Anora, la recensione
Nel cinema di Sean Baker il sesso è una costante imprescindibile. In Starlet (2012) la protagonista è una pornostar, mentre in Red Rocket (2021) il personaggio principale si mantiene proprio intrattenendo relazioni di convenienza con attrici hard. In Un sogno chiamato Florida (2017) la mamma della piccola Moonee sbarca il lunario prostituendosi, così come la protagonista transgender di Tangerine (2015). Ed è ancora una sex worker al centro del nuovo film del regista statunitense, Anora, che arriva nei nostri cinema il 7 novembre con Universal Pictures dopo essere stato presentato in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma e aver vinto la Palma d’Oro al miglior film al Festival de Cannes 2024.
La giovane Anora Mikheeva, Ani per gli amici e i clienti affezionati, lavora come ballerina e spogliarellista nei locali a luci rosse di Brighton Beach, quartiere di lingua russa a Brooklyn. Una sera, Ani incontra Ivan, un ragazzo russo che se ne innamora immediatamente. Ivan propone ad Ani di passare la notte da lui dietro lauto pagamento e la ragazza accetta, rendendosi conto che ha appena rimorchiato il figlio di un oligarca russo. Ani ricambia l’affetto di Ivan e i due cominciano a frequentarsi al di fuori dell’ambiente lavorativo della ragazza, finché Ivan le chiede di sposarlo. Per Anora è un sogno che si avvera perché potrà finalmente lasciare gli strip club per vivere come una principessa. Ma quando i genitori di Ivan vengono a sapere della decisione del figlio dissennato, assoldano una “squadra di intervento” per riportare alla normalità la situazione.
Oltre ad avere un assunto di partenza simile a quello di Pretty Woman, Anora si preoccupa anche di citare una battuta cult del classico rom-com con Julia Roberts e Richard Gere, ma il bello del film di Sean Baker è che non potrebbe esserci storia meno romantica e più cinica di questa. Dimenticate gli zuccherosi risvolti, gli occhi a cuoricino e gli happy end fiabeschi, perché Anora è ha il linguaggio di un crime-movie e trasporta una giovane escort/spogliarellista in un realistico sottobosco fatto di capricci adolescenziali, sete di potere, violenza (moderata) in cui le cose non vanno esattamente come nelle favole. Anora, infatti, è l’anti-Cenerentola e il suo Principe è un ragazzino viziato e vigliacco: quella che comincia a tutti gli effetti come una commedia romantica (però piena di sesso e nudità), si trasforma progressivamente in un film dalle atmosfere noir, ma senza criminali, che ricorda il cinema di Martin Scorsese anni ’80 e, per l’ironia e il senso del paradosso, i migliori film dei fratelli Coen degli anni ’90.
In Anora ci si diverte tantissimo, ci sono dei momenti autenticamente irresistibili, ma si ride a denti stretti perché si empatizza con la protagonista e ci si rende conto che le cose nella sua “favola” si stanno mettendo davvero malissimo. Inoltre, la stessa Anora è guidata da un principio cardine che è il denaro: tutto ruota attorno ai soldi nella sua vita e quando scorgiamo uno spirale di amore nella sua esistenza materialistica, la realtà dei fatti ci riporta con i piedi per terra. L’Amore, quello con la “A” maiuscola non esiste? Chissà…
Ma il vero punto forte del film di Baker è la sua sceneggiatura, ricca di dialoghi che si ascoltano con immenso piacere e scandita da personaggi magnifici e veri, lontani da qualsiasi stereotipo. Se la sex worker Anora è un gioiello di scrittura, nel suo essere una sognatrice con cervello, estremamente calcolatrice ma allo stesso tempo ingenua, Ivan è un personaggio del quale si prova tanta simpatia (inizialmente) quanto odio, la perfetta incarnazione di quei giovani a cui non manca nulla e pensano di avere la possibilità di comprare qualsiasi cosa, perfino, letteralmente, gli esseri umani.
Un ruolo di fondamentale importanza lo ricoprono anche i tre “sgherri” di papà Zacharov, interpretati da Karren Karagulian, Jurij Borisov e Vačʻe Tʻovmasyan, imbranati ma mai macchiettistici, alle prese con una missione che più passa il tempo più sembra impossibile da portare a termine.
Se Ivan è interpretato dall’attore russo Mark Ėjdel’štejn, diversi lavori all’attivo ma praticamente sconosciuto al pubblico internazionale, Anora ha il volto e il corpo della bravissima Mikey Madison, già vista in C’era una volta a Hollywood nel ruolo di una delle pupille di Charles Manson ma soprattutto in un ruolo chiave in Scream 5. Lei è un mix di sensualità, sfrontatezza, dolcezza e determinazione, diretta con cognizione di causa dall’ottimo Baker e capace di dar vita a uno dei personaggi femminili migliori visti in un film quest’anno.
Come si diceva in apertura, in Anora, come nel resto della filmografia di Baker, il sesso è un elemento molto importante e, come sempre nei suoi film, è vissuto in maniera gioiosa e naturale, è parte integrante della vita e della quotidianità dei personaggi. Nel cinema americano di oggi, il sesso è un’eccezione e sembra che il pubblico, soprattutto quello più giovane, lo rigetti così come la nudità, ormai appannaggio quasi esclusivo del cinema d’autore. Anora riporta tutto al grado zero, dimostrando che anche nel 2024 si può parlare e mostrare il sesso al cinema (anche in un film d’intrattenimento), in maniera naturale e mai maliziosa o disturbante.
Roberto Giacomelli
PRO | CONTRO |
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Sono andata a vedere il film per le ottime recensioni e con grandi aspettative, gli spunti senza dubbio c’erano, lei e gli scagnozzi bravissimi, inizio scoppiettante, per il resto ripetitivo, trama debole e scollegata, dura troppo. Tutto il (poco) pubblico in sala è uscito perplesso.