A Quiet Place: Giorno 1, la recensione

Il prologo di A Quiet Place: Parte II ci trasportava a più di un anno prima degli eventi narrati mostrandoci, dal punto di vista della famiglia Abbott, il GIORNO 1, ovvero quando l’invasione dei feroci mostri extraterrestri sensibili ai suoni ha avuto inizio. Pochi folgoranti minuti per una delle sequenze più belle e drammatiche dell’intero film.

Prima di proseguire nella saga con una Parte III, il produttore, sceneggiatore e regista dei primi due film della saga John Kransinski ha pensato di mettersi da parte e far approfondire quel primo drammatico incontro con i mostri ma prendendo un punto di vista inedito e una location fino ad ora mai inquadrata all’interno della saga, quella metropolitana, più precisamente newyorkese. Nasce così A Quiet Place: Giorno 1, scritto e diretto da Michael Sarnoski.

Samira è gravemente malata e sta seguendo in una clinica di New York un percorso di preparazione psicologica al fatto che presto potrebbe non esserci più. Durante una gita al teatro con il suo gruppo e il suo infermiere, Samira e il suo gatto Frodo si trovano al centro di una vera e propria invasione extraterrestre: palle di fuoco precipitano dal cielo distruggendo qualsiasi cosa e improvvisamente mostruose creature sanguinarie seminano il panico tra la folla. In preda al terrore e alla confusione generale, Samira cerca di rimanere in vita capendo solamente che è il rumore ad attirare l’attenzione delle creature.

Inizialmente era Jeff Nichols la scelta della produzione per raccontare l’origine dell’invasione aliena, ma il regista di Take Shelter ha preferito declinare l’offerta in favore di The Bikeriders intuendo che aveva pochi margini di libertà all’interno di una saga già avviata da altri. La scelta di un secondo autore è ricaduta su Michael Sarnoski che aveva in curriculum un solo altro lungometraggio, Pig (2021), il bizzarro revenge-movie con Nicolas Cage che tanto è stato apprezzato nel panorama indie. Nonostante questo fosse un territorio inedito per Sarnoski e il primo lavoro con un importante budget, l’autore è riuscito a tenere i piedi per terra conferendo al suo A Quiet Place un’identità ben precisa e un minimalismo narrativo che si inserisce funzionalmente nella mitologia della saga.

Di base, A Quiet Place: Giorno 1 non aggiunge molto a quanto lo spettatore già conosce della situazione: c’è un’invasione dallo spazio, i mostri sono ciechi ma molto sensibili al rumore, l’unica cosa che temono è l’acqua perché non sanno nuotare. A queste basilari informazioni aggiungiamo solo una scena in cui entriamo in quello che, a tutti gli effetti, appare come un nido delle creature, ma il film preferisce comunque rimanere vago su quello che c’è al suo interno e sul perché i mostri si comportino in un determinato modo in quel luogo.

La vera novità di A Quiet Place: Giorno 1 è l’ambientazione cittadina, la grandezza e la varietà del contesto, che dona alla saga un sapore puramente da disaster-movie assimilabile a La guerra dei mondi. Scene di massa con attacchi di isterismo e caccia grossa dei mostri tra la folla urlante, lo skyline newyorkese distrutto dall’impatto alieno e dagli artigli delle creature, una scena in metropolitana che prende una piega molto simile a una famosa sequenza di Aliens – Scontro finale… insomma, in questo prequel di certo non ci si annoia e Sarnoski ha a disposizione i mezzi per realizzare un surival-horror spettacolare e dall’ampio respiro come sempre più raramente ormai accade. Inoltre, percepiamo echi di quell’11 settembre ormai indelebile nella mente degli americani e il primo spaventoso incontro dei newyorkesi con le creature, con l’impatto delle asteroidi aliene sui palazzi e nelle strade della Grande Mela, con la conseguente nuvola di polvere che avvolge cose e persone, davvero richiama prepotentemente alla mente dello spettatore certe immagini che circolavano nei tg quel tragico settembre del 2001.

Allo stesso tempo, però, la spettacolarità delle scene e l’azione massiccia si uniscono a una storia che cerca di approfondire l’aspetto più intimo dei personaggi, esplorando la loro dimensione interiore. Samira, interpretata da una Lupita Nyong’o magnifica e incredibilmente intensa, è una protagonista anomala perché seriamente malata, quindi debole e depressa, ben lontana dalle eroine d’azione che solitamente popolano questa tipologia di film. Ovviamente la situazione che si trova a vivere contribuisce ad aumentare il suo spirito di sopravvivenza che, a inizio film, è completamente compromesso dal cancro allo stadio avanzato che la sta consumando, ma davvero è apprezzabile vedere in un ruolo principale un personaggio così vulnerabile e umano che può contare solo sull’affetto del suo bellissimo gatto.

Nel corso del film, a Samira si unisce un co-protagonista, Eric, interpretato da Joseph Quinn di Stranger Things, uno studente di giurisprudenza sotto shock che soffre di attacchi di panico. Dunque, un secondo personaggio realistico e vulnerabile, lontanissimo da qualsiasi eroismo, che riesce a trasmettere allo spettatore un reale senso di impotenza e terrore in una situazione da incubo che metterebbe a dura prova chiunque.

Si tratta di due personaggi complementari e l’entrata in scena di Eric aiuta moltissimo a ricostruire in Samira una connessione con la realtà: il ragazzo la aiuta a “sentire” letteralmente il mondo, quel mondo che è invece costretto al silenzio e che per la ragazza non è mai stato così “rumoroso” negli ultimi anni. La musica, le urla liberatorie sotto la pioggia, i ricordi paterni, i luoghi dell’infanzia e quel sapore di pizza che Sam desidera fin dall’inizio del film: il viaggio della protagonista nella città invasa dai mostri è innanzitutto un viaggio interiore, un modo per riconciliarsi con l’ambiente che la circonda e accettare la sua condizione “terminale”.

Trattandosi del “Giorno 1”, ci troveremo ad osservare degli esseri umani che si comportano in maniera differente in confronto alla famiglia Abbott degli altri due film, quindi privi di consapevolezza e di rassegnazione alla situazione che vivono. In questo prequel le persone urlano e si agitano, quindi vengono sbranate di continuo, mettono in pericolo se stesse e gli altri. Inoltre, trovandoci in una metropoli, che la didascalia iniziale ci ricorda come possa produrre un inquinamento acustico spaventoso, per i mostri è un continuo stimolo sonoro che viene rappresentato da allarmi di automobili, sirene di ambulanze, vetri che si infrangono, altoparlanti ed elicotteri che sorvolano la zona. New York appare gremita di creature aliene e questo dà modo di creare scene di grande intensità orrorifica.

A Quiet Place: Giorno 1 fornisce un aggancio narrativo a A Quiet Place: Parte II presentandoci il personaggio interpretato da Djimon Hounsou che compariva alla fine del secondo film, ma di base è un capitolo che viaggia in autonomia e può essere visto anche senza conoscere la saga di cui fa parte.

Nel complesso, venendo a mancare l’effetto novità, A Quiet Place: Giorno 1 ha quel sapore di vicenda già raccontata ma il drastico cambio di location e il lodevole lavoro di scrittura sui personaggi lo rende comunque un film ben superiore alla media dei prodotti dello stesso genere, confermando l’efficacia del format creato da John Krasinski anche in quello che è palesemente un capitolo di passaggio verso la continuazione vera e propria della storia principale.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Lupita Nyong’o è un’attrice bravissima sempre, ma qui riesce perfino a superarsi!
  • I personaggi protagonisti e la loro umanità.
  • Il contesto metropolitano.
  • Se già il secondo film, secondo te, metteva troppa carne al fuoco snaturando l’unicità di luogo e le regole del prototipo, sappi che qui si va ancora di più verso una logica di azione e movimento.
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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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A Quiet Place: Giorno 1, la recensione, 7.5 out of 10 based on 2 ratings

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