario

Il film si concentra sul potere fatto di gentilezza, cordialità e franchezza che Fred Rogers ha avuto nelle case di milioni di americani, cercando di ricostruire l’uomo dietro l’aura e dietro il piccolo schermo. Ogni aspettativa di un passo falso o di uno scheletro nell’armadio viene costantemente frustrata da una purezza quasi stucchevole, se non si è a conoscenza del personaggio e ci si limita alle informazioni fornite dal film stesso.

Un amico straordinario è un omaggio a una pietra miliare della televisione pubblica americana, ma la potenza originaria non riecheggia allo stesso modo oltreoceano. Non si può godere appieno dell’amico straordinario che hanno avuto a disposizione per quasi 50 ininterrotti anni negli Stati Uniti risolvendo la questione con un film incentrato sull’articolo di Tom Junod pubblicato da Esquire nel 1998. È un’angolazione significativa per un pubblico già in sintonia con un pilastro culturale, desideroso di conoscerlo in maniera non banale, ma sbrigativa e superficiale per chi non ha familiarità con il milieu culturale a stelle e strisce.

un amico straordinario

In fin dei conti, Un amico straordinario è un buon compendio di una parentesi felice della storia culturale americana, ma che manca del manuale di riferimento su cui è possibile farsi un’idea chiara e precisa di un argomento specifico. Non si può parlare di film brutto o di un film carente in alcune delle sue parti. Tutto passa in secondo piano a causa dell’anello mancante che porta a scegliere questo spettacolo in sala piuttosto che un altro, lasciando con quel sentore di aver partecipato ad un concorso senza averne letto prima accuratamente il bando.

Andrea De Vinco

PRO CONTRO
La coincidenza tra l’aura di Tom Hanks e quella di Fred Rogers. Il quadro generale mancante cui sottintende il film.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Un amico straordinario, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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