L’ufficiale e la spia – J’accuse, la recensione

j'accuse

L’ignoranza, che grande risorsa. Una persona ben informata sull’affaire Dreyfus difficilmente vivrà questo thriller spionistico con il medesimo trasporto di chi ne ignora i rivolgimenti e le sentenze. Allo stesso modo conviene ignorare le polemiche che hanno circondato Roman Polanski (l’uomo, non il regista) durante la 76^ Mostra del Cinema di Venezia. Ciò che non può essere ignorata è la qualità di questo film.

Un soldato viene degradato dinanzi ai commilitoni: decorazioni strappate, sciabola spezzata. Il popolo vocia aldilà di una cancellata. Il soldato si sforza di mantenere un contegno dignitoso, ma i baffi fremono. Mentre si allontana con passo marziale dichiara a gran voce la propria innocenza. La gente non gli crede. Neanche i commilitoni sono dalla sua parte. Per tutti Alfred Dreyfus (Louis Garrel) è colpevole di tradimento.

Già dall’incipit J’Accuse – L’ufficiale e la spia esibisce lo smalto dei grandi film. La scena della degradazione è potente, diremmo quasi pittorica.

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Tra gli astanti troviamo Georges Picquart (Jean Dujardin), uno dei fautori dell’arresto di Dreyfus. La sua scarsa passione per la razza ebraica è cosa nota, ed è probabilmente in virtù di essa che viene scelto come nuovo capo del controspionaggio, dopo il congedo per malattia del predecessore. Eppure, udite udite, esistono razzisti capaci di ragionevolezza. Quando alcune prove suggeriscono che Dreyfus, ora incarcerato sulla piovosa Isola del Diavolo, potrebbe essere innocente, Picquart si lancia in una ricerca della verità che nessun pregiudizio, contrordine o minaccia sarà in grado di arrestare.

L’ufficiale e la spia riesce a essere un film attuale e alieno allo stesso tempo. Attuale, per il modo in cui l’informazione viene stravolta e contraffatta in nome di bieche agende politiche; aliena, per lo spirito che anima i protagonisti. Che sia la cieca obbedienza della soldataglia, o la moralità duttile delle eminenze grigie, o il rigore di un letterato, ogni personaggio è mosso da un senso del dovere difficilmente riscontrabile oggigiorno. Diverse idee di cosa debba essere l’esercito vengono a collidere in questo film, contrastanti, ma mai prive d’una qualche onorevolezza. Eppure, nonostante l’indole poco moderna dei personaggi, essi riescono a coinvolgere e appassionare, grazie a interpretazioni all’altezza di una sceneggiatura di prim’ordine. Su tutti Dujardin, capace di dare un volto credibile a un personaggio che poteva facilmente risultare stucchevole.

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La scena del celebre “J’accuse” di Zola, nella quale cogliamo i vari accusati nell’intimità della lettura del giornale, chi a colazione, chi nella vasca da bagno, resta memorabile per “l’orgasmo di giustizia” che è in grado di suscitare nello spettatore.

Alessio Arbustini

PRO CONTRO
  • Tutti i comparti dell’apparato cinematografico sono al meglio.
  • Preciso, moraleggiante, perfino istruttivo, senza risultare (troppo) pedante.
  • Appunto, un pochino pedante lo è, dai.
  • Richiede la sua buona dose di attenzione.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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L'ufficiale e la spia - J'accuse, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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