Baby Ruby, la recensione dell’horror sulla maternità
Baby Ruby è un film del 2022 scritto e diretto da Bess Wohl, drammaturga e attrice televisiva qui al suo esordio dietro la macchina da presa. La pellicola è stata presentata al Toronto Film Festival 2022 ed è disponibile su Netflix.
La trama vede Josephine (detta Jo), una donna francese che vive negli Stati Uniti insieme a suo marito Spencer. Jo è un’influencer che gestisce un suo blog personale, dove condivide ricette e dettagli sulla sua vita privata. La donna è incinta di una bambina che lei e Spencer hanno già deciso di chiamare Ruby. Quando la piccola nasce, la vita di Jo comincia ad assumere connotati sempre più oscuri: visioni, presagi e situazioni inquietanti cominceranno a perseguitarla e a farla sprofondare nella follia, tanto che comincerà a credere che sia tutta opera delle persone che le stanno accanto…Ruby compresa. È lei che sta impazzendo oppure sta davvero succedendo qualcosa?
A sentire il soggetto di Baby Ruby, è impossibile non pensare a Rosemary’s Baby, capolavoro di Roman Polański nonché uno dei pilastri del cinema horror. L’ispirazione al cult con Mia Farrow è piuttosto palese, eppure Baby Ruby prende una piega completamente diversa. Il film ha una propria identità e si presenta più come un thriller, una fiaba dark che vuole raccontare un tema ben preciso: la paura di diventare madre.
La storia ingrana dopo pochi minuti, si arriva praticamente subito al cuore del racconto. In tal senso, il film avrebbe necessitato di una costruzione maggiore e di un minutaggio più corposo per approfondire alcune tematiche e accentuare l’ambiguità di fondo con cui gioca la regista. Inoltre, alcune situazioni si ripetono un po’ troppo spesso, facendo decadere quel crescendo drammatico che ci si aspetterebbe. Nonostante ciò, Baby Ruby si segue con piacere grazie alla durata contenuta e ad alcune interessanti idee di montaggio che sottolineano la paranoia della protagonista.
Ciò che è ammirevole e audace di Baby Ruby è il modo in cui racconta il tema della maternità con uno sguardo crudo e realistico. Il rapporto madre/neonato qui non è tutto rosa e fiori, anzi; il personaggio di Jo ha spesso dei crolli emotivi, visioni, paranoie, insicurezze, tanto da cominciare a credere che le persone intorno a lei stiano architettando un vero e proprio complotto per farla esaurire mentalmente.
Questa sua discesa nella follia diventa così metafora della condizione di depressione post-partum. Essere madre è meraviglioso, ma ci sono anche implicazioni che il cinema pop raramente tende a mostrare: e se una madre non si sentisse all’altezza? Se non riuscisse più a sopportare i pianti del suo bambino? Quali sono le sue paure e i suoi desideri (anche malsani) più reconditi? A tal proposito diventa cruciale nel film il tema del doppio: i desideri e le paure più oscure di una madre che prendono il sopravvento sulle emozioni più pure. Un tema che trova il suo compimento nel finale e che viene evidenziato anche dall’uso delle ombre, simbolo del doppio per antonomasia.
Davvero ottima la prova di Noémie Merlant, già vista in Ritratto della giovane in fiamme, L’Innocente e nell’acclamato Tár di Todd Field, dove recita al fianco di Cate Blanchett. L’attrice regge tutto il film sulle sue spalle e regala una prova di grande intensità. Nel cast troviamo anche Kit Harington, il Jon Snow de Il Trono di Spade, nei panni di Spencer, non particolarmente espressivo ma comunque funzionale.
Se il film si rivela molto coraggioso a livello tematico, gli manca invece qualcosa dal punto di vista visivo e della messa in scena. Bess Wohl gira bene, tiene le redini di un racconto asciutto, ma avrebbe potuto osare di più per “shockare” maggiormente lo spettatore. La storia aveva un gran potenziale per essere davvero disturbante, eppure manca una scena potente, iconica e inaspettata che possa piantarsi come il lamento di un bebè nel cervello dello spettatore. Nulla che infici una visione piacevole e che comunque consigliamo!
Riccardo Farina
PRO | CONTRO |
|
|
Lascia un commento