WandaVision: la Fase 4 dell’MCU passa dal tubo catodico

Quando Iron Man innescò la miccia nel 2008, nessuno era consapevole ancora che quello sarebbe stato il primo step di un vero e proprio universo cinematografico strutturato in fasi e ancora vivissimo dopo tredici anni di ininterrotti successi. Ma nel corso di questo tempo, il linguaggio mediale è mutato velocemente e sono cambiati anche i mezzi per fruirne: così, dal predominio del formato “film” nella vita spettatoriale di tutti noi si è insinuato sempre più prepotentemente quello della “serie tv” e dalla centralità della sala cinematografica si è andati verso la fruizione casalinga sulle piattaforme streaming, un modo di guardare all’intrattenimento reso praticamente inevitabile anche dall’improvvisa deflagrazione della pandemia che ancora oggi dopo un anno non abbandona la nostra quotidianità.

Ed è stata proprio l’emergenza sanitaria in corso a portare scompiglio nei piani dei Marvel Studios facendo sì che l’inizio della Fase 4 del Marvel Cinematic Universe coincidesse proprio con la loro opera più sperimentale, sia a livello di linguaggio che di medium, WandaVision, la prima serie televisiva Marvel Studios ufficialmente inserita all’interno dell’MCU e utile a portarne avanti la narrazione. Ma appunto, secondo i piani iniziali, WandaVision non sarebbe dovuto essere l’ingresso alla Fase 4.

Dopo la coda della Fase 3 rappresentata da Spider-Man: Far From Home, pensato come anello di congiunzione con la fase successiva dopo che Avengers: Endgame aveva di fatto concluso un arco narrativo iniziato oltre 10 anni prima, i piani di Marvel Studios erano di alternare film per il cinema con miniserie incentrate su personaggi – diciamo – secondari per dar vita a una nuova progressione narrativa che avrebbe spinto il pubblico anche sulla neonata piattaforma streaming Disney+.

WandaVision

Tutto sarebbe iniziato nella primavera 2020 con un film, Black Widow, una dichiarazione d’intenti sulla voglia di scardinare l’ordine fino a quel momento consolidato partendo da un film che – dalle informazioni diffuse – avrebbe, almeno in parte, esplorato il passato e non il presente promuovendo a protagonista un personaggio fino ad ora fondamentale ma mai al centro di uno stand-alone. Il passo successivo sarebbe dovuto essere, nell’autunno 2020, una miniserie, The Falcon and the Winter Soldier, ambientata dopo gli eventi di Endgame e, dai rumors, direttamente collegata a Black Widow. Tutto questo, per motivi noti, non è accaduto e a dare il “la” alla Fase 4 è stata la seconda miniserie inizialmente in programma, WandaVision, una scelta molto rischiosa che sicuramente ha costretto i Marvel Studios a rivedere in parte anche i piani dell’assemblaggio narrativo della Fase.

(Proseguendo a leggere potreste trovare degli spoiler sui personaggi e sui risvolti della storia)

Una scelta rischiosa, dicevamo, perché WandaVision, fin dai primi episodi, si presenta chiaramente come un prodotto distante dagli standard a cui i film dell’MCU ci avevano abituato; un’opera che dichiara subito la sua diversità di linguaggio, apparentemente anche di target, imponendosi con un linguaggio altamente sperimentale che mette da parte le imprese superoistiche spettacolari ormai note per puntare su uno stile minimale ed elegante, oltre che sulla metatelevisione. Un innesco abbastanza shockante per lo spettatore medio del Marvel Cinematic Universe, tanto geniale nelle intenzioni “intellettuali” quanto azzardato per un effetto prevedibilmente repulsivo.

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Ci troviamo a Westview, una tranquilla e idilliaca cittadina del New Jersey e siamo negli anni ’50. Almeno così sembra. Attraverso un bianco e nero molto saturo e un aspect ratio 4:3, seguiamo le avventure quotidiane di Wanda e Visione, una coppia della middle-class che deve fare i conti con i piccoli e spensierati problemi quotidiani ma, soprattutto, con la difficoltà di nascondere ai concittadini i loro straordinari superpoteri. Ci sono i tempi delle vecchie sitcom del periodo, le gag ammiccanti e sopra le righe che oggi ci sembrano così assurde e perfino le risate fuori campo tipiche del pubblico in studio, come si usava all’epoca. Questa impostazione va avanti, con fugaci presagi di qualcosa che sta per accadere, per tre episodi di cui il terzo ci rivela – attraverso l’uso del colore – una progressione temporale attraverso i decenni (e il linguaggio specifico in itinere della sitcom) oltre che una effettiva evoluzione narrativa che introduce due bambini, figli di Wanda e Visione, Tommy e Billy, oltre che un epilogo che finalmente ci mostra l’altra faccia della medaglia rivelando cosa effettivamente stiamo guardando.

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Già da questo primo blocco di tre episodi capiamo che nella miniserie ideata da Jac Schaeffer, sceneggiatrice anche di Black Widow, e diretta interamente da Matt Shakman (Il Trono di Spade) c’è qualcosa che non funziona. Una miniserie di soli 9 episodi, della durata di circa 30 minuti l’uno, ci mette ben tre episodi (quindi circa un’ora e mezza) a mostrare le sue carte ed “entrare” nella storia. Perché, a differenza di quello che poteva sembrare inizialmente, WandaVision non si era ancora rivelato affatto e quello che accadrà dal quarto episodio in poi è il vero volto della serie, molto più vicina a quello che l’MCU ha solitamente offerto al suo pubblico. Ma la lunga attesa di tre episodi (a rilascio settimanale) senza una più consueta alternanza tra i punti di vista narrativi ha causato un muro fatto di false aspettative, per qualcuno entusiasta della sperimentazione, o respingimento, per la fanbase Marvel, che ha creato una base di schizofrenia narrativa alla serie.

Un problema di bilanciamento nel racconto che in effetti si è rispecchiato anche nei sei episodi successivi.

WandaVision

Dal quarto al settimo episodio, infatti, gli sceneggiatori si sono concentrati sul “fattore scatenante” mostrandoci sia cosa accade a Westview, con un progressivo approfondimento del passato di Wanda e il motivo per cui sta facendo quel che sta facendo, sia all’esterno, mostrando personaggi chiave come Monica Rambeau e dando spazio ad altri che abbiamo già conosciuto in altri film dell’MCU come la dottoressa Darcy Lewis (Thor) e l’agente Jimmy Woo (Ant-Man). Un blocco di episodi che ha tenuto fede al valore citazionista della serie, tornando a portare in scena i linguaggi della sit-com e perfino introducendo, con un memorabile cliffhanger, un personaggio di grande valore all’interno del genere cinecomic, il Pietro Maximoff interpretato da Evan Peters che era già comparso nella saga cinematografica degli X-Men, scatenando la fantasia dei fans.

WandaVision possiede, dunque, una parte centrale sicuramente più accattivante per il grande pubblico, che alimenta il mistero ma è anche più focalizzata sul tema portante della serie, senza rinunciare alla sua mission sperimentale. La classica quadratura del cerchio.

Il problema alla base di WandaVision si ripresenta con l’epilogo. Due episodi che riescono ad abbassare l’asticella qualitativa di una serie che non sembra avere un’adeguata gestione narrativa, soprattutto se intesa nei canoni della narrazione seriale.

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L’ottavo episodio ha un funziona ricapitolativa (non a caso si intitola “Negli episodi precedenti”) molto utile a parlare in maniera chiara a chi di fumetti non ne mastica e conosce i personaggi Marvel solo attraverso i film prodotto da Marvel Studios, ma allo stesso tempo un episodio troppo lungo (sono circa 45 minuti, il più lungo insieme al successivo) se pensiamo che è focalizzato esclusivamente sui flashback. La sensazione è quella di un riempitivo, un episodio filler, dal momento che le informazioni chiave elargite, spesso ridondanti, potevano tranquillamente essere condensate per dedicar maggior tempo e maggiore attenzione al vero epilogo della vicenda che, irrimediabilmente, appare troppo sbrigativo. E così l’episodio finale è un lungo scontro buoni vs cattivi con scene di media spettacolarità che, in termini di azione, non mostrano nulla che non si sia già visto nei film. Allo stesso tempo, alcuni personaggi che sembravano importanti (Darcy, Pietro, Hayward) vengono liquidati in pochissimi secondi ed altri, come Monica Rambeau, passano in secondo piano lasciando fin troppi punti oscuri da chiarire (ma sicuramente torneremo a vederli in azione), tanto che in alcuni casi appaiono quasi come buchi di sceneggiatura (come fa Monica ad acquisire quei poteri? Perché Visione si comporta in tale modo dopo aver riacquistato i suoi ricordi?).

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Insomma, il meccanismo scricchiola e quello che ci rimane delle circa cinque ore di WandaVision è una bella caratterizzazione di Wanda, soprattutto in relazione alle conseguenze dei lutti che ha subito, un personaggio molto sacrificato nella Saga dell’Infinito che finalmente ha avuto il trattamento che meritava, anche grazie a un’attrice straordinaria come Elizabeth Olsen che qui può mostrare un repertorio di stati d’animo e una presa di coscienza progressiva che ci dicono quanto sia capace e in sintonia con il personaggio. Possiamo dire la stessa cosa di Paul Bettany e il suo Visione, anche se in questo caso il confinamento a margine del personaggio nella Saga dell’Infinito era decisamente più comprensibile. Al contrario, non convince del tutto il villain Agatha Harkness che, come spesso è accaduto nei film dell’MCU, appare poco più che una miccia utile a far accendere la trama ma risulta poco interessante a causa di una caratterizzazione superficiale, nonostante la bella interpretazione (molto sopra le righe) di Kathryn Hahn.

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Quello che probabilmente ricorderemo di più di WandaVision, oltre ai folli primi episodi, è il modo con cui sono state gestite alcune false piste perché questa serie, a conti fatti, non è servita a portare davvero la storia generale dell’MCU verso uno step successivo, come hanno fatto i film della Fase 2 e della Fase 3; bensì, allo scorrere dei titoli di coda del nono episodio (a proposito, aspettate fino alla fine che ci sono scene bonus) abbiamo capito che WandaVision non è altro che l’origin-story di Scarlet Witch! Sicuramente una bella intuizione per dare il giusto background a un personaggio (anzi, la sua evoluzione) che sarà importante in futuro, ma anche una serie tanto incerta sulla sua identità narrativa, non davvero sperimentale come poteva sembrare nei primi episodi, ma abbastanza standard per i canoni dell’MCU e semplicemente pasticciata, con tempi sbagliati e un punto focale che arriva troppo tardi per trovare il giusto sviluppo.

Il prossimo passo nella Fase 4 sarà un’altra miniserie, The Falcon and the Winter Soldier che sbarcherà su Disney+ dal 19 marzo 2021.

Roberto Giacomelli

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