Una boccata d’aria, la recensione

Nel cuore di Milano c’è una pizzeria, “I Gelsi”, che vanta di fare la miglior pizza della Lombardia. Il locale è gestito da Salvatore Macaluso, detto Salvo, un siciliano emigrato al nord quando era poco più che adolescente per inseguire sogni e successi. Adesso Salvo gestisce la pizzeria con la moglie Teresa e il figlio Enzo mentre Emma, la figlia più grande, sta per conseguire un master in Olanda. Tutto sembra apparentemente felice nella vita di Salvo ma purtroppo così non è. Per mantenere attivo il locale, infatti, l’uomo si è duramente indebitato con un’usuraia e adesso non ha la più pallida idea di come pagare i suoi debiti. La soluzione a tutto arriva una sera, all’improvviso, quando Salvo riceve la telefonata del notaio che lo informa della morte dell’anziano padre con cui Salvo ha da tempo tagliato ogni legame. Una notizia amara, certo, ma anche una boccata d’aria. Dopo tantissimi anni, Salvo fa ritorno al suo paesino siculo d’origine per riscuotere l’eredità lasciatali dal padre: un grande casale di campagna pronto per essere venduto e tirare su quella somma in denaro che gli risolverà ogni problema. Ma le cose, ovviamente, non sono così semplici e Salvo dovrà scontrarsi con la volontà del fratello minore, Lillo, un burbero contadino che non parla con Salvo da anni e che ha ben altri piani per l’eredità paterna.

Abbiamo da tempo costatato che se parliamo di nuova commedia all’italiana a spiccare, oggi, è senza ombra di dubbio la casa di produzione Grøenlandia di Matteo Rovere e Sydney Sibilia, che nell’arco di pochissimi anni ha saputo sfornare una serie di operazioni vincenti capaci di ridefinire i confini della nostra comicità. Senza scomodare la trilogia cult Smetto quando voglio diretta dallo stesso Sibilia, alludiamo a film come Il Campione, Marilyn ha gli occhi neri e il recentissimo – nonché bellissimo – Settembre diretto da Giulia Steigerwalt. Tutti film desiderosi di abbracciare uno svecchiamento artistico, di modificare i tratti somatici della nostra commedia all’italiana e, pertanto, di lasciarsi alle spalle quelle lezioni di cinema impartite dai nostri maestri del passato e che mai saranno dimenticate.

Lo scopo di Grøenlandia sembra essere chiaro: mettere in piedi una nuova commedia (all’italiana) pronta a guardare al panorama internazionale, più giovane nei linguaggi e nei temi affrontati, in cui l’esistenzialismo e i “mostri” interiori rubano la scena agli equivoci, alla gag fisica e alla battuta cinica intavolata nel momento giusto.

Chapeau a Rovere e Sibilia che in pochissimi anni sono riusciti a fare, per la nostra commedia, molto di più di quanto abbiano fatto tanti commedianti italiani (anche più affermati di loro) nel corso di interi decenni.

A poco più di un mese dall’uscita nelle sale dell’entusiasmante – e già citata – opera prima di Giulia Steigerwalt, e a poche settimane dall’ingresso ufficiale della stagione estiva, Grøenlandia sforna una nuova commedia che ha tanto il sapore dell’operetta minore. Quel film che, probabilmente, ci si ritrova a produrre per ragioni trasversali che non necessariamente hanno a che fare con la reale bontà del prodotto. Un film piccolo a tutti gli effetti, privo di quell’ambizione artistica che abbiamo appena finito di attribuire alla casa di Rovere e Sibilia e senza alcun dubbio molto più allineato a certi meccanismi tipici della “vecchia” commedia Made in Italy.

Esce nelle sale Una boccata d’aria, opera seconda del giovane Alessio Lauria che arriva dopo il semi-sconosciuto e orwelliano Monitor (2015) ma soprattutto dopo Sotto casa, brevissimo e premiatissimo cortometraggio del 2011 che ha procurato a Lauria una certa credibilità nonché il lasciapassare verso il cinema mainstream.

Ma Una boccata d’aria è anche il secondo tentativo, da parte del cinema italiano, di provare a mettere in piedi una carriera da solista ad Aldo Baglio, l’inconfondibile e amabile “terrone milanese” che ha segnato in modo indelebile l’immaginario umoristico di intere generazioni insieme ai suoi due compagni d’avventura Giovanni Storti e Giacomo Poretti.

Nel 2019 Aldo Baglio aveva già avuto modo di esordire in solitaria con il brutto Scappo a casa di Enrico Lando, una commedia sul razzismo che pagava il pegno di una scrittura fiacca e poco ispirata, persa fra mille banalità e sicuramente non adatta a far emergere e valorizzare l’innegabile verve comica di Aldo.

Adesso la storia si ripete con Una boccata d’aria. Sarà forse ancora una volta per colpa degli sceneggiatori Valerio Bariletti e Morgan Bertacca (gli stessi di Scappo a casa, appunto) che non riescono a mettere bene a fuoco le virtù e i limiti del loro mattatore, ma il risultato è davvero poco dissimile da quello raggiunto nel 2019 dal film di Lando. Ancora una volta, infatti, Aldo Baglio si rivela una spalla che tenta di assurgere al ruolo di protagonista finendo però per mancare il bersaglio. Continuamente spaesato sulla scena, spesso confinato “all’angolo” dai caratteri secondari, alla sua seconda opera da solista Aldo Baglio continua ad essere un protagonista che non c’è. È evidente, a questo punto, che il suo talento comico riesce ad emergere – nel modo corretto – solo grazie ai tempi restituitigli da Giovanni e Giacomo.

Ma i problemi che gravano su Una boccata d’aria vanno ben oltre il suo protagonista e si lasciano individuare proprio in una corposa inconsistenza di fondo che ammanta l’intera opera.

Quella che Alessio Lauria dirige, infatti, è una classicissima favola contemporanea di redenzione e di (ri)scoperta delle proprie origini, un film che si barcamena in quell’agrodolce linguaggio tanto caro alla nostra commedia all’italiana in cui l’obiettivo ultimo da raggiungere è la riscoperta dei veri valori (che sono quelli famigliari) lasciati per troppo tempo all’ombra di quell’ideologia arrivista che spinge spesso l’essere umano a rincorrere avidamente la gloria. L’uomo affamato di successo che, attraverso una serie di rocambolesche avventure, si ritrova faccia a faccia con il proprio passato con l’inevitabile riscoperta di sé stesso e dei giusti valori da perseguire. Una parabola vecchia come il cinema, ovviamente, posta alla base di tantissima commedia all’italiana (basti pensare alle ormai iconiche maschere ciniche di Sordi o Gassmann) e che in Una boccata d’aria torna protagonista attraverso un meccanismo narrativo che si adagia sui fin troppi abusati stereotipi fra nord e sud.

Ancora una volta, infatti, Lauria ci racconta di un nord Italia ricco, effimero e abbastanza arrivista che deve contrapporsi ad un sud arretrato, fortemente agricolo, tanto corrotto quanto sano nei principi più basilari. A queste tematiche, inoltre, ci affianca quella relativa all’inseguimento dei propri sogni, al difficile rapporto tra padri che si ostinano a non voler capire i propri figli ma anche a quel delicato incontro/scontro, indubbiamente più interessante, che può sorgere tra fratelli un tempo simili ma oggi culturalmente diversi.

Tanta carne al fuoco che purtroppo non riesce a cuocersi nel giusto modo. Vedendo Una boccata d’aria si ha continuamente la sensazione di assistere ad una storia già raccontata mille altre volte, priva di veri guizzi creativi, e quindi farcita con tante inutili sottotrame solo per nascondere una banalità di fondo che comunque emerge con prepotenza.

Nonostante i mille intrecci, qualche colpo di scena e un passato che emerge a poco a poco grazie all’utilizzo di flashback, Una boccata d’aria rimane un film dritto come una tavola da surf che non riesce mai a trovare la sua personalità né nelle situazioni comiche, poco ispirate, e nemmeno nella caratterizzazione dei suoi personaggi, tutti abbastanza bidimensionali.

Tra un Aldo Baglio smarrito, una Lucia Ocone che ci crede poco e un Tony Sperandeo che continua ad interpretare sé stesso, ne esce bene solo Giovanni Calcagno, che nel film interpreta il fratello Lillo, che sembra essere l’unico capace di proporre un personaggio con le giuste sfumature interpretative.

Possiamo quindi considerare Una boccata d’aria una sorta di passo indietro (per non dire un passo falso) in questo delizioso percorso nella commedia all’italiana moderna portato avanti da Grøenlandia? Assolutamente si! Una boccata d’aria è una commedia vecchia che arriva nella filmografia produttiva di Matteo Rovere al momento decisamente sbagliato.

Ma inciampare è umano, si sa.

Ci si augura solamente che episodi come questo possano rimanere isolati e che Grøenlandia torni presto a stupire con prodotti freschi e capaci di portare avanti quella personalissima visione di cinema a cui ci sta abituando.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
Un paio di situazioni ironiche mandate a segno.

Giovanni Calcagno è un attore in crescita e che qui riesce a rubare continuamente la scena a tutti.

Aldo Baglio è un protagonista non pervenuto.

Una storia banale su cui si erige un film concettualmente e produttivamente vecchio.

Tanta, troppa superficialità su ogni cosa.

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