Zeta, la recensione

C’è tutto un filone di film che ci parla di musica, di danza, di esibizioni e lo fa mettendo in scena proprio questi mondi, spesso con il contributo di chi queste arti le pratica per mestiere. Se negli anni più recenti è il ballo, in ogni sua forma, ad aver conquistato il monopolio con tutta una serie di teen-movie ultra glamour che indugiano quasi pornograficamente sui corpi statuari e sudati degli attori coinvolti, oggi arriva dall’insospettabile Stivale un film che ci racconta la musica, per la precisione il Rap.

Zeta affronta l’argomento con un approccio che vorrebbe richiamare alla mente quei film generazionali che parlano di musica e crescita personale. È lo stesso regista Cosimo Alemà a dichiarare che la sua fonte d’ispirazione sono stati tanto i classici musicali degli anni ’80, come Saranno famosi e Footlose, quanto, soprattutto, i film sulle cotte adolescenziali dello stesso periodo, su tutti Il tempo delle mele. E in effetti, guardando Zeta, si intuisce immediatamente quel sapore un po’ nostalgico, quella costruzione narrativa semplice, quasi infantile, che nel 2016, ci dispiace dirlo, sfocia spesso nel banale.

zeta img3

Zeta racconta la storia di Alex, un ragazzo della periferia romana che lavora con il padre al mercato ittico di quartiere e coltiva il sogno della musica con il suo amico Marco, con il quale ha fondato un gruppo rap, gli Anti. Una sera, durante una gara tra rapper in un locale, Alex si fa notare da Sante, musicista e guru dell’ambiente rap italiano, che gli offre la possibilità di incidere un singolo. Ma Sante è interessato solo ad Alex e non a Marco, così il ragazzo si trova a dover gestire il successo improvviso e tutte le conseguenze che questo può portare, compreso la perdita del suo mondo e delle sue amicizie.

Con una costruzione lineare e schematica, che fa della divisione in tre atti una missione primaria, Zeta è facilmente collocabile nel filone del teen-movie musicale che così prepotentemente vuole omaggiare e rilanciare. Il film di Alemà, infatti, segue una struttura ben riconoscibile che rispetta tutti i topoi del genere, e lo fa in maniera così certosina da risultare inevitabilmente telefonato e prevedibile per un pubblico minimamente alfabetizzato. Questo non è essenzialmente un male, visto che Zeta non ambisce a rivoluzionare nulla ma semplicemente a inserirsi onestamente in un percorso già avviato da altri, ma dà la sensazione di essere il classico prodotto fuori tempo massimo, arrivato sul mercato quando nessuno realmente ne sente il bisogno.

zeta img 2

Tra i pro di questo lavoro c’è senz’altro l’utilizzo della musica, sia intra che extra diegetica, perfettamente amalgamata alla storia e capace di cadenzare il ritmo degli eventi, con climax finale alla 8 Mile che è la cosa più riuscita dell’intero film. Non è un caso, infatti, che il regista Cosimo Alemà venga proprio dal mondo della musica, fattosi le ossa con la regia di celebri videoclip di alcuni dei più popolari artisti del panorama musicale italiano. Ma Alemà è anche regista cinematografico di talento, capace di esordire con il gioiello horror At the End of the Day – Un giorno senza fine (2011) e proseguire con l’interessantissimo thriller rurale La Santa (2013). In questo senso troviamo un rigore tecnico e una riuscita generale formale che però non coincide sempre con una reale bontà di scrittura. In una storia complessivamente credibile non poco stonano i monologhi in voice-over del protagonista, così artefatti e pieni di retorica da risultare poco adatti al contesto in cui si inseriscono. Poi qua e là si nota qualche ingenuità, soprattutto qualche forzatura (la conclusione dell’elemento poliziesco con gli spacciatori di droga, il malore di Alex durante la royal rumble) che sicuramente potevano essere evitate o meglio gestite.

zeta img4

Un altro punto a favore di Zeta è il cast, ben supportato da un terzetto di giovani capaci: Diego Germini, in arte Izi e già noto nel mondo rap italiano, Jaopo Olmo Antinori (che ricordiamo protagonista di Io & Te di Bertolucci) e l’esordiente Irene Vetere. A loro si uniscono Salvatore Esposito, noto ai più per il ruolo di Genny Savastano in Gomorra – La serie, Francesco Siciliano (che avevamo già visto in La Santa) e tutta una serie di cammei dal mondo del rap italiano, alcuni più incisivi (Clementino, Salmo e Fedez), altri più raffazzonati, come accade con J-Ax che interpreta una sorta di coscienza di Zeta.

Meno riuscito in confronto ai lavori precedenti di Alemà, Zeta punta a un pubblico adolescenziale cercando di far breccia nel cuore degli spettatori grazie alla musica e a una storia generazionale. Continui alti e bassi per un film che forse arriva al cinema in un’epoca che non gli appartiene.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Adeguato utilizzo della musica, sia nella storia che come accompagnamento delle immagini.
  • I tre giovani attori protagonisti.
  • Talmente semplice e schematico da risultare banale e prevedibile.
  • Qualche problema di sceneggiatura che si traduce in diverse forzature narrative.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: +2 (da 2 voti)
Zeta, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.