Venezia 72. L’attesa

Dove sei?

Perché non mi rispondi?

Tua madre è strana…

Lei hai detto dell’estate scorsa?

 

Primo film italiano in concorso, L’attesa, opera prima di Piero Messina, ex assistente di Sorrentino, piace ma non convince appieno. Tuttavia, ha certe trovate narrative che potrebbero piacere ad alcuni membri della Giuria.

Francese ma emigrata in Sicilia, Anna trascorre le sue giornate nella solitudine dell’ambiente campestre in cui vive. Il suo unico contatto umano è il tuttofare Pietro. Proprio dopo aver seppellito il fratello, le giornate di Anna sono interrotte da un evento inatteso: l’arrivo di Jeanne, francese come lei e fidanzata di Giuseppe, il figlio di Anna. La ragazza è venuta lì su invito proprio di Giuseppe, di cui da tempo nessuno a notizie, ma che dovrebbe raggiungere la Sicilia per i festeggiamenti della Santa Pasqua. Subito tra le due donne si instaura un legame di amicizia, talvolta morbosa, che diventa sempre più profonda. Ma è un legame in cui è Jeanne ad essere tratta in inganno, all’oscuro dei segreti di Giuseppe, gelosamente custoditi da Anna. Le giornate passano, ma Giuseppe sembra non arrivare mai e l’attesa diventa sempre più lunga, come un limbo di solitudine in cui sono imprigionate le due donne.

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Molto liberamente ispirato a La vita che ti diedi di Pirandello, il film ha un impianto teatrale, pur non essendo affatto il surrogato di un’opera teatrale. E’ piuttosto il tentativo di creare una pièce per il grande schermo, partendo direttamente da quest’ultimo.

Il film vanta una notevole narrazione per immagini, scandita da ritmi meccanici e ricca di dettagli. E’ come leggere le pagine di un romanzo, in cui Messina gioca con lo spettatore, inscenando un originale meccanismo di mistero.

l'attesa 2

Questo meccanismo, portato sapientemente avanti per tutto il film, si rivela, a un certo punto, pericoloso e rimane irrisolto. E’ come se il regista agisse a lungo alle spalle dello spettatore, rimandando ogni volta il faccia a faccia finale, a cui finisce per non presentarsi. E, infatti, il film termina con l’attraversamento di una porta, un’uscita di scena, quasi fosse una fuga dello stesso regista. Che abbia voluto far provare allo spettatore il senso dell’attesa? E’ un’ipotesi plausibile, ma il film non fornisce abbastanza elementi interpretativi e il senso rimane incolto. Inizia con degli interrogativi e termina con degli interrogativi irrisolti, che, più che spingere lo spettatore ad una riflessione, finiscono per spiazzarlo.

Claudio Rugiero

PRO CONTRO
  • C’è una narratività coinvolgente, che sfida l’iniziale lentezza.
  • Juliette Binoche e Lou de Laage formano un’ottima accoppiata.
  • I personaggi sono definiti a fondo ed emergono con i tempi giusti.
  • E’ un copione scritto appositamente per Juliette Binoche e questo si vede un po’ troppo: una scena è perfino identica, per situazione e inquadrature, ad una di “Sils Maria”.
  • Alcune scelte registiche rimangono senza risposta.
  • Le situazioni non sempre sono all’altezza dei personaggi.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Venezia 72. L'attesa, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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