Yara, la recensione

Era il 26 novembre 2010 quando Yara Gambirasio di tredici anni scompare misteriosamente senza lasciare traccia. La ragazza abitava a Brembate di Sopra, un comune poco distante da Bergamo. Il suo corpo verrà ritrovato esattamente tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in evidente stato di decomposizione, in un campo aperto a Chignolo d’Isola, poco distante da Brembate di Sopra.

Il dodicesimo lungometraggio diretto da Marco Tullio Giordana si intitola Yara e ripercorre una delle storie di cronaca nera più note degli ultimi anni, ricostruendo la ricerca per l’identificazione di Ignoto 1, l’assassino di Yara, portata avanti caparbiamente dalla PM Letizia Ruggeri (Isabella Ragonese), che si conclude con l’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti (Roberto Zibetti), colpevole di aver molestato la ragazzina e di averla uccisa con vari colpi, lasciandola agonizzante. Yara è disponibile sul catalogo Netflix dal 5 novembre.

Yara Gambirasio è entrata nella vita di milioni di italiani, così come la sua famiglia, per cui era difficile portare sullo schermo una storia delicata come questa. Il rischio era di non riportare fedelmente i fatti che si sono verificati nel corso delle indagini. Quel che si evince fin dalle prime inquadrature del film è quanto Marco Tullio Giordana ci tenga a mostrarci fin da subito ciò che è avvenuto con il ritrovamento del cadavere di Yara, con le indagini che proseguono senza sosta, il dolore di Fulvio e Maura Gambirasio (Mario Pirrello e Sandra Toffolatti), che si sono chiusi in un silenzio tombale insieme agli altri figli, desiderosi di conoscere chi è l’assassino della loro figlia. Ma è soprattutto è grazie alla determinazione della PM Laura Ruggeri che, insieme al colonnello Vitale (Alessio Boni) e al maresciallo Garro (Thomas Trabacchi), si arriva alla risoluzione del caso.

Letizia Ruggeri è il motore trainante delle ricerche per trovare l’assassino di Yara. A dare corpo e anima a questo personaggio troviamo la bravissima Isabella Ragonese (Tutta la vita davanti, Sole cuore e amore, Lei mi parla ancora). Giordana ci mostra un lato della Ruggeri che non conosciamo, vediamo le sue fragilità, le paure, le insicurezze che la legano a questo intricato caso poichè, in quanto anche lei madre di una bambina, riesce pienamente a identificarsi con il dolore che provano i genitori della giovanissima vittima.

La sceneggiatura scritta da Graziano Diana e Giacomo Martelli si basa sulla lettura degli atti dei processi, ricostruendo quanto più fedele alla realtà, ciò che avvenne nei mesi successivi al ritrovamento del cadavere di Yara, le ricerche per trovare il suo assassino e il processo che ha visto coinvolto Massimo Giuseppe Bossetti che, nonostante le condanne, continua a proclamarsi innocente.

Pur avvalendosi della presenza di attori bravissimi, Isabella Ragonese in prims, seguita da Alessio Boni e Thomas Trabacchi, l’opera non riesce pienamente a coinvolgere lo spettatore, seguendo una narrazione didascalica, documentaristica, non lasciando spazio a nessun tipo di emozione. Sembra di vedere uno di quegli episodi di Distretto di polizia o Squadra Antimafia, piuttosto che un lungometraggio. Peccato, perché Yara è diretto da Marco Tullio Giordana, che ci ha abituati a ben altro, basti pensare ai suoi precedenti lavori come: Pasolini, un delitto italiano (1995), I cento passi (2000) e La meglio gioventù (2003).

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
Le buone interpretazioni di Isabella Ragonese, Alessio Boni e Thomas Trabacchi. Un’opera che manca di coinvolgimento emotivo, fatta di una narrazione didascalica e documentaristica.
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Valutazione: 3.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Yara, la recensione, 3.5 out of 10 based on 2 ratings

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