C’era una volta in Bhutan e Kina e Yuk alla scoperta del mondo: in DVD due opere delicate che sanno come aprire gli occhi e il cuore di chi guarda
Quando il Cinema smette di guardare (solo) nella direzione di artifici visivi e punta il suo sguardo verso le magnificenze Naturali, spesso nascono delle vere e proprie opere d’arte che riescono a farci fare pace con il Mondo. In Francia, questa cosa, l’hanno capita già da un po’ – dal 2013 in modo più specifico e continuativo – tanto che il cinema d’Oltralpe, negli ultimi anni, è riuscito a regalarci alcune opere pazzesche in grado di riuscire ad aprire gli occhi e il cuore di chi guarda (basti pensare solamente al recente documentario La quercia e i suoi abitanti). Molto curiosamente anche il Bhutan, che si è scoperta Nuova Terra di Cinema solo nel 2019 grazie al bellissimo Lunana – Il villaggio alla fine del mondo, sembra interessato ad abbracciare la stessa consapevolezza. Vi parliamo di C’era una volta in Bhutan, secondo lungometraggio del regista bhutanese Pawo Choyning Dorji, e di Kina e Yuk alla scoperta del mondo, una delicata favola ambientale diretta dal biologo e documentarista francese Giullame Maidatchevsky. Entrambi i film sono disponibili da pochi giorni in DVD grazie ai canali distributivi CG Entertainment.
C’era una volta in Bhutan.
Nel 2022, un po’ a sorpresa, è arrivato nelle nostre sale sotto il marchio Officine Ubu un piccolissimo film capace di lasciare molti spettatori (chi scrive appartiene proprio a questa schiera) decisamente a bocca aperta: Lunana – Il villaggio alla fine del mondo. Un film piccolo, delicato, dal sapore fortemente antropologico ma anche vicino alla sensibilità della favola.
Diretto da Pawo Choyning Dorji (alla sua opera prima) nel 2019, il film è riuscito a scoppiare due anni dopo quando è entrato nella shortlist degli Oscar 2022 nella sezione miglior film internazionale. Un avvenimento inaspettato, trattandosi di un film già “datato”, che ha condotto il Bhutan verso un traguardo incredibile ma anche Pawo Choyning Dorji a poter lavorare velocemente ad un secondo lungometraggio, questa volta più ricco ed ambizioso.
Realizzato nel 2023 ma giunto nelle nostre sale nel 2024, sempre sotto l’efficace marchio Officine Ubu, C’era una volta in Bhutan è un dramma velato di nostalgia e leggerezza che si pone l’obiettivo importante di far conoscere al mondo intero una pagina di Storia recente del Regno del Bhutan: il 2006, anno in cui il Bhutan si palesa come ultimo Paese del mondo a connettersi a internet e alla televisione, ma anche l’anno in cui avviene l’importante passaggio dalla monarchia alla democrazia.
Il 2006 fa perciò da sfondo all’intera vicenda, con un Paese che si dichiara finalmente pronto ad abbracciare la modernizzazione ma senza che i suoi abitanti possano dirsi altrettanto. Per insegnare al popolo a votare, dunque, le autorità locali organizzano una finta elezione che ha il solo scopo di far apprendere la dinamica del voto. Ma la comunità, per la prima volta, sembra disgregarsi in due fazioni molto nette: ci sono coloro che gioiscono per l’avvento della democrazia e chi, al contrario, vede in questo progresso il primo grande passo verso la disunione di un popolo che, fino ad ora, era sempre stato pacifico e soprattutto unito.
Se con Lunana – Il villaggio alla fine del mondo Pawo Choyning Dorji aveva il chiaro obiettivo di far conoscere la sua cultura, e in modo particolare tutte quelle pratiche antiche ma ancora fortemente vive in Bhutan, con C’era una volta in Bhutan l’obiettivo è quello di divulgare una pagina di Storia recentissima che, proprio in quanto tale, ha dell’assurdo. Si fatica a credere, infatti, che solo 18 anni fa potevano esserci ancora popoli capaci di vivere una vita agiata, serena e completa pur senza l’ausilio di televisione e internet, due mezzi che fanno parte della nostra quotidianità in modo decisamente ingombrante. Così come si fa fatica a credere che questo popolo, ancora sotto la monarchia, possa vivere l’avvento della democrazia come un qualcosa di assolutamente alieno e incomprensibile.
Per tutti questi motivi, dunque, C’era una volta in Bhutan si palesa come un film assolutamente necessario sia per conoscere la Storia e la cultura di un Paese affascinante ma di cui si parla troppo poco, sia per aiutarci – a noi Occidentali – a guardare il mondo da una prospettiva insolita che potrebbe condurci, seppur utopisticamente, a vivere decisamente meglio.
Pur non avendo quella forza dirompente che aveva reso grande – anzi enorme – Lunana, C’era una volta in Bhutan è un film che sa essere colmo di quella purezza e di quella sincerità che manca a buona parte del cinema contemporaneo.
Uscito nelle nostre sale ad aprile 2024 dopo essere stato presentato al prestigioso Telluride Film Festival, poi al Toronto International Film Festival e anche alla Festa del Cinema di Roma 2023 (dove ha vinto il premio speciale della giuria), C’era una volta in Bhutan è disponibile da pochi giorni in home video grazie alla sinergia tra Officine Ubu e CG Entertainment.
Proprio come accaduto anche a Lunana, anche in questo caso si è scelto di editare il film solamente in edizione DVD. Una mossa falsa, a nostro dire, che non può far altro che penalizzare un film che punta tanto, tantissimo, sui magnifici scenari naturali del Bhutan. L’alta definizione avrebbe saputo rendere giustizia sia alla regia di Pawo Choyning Dorji che alla fotografia di Jigme Tenzing.
Quello che ci viene offerto da CG Entertainment, dunque, è un DVD nella media che non eccelle particolarmente sotto nessun aspetto tecnico. Anche per quanto riguarda i contenuti speciali si è scelto di fare il minimo sindacale: trailer e photogallery.
Peccato. Il film avrebbe sicuramente meritato un’edizione più coraggiosa e, soprattutto, ad alta definizione blu-ray.
Kina e Yuk alla scoperta del mondo.
Siamo nel Grande Nord. Kina e Yuk sono due innamorati. Lei ha il pelo bianco, è incinta e sta per partorire; lui è color cenere, molto più robusto di lei, e trascorre le sue giornate a procacciare il cibo per sé e per la sua compagna in quegli aspri e innevati territori dello Yukon canadese. Kina e Yuk sono due volpi artiche inseparabili e il Grande Nord è la loro casa. A causa della pressione antropica e del surriscaldamento globale, tuttavia, l’habitat di Kina e Yuk sta subendo delle trasformazioni repentine. Un giorno, durante un quotidiano girovagare, la lastra di ghiaccio sotto le zampe dei due compagni si spezza e Yuk resta imprigionato su un blocco di ghiaccio che pian piano viene spinto dalla corrente oceanica verso il largo. Yuk non può più tornare indietro e le due volpi artiche sono destinate a separarsi. Tornata nella sua tana senza più il suo compagno, Kina scopre che qui dentro si è insediata una volpe rossa – temuto predatore – e quindi la volpina dal pelo bianco è costretta ad intraprendere un lungo viaggio tra i ghiacci per cercare del cibo così come una nuova casa. Kina intraprende una lunghissima avventura solitaria nei freddi territori dello Yukon fino ad arrivare a Jack City, un piccolissimo villaggio innevato in cui si teme la minaccia notturna dei lupi. Spaventata e smarrita, ormai prossima a partorire, Kina deve trovare una nuova tana sicura al più presto e sperare che un giorno, prima o poi, possa ricongiungersi con il suo Yuk.
Questa è l’avventurosa trama narrata in Kina e Yuk alla scoperta del mondo, il nuovo film co-sceneggiato e diretto da Giullame Maidatchevsky che, nel 2018, ci aveva già portato nella gelida Lapponia con Ailo – Un’avventura tra i ghiacci, ovvero un altrettanto avventuroso documentario di formazione nato con l’obiettivo di raccontare la difficile quotidianità di una renna durante le quattro stagioni relative al suo primo anno di vita.
Kina e Yuk alla scoperta del mondo nasce proprio sul modello di Ailo, perché ne ricalca lo stile artistico così come quello documentaristico, ricorrendo ad una narrazione molto articolata e complessa (potremmo dire proprio da film avventuroso!) ma accompagnata da un voice over continuo che, a metà strada tra la favola e il racconto pedagogico, ci canta le gesta delle due volpi protagoniste proprio come accadeva con la piccola renna nel precedente Ailo.
Così facendo, Giullame Maidatchevsky ha individuato uno stile narrativo molto personale e riconoscibile, i suoi sono film che esprimono appieno il concetto di infotainment poiché è proprio quello che fanno in maniera nuda e cruda: informano e intrattengono al tempo stesso.
Si, perché Kina e Yuk alla scoperta del mondo è un film d’avventura a 360° e Kina e Yuk sono due personaggi che hanno una vera e propria missione da compiere, sogni da raggiungere e ostacoli da superare. Sono due protagonisti a tutto tondo con cui è facilissimo empatizzare, si tifa per loro e ci si emoziona davanti ad ogni loro successo. Dunque Kina e Yuk alla scoperta del mondo dichiara subito la sua matrice cinematografica e palesa la presenza di una costruzione filmica che rincorre l’intrattenimento più sincero.
Al tempo stesso, però, quello di Giullame Maidatchevsky è anche un documentario naturalista puro poiché si impegna a fotografare senza filtri quelle che sono le condizioni di vita attuali degli animali che davvero popolano lo Yukon canadese. E la voice over, che per tutta la durata del film accompagna e sostiene la narrazione, oltre a rendere maggiormente comprensibile e avvincente l’avventura delle due volpi, ci porta alla conoscenza di un ecosistema naturale che sta andando incontro all’estinzione a causa di un sempre più allarmante surriscaldamento globale.
Peccato che nella versione italiana di Kina e Yuk alla scoperta del mondo il ruolo del narratore è affidato a Benedetta Rossi (si, la food-blogger e conduttrice marchigiana famosa per il format Fatto in casa da Benedetta) che, con la sua voce accomodante e quasi da mamma chioccia, finisce per relegare il film ad una strana dimensione infantile che mal si addice al prodotto. Nella versione originale francese, infatti, la narrazione è sicuramente più matura e seriosa poiché affidata al mestiere dell’attrice Virginie Efira.
Kina e Yuk alla scoperta del mondo è arrivato nelle nostre sale lo scorso marzo, sotto il marchio di Adler Entertainment, e solo da qualche giorno è disponibile in home video sempre grazie ai canali CG Entertainment.
Purtroppo, però, anche nel caso di questo film di Giullame Maidatchevsky vale lo stesso discorso fatto per C’era una volta in Bhutan. Come nel caso precedente, infatti, anche Kina e Yuk è un film che spinge molto sul versante visivo: incantevoli paesaggi naturali, scenari aperti e ariosi che chiedono contemplazione, una fotografia pazzesca volta a sottolineare la bellezza dirompente della Natura. Eppure anche questo titolo viene reso disponibile per la visione casalinga solamente su supporto DVD, così da depotenziare enormemente il respiro visivo ed immersivo del racconto.
Dunque dobbiamo saper accontentarci di un Digital Versatile Disc nella norma, sicuramente appagante se si accettano i limiti che sono prerogativa del supporto, che restituisce un quadro video accettabile seppur debole di dettaglio visivo. Meglio sul fronte sonoro grazie ad un doppio ascolto Dolby Digital 5.1 e Dolby Digital 2.0 sia per la versione originale che per quella adattata al mercato italiano. Noi, ovviamente, consigliamo di immergervi nella visione di questa bellissima favola ambientale con l’ascolto originale.
Giuliano Giacomelli
C’ERA UNA VOLTA IN BHUTAN di Pawo Choyning Dorji
Label: CG Entertainment e Officine Ubu
Formato: DVD
Video: 16/9 – 2.39:1
Audio: Italiano Dolby Digital 5.1 e 2.0 / Originale Dolby Digital 5.1 e 2.0
Sottotitoli: Italiano
Extra: Trailer, Photogallery
Puoi acquistare il DVD di C’era una volta in Bhutan cliccando su questo link.
KINA E YUK ALLA SCOPERTA DEL MONDO di Giullame Maidatchevsky
Label: CG Entertainment e Adler Entertainment
Formato: DVD
Video: 16/9 – 2.39:1
Audio: Italiano Dolby Digital 5.1 e 2.0 / Originale Dolby Digital 5.1 e 2.0
Sottotitoli: Italiano
Extra: Trailer
Puoi acquistare il DVD di Kina e Yuk alla scoperta del mondo cliccando su questo link.
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