Vizio di forma, la recensione

Una sorpresa inaspettata coglie assolutamente impreparato il detective privato Larry ‘Doc’ Sportello (Joaquin Phoenix): una donna riappare improvvisamente dal suo passato, e non una donna qualunque, bensì Shasta Fay Hepworth (Katherine Waterson), vecchia fiamma forse mai sopita. Shasta ha bisogno del suo aiuto, vuole che indaghi sulla scomparsa del re dell’immobiliare Mickey Wolfmann, del quale è diventata l’amante, e che ella sospetta sia stato rinchiuso dalla moglie, contro la propria volontà, in un centro d’igiene mentale. Per Doc, arruffato hippy strafatto, sarà l’inizio di un tragicomico incubo lisergico, in cui troveranno spazio FBI, sedicenti dentisti eroinomani, donne orientali dalla dubbia moralità e molto altro ancora.

L’arguto e vulcanico regista P. T. Anderson trasforma le pagine di Thomas Pynchon in una surreale odissea noir, calata nello psichedelico caos della California degli anni Settanta e popolata da allucinati protagonisti. L’aggrovigliato intreccio si snoda – o, sarebbe più corretto scrivere, si annoda – su più livelli narrativi, offrendo altrettante chiavi di lettura, ed è imperativo che lo spettatore si accosti alla visione armato di un’assoluta concentrazione. Altrimenti, il rischio di perdere il filo è più che mai in agguato. Le ricerche di Doc, infatti, s’incroceranno con numerose realtà più o meno improbabili, pronte a fornire indizi o a confondergli ulteriormente le idee, e con i destini di bizzarri personaggi. Tra questi, Christian “Bigfoot” Bjornsen (Josh Brolin), poliziotto sempre pronto a mettergli i bastoni fra le ruote.

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Trattandosi, di fatto, di un film corale, gran parte del merito della pellicola risiede nelle buone interpretazioni offerte dal cast stellare. Il sempre impeccabile Joaquin Phoenix è più che mai a suo agio nei panni del trasandato e indolente investigatore che non dice mai di no a uno spinello. I duetti con Brolin, inoltre, danno vita alle sequenze meglio riuscite del film grazie all’ottima alchimia tra i due interpreti e a un’efficace ironia. Si ritagliano ruoli gustosi anche Owen Wilson, che interpreta il sassofonista Coy Harlingen, e Martin Short, nei panni del viscido dentista Rudy Blatnoyd. C’è anche spazio, cosa insolita nella filmografia di Anderson, per una vasta gamma di figure femminili, tra cui la misteriosa Sortilege (Joanna Newsom), impalpabile grillo parlante nonché voce narrante del film.

Parabola ipertrofica di un lucido delirio, detective story confusa e ingarbugliata, Vizio di Forma si distingue anche per il vigore e la precisione con cui riesce ad affrescare un’intero periodo storico, non troppo lontano cronologicamente, mai così remoto ideologicamente. E lo dipinge attraverso i colori nostalgici di azzeccatissime scelte musicali, con sfumature di romanticismo in qualche scorcio panoramico e, soprattutto, grazie alla grande cura per il dettaglio riservata a trucco, costumi e location, accurati ed evocativi. Questa variopinta poliedricità rispecchia quella della diegesi e conferma come l’ultima fatica di Anderson sia dotata di una eccezionale forza trascinante, madida di spunti e suggestioni.

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C’è però da aggiungere che il plot, in virtù della complessità cui si accennava poco sopra e dei quasi 150 minuti di durata, lascerà sicuramente perplesso lo spettatore più affezionato a un cinema narrativo lineare, che potrebbe non riuscire a raccapezzarsi dietro all’infinità di linee secondarie in cui la trama si dipana. D’altra parte, potrà apprezzare la celebrazione di un’epoca ormai tramontata, la forza travolgente dei dialoghi, la bonaria presa in giro della cultura hippies e dei suoi seguaci: lerci sognatori imbottiti di stupefacenti, ma anche sensibili inseguitori di un’utopia inevitabilmente destinata a cozzare contro l’impersonale e fin troppo concreto mondo delle istituzioni, in cui non c’è spazio per gli idealisti.

Una scrupolosa cura formale, qualche sequenza destinata a diventare cult e una storia ricca tanto di colpi di scena che di contenuti fanno di Vizio di Forma un prodotto sicuramente non per tutti, ma senz’altro da scoprire. Valga per gli amanti del cinema di Anderson, per i neofiti e per chi, al cinema, ha voglia di esser messo alla prova con una stimolante sfida. Astenersi perditempo.
Il film è in sala dal 26 febbraio, distribuito da Warner Bros.

Chiara Carnà

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Vizio di forma, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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