Vacanze ai Caraibi, la recensione

Quest’anno la guerra dei Cinepanettoni si è fatta più subdola che mai!

Già lo scorso Natale il gioco che coinvolge il cinema comico italiano da oltre trent’anni si era complicato più che in passato, dal momento che il licenziamento del regista Neri Parenti da parte di Filmauro aveva creato un’Idra Bifronte che da una parte aveva il cinepanettone De Laurentiis tradizionale con il film di Volfango De Biasi Un Natale Stupefacente, con Lillo e Greg, dall’altra il film episodico e corale di Neri Parenti, Ma tu di che segno 6?, con il rispolvero di Massimo Boldi. Il 2015, però, al ritorno di Lillo e Greg con Filamuro (Natale col Boss) si contrappone un Neri Parenti agguerritissimo che riprende le redini del film vacanziero natalizio old style, quello dei tempi d’oro del cinepanettone. Con Vacanze ai Caraibi, infatti, si torna a quella formula precedente allo stravolgimento degli ultimi tre anni, quando si è abbandonato il filone del Natale a… e si è passati all’episodico decontestualizzato. E per far questo, Parenti ha le spalle coperte da Medusa e da Wildside, casa di produzione che vede in pista quel Fausto Brizzi che mosse i primi passi proprio nei cinepanettoni in qualità di sceneggiatore. Il risultato è un film in linea con quanto si è fatto tra la fine degli anni ’90 e la prima decade del 2000, risate di stomaco, demenzialità genuina e una vagonata di volgarità.

Quest’ultimo punto è cruciale: la volgarità.

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Vituperati in lungo e in largo dalla critica che solitamente applaude Nanni Moretti e probabilmente dei film di Parenti ne ha visto qualche scena cambiando canale in tv, i cinepanettoni hanno subito negli ultimi anni un addomesticamento che non gli apparteneva; una sorta di “riabilitazione” indotta dalla voglia di piacere ad “altri” con l’auto-condanna della volgarità. I culi e le scorregge hanno lasciato il passo a dinamiche famigliari para televisive di cui, francamente, il target di riferimento non sa che farsene, con la conseguenza che ne sono venuti fuori film scemi e poco divertenti. Con Vacanze ai Caraibi c’è stata sicuramente un’azione di consapevolezza e così si è tentato di tornare sui propri passi, abbondando in quelle situazioni che hanno portato al successo questo particolare filone della commedia italiana.

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Vacanze ai Caraibi (che nel sottotitolo fa Il film di Natale, se qualcuno non comprendesse l’intento) si articola in tre storie non collegate tra loro. Mario Gossi Tubi (Christian De Sica) è in grave crisi economica: ridotto sul lastrico, viene a sapere che sua figlia, che fa la ricercatrice ai Caraibi, si è fidanzata con un ricco uomo d’affari italiano (Massimo Ghini), di circa 35 anni più grande di lei. Prima riluttante all’idea di dare la sua bambina a un suo coetaneo, intravede l’occasione di risolvere i suoi problemi economici grazie al futuro genero.

Fausto (Luca Argentero) è un uomo grigio dall’esistenza ancor più grigia; Claudia (Ilaria Spada) una coatta che vive alla giornata. Tra i due, che si trovano nella stessa crociera ai Caraibi, scatta il colpo di fulmine, anche se sono entrambi sposati.

Adriano (Dario Bandiera) è un tecnomane in trasferta a Santo Domingo per l’expo tech, una fiera internazionale che raccoglie tutte le novità nel campo informatico e tecnologico. Quando Adriano naufraga, sarà dura per lui disintossicarsi dalla tecnologia.

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Rispettando un canovaccio ben preciso e degli archetipi caratteriali che il pubblico già conosce, Vacanze ai Caraibi presenta quell’altalenante qualità che va da episodio in episodio. È piuttosto evidente che il cavallo di battaglia del film è il ritorno della coppia De Sica/Ghini, in forma smagliante e pronta a mietere tante di quelle risate da far sentir male lo spettatore. Loro sono la vera anima del film, quell’anima intrisa di battutacce e scorregge che si diceva su, con una serie di situazioni pecorecce che fanno ridere davvero. Loro sono l’Italia cialtrona, la volgarità della classe arricchita, l’ostentazione di ciò che non si possiede. Non si riesce mai a tifare per loro, anzi si gode a vederli in difficoltà sempre più estreme e il cinismo, nonché il politicamente scorretto, di cui si fanno portatori raggiunge qui apici raramente visti fino ad ora.

Poi c’è il resto, due storielle esili che si trovano all’ombra dell’episodio su citato. Da una parte abbiamo l’accoppiata Argentero/Spada, dove il primo è decisamente fuori posto e la seconda capace di trasformare la sua cagneria recitativa in pregio. Si ride pochissimo e, alla fine, si ricorda soprattutto il fondoschiena di Ilaria Spada.

Il terzo episodio è riuscito a individuare una delle più macroscopiche manie degli italiani, la tecnologia, e trasformarla in una barzelletta che si regge tutta sul talento di Dario Bandiera. Il comico e rumorista siciliano ripropone alcuni pezzi da cabaret, ma non ha la verve per reggere un intero episodio e alla fine si sorride ma, usciti dalla sala, ci si dimentica quasi tutto.

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Se si dovesse tirare una somma, il risultato non sarebbe di certo positivo, ma con Vacanze ai Caraibi ci si diverte e soprattutto si può nuovamente ridere alle battute di Christian De Sica, che questa volta compare anche tra gli sceneggiatori del film. Insomma, il “cinepanettone” (anche se così non potremmo chiamarlo, visto che De Laurentiis non c’entra nulla) è tornato alla sua formula di successo, nel bene e nel male.

Detrattori astenersi.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il segmento con Christian De Sica e Massimo Ghini fa ridere.
  • Si raggiunge la consapevolezza di cosa è DAVVERO il cinepanettone e su questo Parenti gioca, comparendo anche in una scena post credits.
  • Tolto l’episodiocon De Sica e Ghini, c’è il nulla.
  • Chi non è appassionato del cinema scorreggione si troverà di fronte un film che, obiettivamente, fa ribrezzo.
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