Venezia 72. De Palma

E’ stato presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il documentario De Palma, diretto da Noah Baumbach e Jake Paltrow e dedicato all’iconico regista di Gli Intoccabili e Scarface. In questa felice occasione, Brian De Palma ha anche ricevuto il prestigioso premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2015.
De Palma è un prodotto fresco e accattivante, in cui il cineasta americano si racconta lucidamente, condividendo frizzanti aneddoti sulla sua esperienza di filmaker emergente negli anni Settanta. Nel ripercorrere la sua succosa filmografia, accenna anche alla propria poetica registica, al controverso rapporto con le major e a quello, profondissimo, col cinema del maestro Alfred Hitchcock.
Baumbach e Paltrow, dal canto proprio, optano per un approccio alla regia decisamente minimalista. Lasciano che De Palma, seduto in poltrona, si confidi direttamente con lo spettatore, tra un’immagine di repertorio e l’altra, in una chiacchierata sincera e senza orpelli.

Brian De Palma, ben quattro decenni di carriera alle spalle, ricorda, ironizza, si sfoga. Snocciola un racconto dietro l’altro senza peli sulla lingua e con tale spontaneità che i 107 minuti di durata della pellicola finiscono per non pesare affatto.  Si ha l’impressione di conoscerlo da sempre e, al tempo stesso, si sta ad ascoltarlo, ammaliati. Un monologo costellato da geniali dichiarazioni (‘fare film è un po’ come tenere traccia di tutti i compromessi che hai accettato nel corso della tua vita’); un bilancio di un’esistenza inscindibile dall’arte cinematografica; una finestra su luci e ombre di un mondo, quello della settima arte, che non perdona. De Palma lo dipinge, talvolta con malcelata amarezza, come un microcosmo in cui, per far valere le proprie velleità, bisogna lottare con le unghie e con i denti. E lui, che lo sa forse meglio di tutti, ammette i propri scivoloni, non senza una punta di rammarico, ma rivendica anche i propri successi.

Venezia72 de palma scarface

La sua spassosa schiettezza, infatti, non risparmia nemmeno se stesso, che riflette con umiltà sul proprio passato, confessa dove e in che modo avrebbe potuto fare meglio, ammette che la pazienza proprio non è la sua virtù. Queste componenti fanno di De Palma un documentario straordinariamente onesto e umano. E’ un prodotto godibile e ricco di stuzzicanti curiosità tanto per gli inossidabili appassionati del cinema di De Palma che per coloro che non posseggono che una conoscenza superficiale delle opere di questo eccezionale autore. Tra le altre notizie, il pubblico scoprirà che Orson Welles aveva una pessima memoria; che Cliff Robertson non era affatto un simpaticone; che a Steven Spielberg si concede tutto. Rimarrà deluso chi, invece, si aspettava di assistere a una classica e canonica master class sul cinema.

Venezia72 de palma carrie

In quest’ultimo aspetto si cela il più evidente limite del progetto. De Palma si sofferma diffusamente sulle difficoltà degli esordi, sulla genesi di progetti come Carrie o Mission Impossible, sul progressivo distacco dalla opprimente realtà di Hollywood. Tratta e ripercorre approfonditamente il proprio cinema, ma non aggiunge granchè sul Cinema nel senso più profondo ed esteso del termine. E si sente la mancanza di interventi inerenti a questa sfera da parte di questo signore di ormai 75 anni che, ci scommettiamo, avrebbe eccome da dissertare in merito! La scelta di focalizzare prevalentemente l’impianto discorsivo su indiscrezioni e aneddoti potrebbe non soddisfare a pieno la curiosità di una consistente fetta di pubblico.

Malgrado la dimensione individuale sia preponderante, nel complesso non si può che apprezzare questo semplice ma efficace compendio, del tutto privo di retorica celebrativa, della biografia artistica di  uno dei pionieri della Nuova Hollywood. Il ritratto di Baumbach e Paltrow è quello di un Brian De Pama impavido e impulsivo. Di un uomo eclettico che ha avuto il coraggio di osare e plasmare un intero immaginario. Un alfiere dell’eccesso che ha saputo imprimere con incredibile forza il proprio marchio autoriale a generi cinematografici che spaziano dal thriller alla fantascienza. Ai neofiti verrà immediatamente voglia di conoscere più a fondo e agli adepti duri e puri di rivedere ancora e ancora Vestito per Uccidere o Omicidio a luci rosse, arricchiti di nuova consapevolezza e dalle curiosità svelate direttamente da un gigante della storia del Cinema.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Un documentario frizzante e ricco di curiosità che intrattiene e informa.
  • Interessante e valido sia per i fan accaniti che per chi non possiede un’approfondita conoscenza della filmografia di Brian De Palma.

 

  • De Palma parla esclusivamente del suo cinema e troppo poco di Cinema in quanto arte del film.

 

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