Venezia77. Lacci, la recensione

Ad aprire ufficialmente la 77^ Mostra del Cinema di Venezia è stato Lacci di Daniele Luchetti, un film italiano, cosa che non capitava dall’edizione del 2009 con Baaria di Giuseppe Tornatore. Con un cast pieno di volti noti del cinema italiano come Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Silvio Orlando, Laura Morante e Giovanna Mezzogiorno, Lacci è un dramma familiare ambientato tra Napoli e Roma negli anni ’80 e poi ai giorni nostri.

Il tema principale della pellicola è la famiglia e i lacci invisibili di cui questa è costituita. Vanda (Alba Rohrwacher) e Aldo (Luigi Lo Cascio) hanno due figli e vivono a Napoli negli anni ’80, nonostante il marito lavori in radio a Roma e sia quindi spesso lontano dal nucleo familiare. L’apparente stabilità viene però sconvolta quando Aldo rivela di essere stato con un’altra donna, causando dei momenti di tensione con la moglie Vanda. Ma nonostante l’allontanamento, quei lacci che legano i vari personaggi continuano ad esistere.

LACCI

I protagonisti, infatti, tra addii e riconciliazioni continuano a ripercorrere gli stessi errori, vittime della propria debolezza e dei propri sensi di colpa, costringendosi in una vita scialba, senza amore, senza progetti e piena di rimpianti verso ciò che sarebbe potuto essere se avessero avuto la forza di affrontare le cose in modo diverso invece di continuare a fuggire e a subire la vita. Aldo si sente imprigionato nel rapporto con Vanda ma non ha mai veramente la forza di liberarsi e in nome di quei sensi di colpa che lo affliggono, nei confronti della moglie ma soprattutto dei figli – quei legami stabili che non ha mai avuto con Lidia (Linda Caridi) con cui a Roma ha trovato l’amore – nel nome dei quali si è “sacrificato” insieme a Vanda per tutta la vita, per poi scoprire che quelli ad aver sofferto di più di questa costrizione sono stati proprio loro, tormentati dai continui litigi e dall’instabilità della situazione familiare.

Lacci

Nonostante le tematiche interessanti però spesso il film cade nel melenso, preferendo ad uno stile realistico e quotidiano uno stile un po’ troppo romanzato e soprattutto troppo onesto, nel quale i personaggi parlano tra loro in maniera quasi irrealistica, troppo diretta, in contrapposizione con le tematiche che vorrebbe trattare. Il concetto principale poi, quello dei lacci del titolo, viene ripreso così tante volte e con così tanta insistenza, fino a dare una rappresentazione fisica che viene ripetuta ancora più e più volte verso la fine del film, da sembrare quasi comico, come se il regista fosse preoccupato che lo spettatore non sia abbastanza in grado di capire il concetto che in realtà era perfettamente comprensibile fin dalle prime scene, senza troppo bisogno di spiegarlo. Le interpretazioni poi non sono indimenticabili, se non forse per quella di Silvio Orlando che interpreta un Aldo ormai anziano, stanco e pieno di rimpianti nascosti in una scatola magica che riteneva impenetrabile fino a quando tornando a casa dopo un viaggio con la moglie, i due ritrovano la loro abitazione messa totalmente a soqquadro.

Lacci

Lacci ha sicuramente dei meriti, è un film godibile, con un buon ritmo, forte emotivamente, con delle tematiche interessanti, e pieno di simboli (spesso un po’ troppo espliciti) ma ha anche dei difetti che ne indeboliscono il risultato finale, mantenendo quella sensazione di già visto tipica di molti film drammatici italiani.

Mario Monopoli

PRO CONTRO
  • La tematica principale è ben approfondita.
  • Narrazione non lineare cronologicamente che mantiene l’interesse fino al finale.
  • Simbolismo a volte eccessivamente spiegato.
  • Dialoghi spesso troppo diretti in contrapposizione con il tentativo di raccontare la quotidianità familiare.
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Valutazione: 5.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Venezia77. Lacci, la recensione, 5.5 out of 10 based on 2 ratings

One Response to Venezia77. Lacci, la recensione

  1. Jade ha detto:

    Un mio amico, solo guardandone la locandina, si espresse così: «Sembra uno di quei drammoni italiani, in cui ci sono corna, scene di pianto e litigi tra familiari, il tutto condito da un marcato accento romano o napoletano degli attori che non fa capire niente. Roba già vista, insomma.» E infatti…

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