Dangerous Animals, la recensione

Si sa, il filone degli squali assassini è uno dei più sfruttati di sempre nel cinema horror. Da quando, nel 1975, un certo Steven Spielberg presentò al mondo il suo capolavoro Lo Squalo, di film dedicati a questi affascinanti predatori marini ne sono usciti a bizzeffe. Dai più riusciti come Blu Profondo, Open Water e The Shallows, a quelli consapevolmente trash come la saga di Sharknado e tutto il filone Asylum, fino ad arrivare a squali preistorici ed extra-large con i due Meg con protagonista Jason Statham. La formula, però, è sempre rimasta pressoché la stessa: squali particolarmente feroci che, per un motivo o per l’altro, attaccano l’uomo e devono essere fermati.

Ma se, per una volta, in un film horror sugli squali i veri antagonisti non fossero…beh, gli squali? Se fosse un serial killer completamente ossessionato dai pescecani, a tal punto da rapire le persone e darle in pasto ai predatori oceanici?

È questo il folle incipit di Dangerous Animals, il nuovo film del regista australiano Sean Byrne, autore degli ottimi The Loved Ones e The Devil’s Candy, che torna dietro la macchina da presa dieci anni dopo il suo ultimo lavoro. La pellicola è stata presentata in anteprima nella sezione Director’s Fortnight della 78° edizione del Festival di Cannes. E lo diciamo con grande entusiasmo: è un film assolutamente imperdibile!

La protagonista è Zephyr, una solitaria ragazza americana che si reca in Australia per fare surf. Durante il suo soggiorno conosce Moses, un giovane agente immobiliare del posto che le chiede un passaggio sul suo furgone. Tra i due scatta la scintilla e trascorrono la notte insieme. Alle prime luci dell’alba, Zephyr decide di uscire da sola per surfare approfittando della tranquillità del mattino. Ma poco prima di entrare in acqua, la ragazza viene aggredita da Tucker, un pazzo omicida che rapisce le persone e le porta sulla sua barca “Tucker’s Experience” per darle in pasto agli squali (animali da cui è ossessionato), filmando tutto con una telecamera per puro piacere personale. Tra bagni di sangue e tentativi di fuga, Zephyr dovrà lottare per la propria sopravvivenza e sfuggire a quest’incubo nel bel mezzo dell’oceano.

Immaginate un giro sulle montagne russe. Ecco, Dangerous Animals è proprio questo: un’irresistibile, divertentissima, folle giostra. Il film di Sean Byrne è puro e semplice intrattenimento pop-corn, che rimane fedele alla sua premessa e la mette in scena nel miglior modo possibile. Un film che addenta alla giugulare dal primo all’ultimo secondo senza un attimo di tregua, tra brividi, risate e tensione costante. Il ritmo è indiavolato e il regista riesce a gestire benissimo, nell’ora e mezza di durata, tutti gli elementi necessari per creare un prodotto solido, compatto e che va dritto al punto senza perdersi in lungaggini.

Tra l’ironia macabra, lo splatter ed il survival movie, Dangerous Animals è praticamente un incrocio tra Lo Squalo, Wolf Creek e 10 Cloverfield Lane. Byrne prende il genere dello shark movie e ne rinnova la formula con un’idea tanto semplice quanto funzionale. Il montaggio è serrato e il regista confeziona un’esperienza appagante tanto visivamente (la fotografia è bellissima) quanto impeccabile dal punto di vista dell’intrattenimento. Pazzesco, inoltre, il lavoro sul sonoro: i rumori, i suoni e le musiche sono parte integrante dell’esperienza di Dangerous Animals. È un sonoro quasi “tribale” che accompagna alla perfezione i momenti più intensi e orrorifici, e che merita di essere goduto nella sala cinematografica più grande possibile.

Funziona benissimo la protagonista Zephyr, interpretata da una convincente Hassie Harrison (Yellowstone), qui al suo primo ruolo cinematografico importante. Zephyr è una perfetta final girl in puro stile anni ‘80, una ragazza combattiva e determinata che riuscirà a farsi valere e a dare filo da torcere all’antagonista. Non sappiamo molto sul suo passato, ma quel poco che ci viene detto è sufficiente per portare lo spettatore a fare il tifo per lei e a rimanere incollato per capire come e se riuscirà a cavarsela. Anche Moses, interpretato da Josh Heuston (Thor: Love and Thunder, Dune: Prophecy) risulta simpatico e ha una sua funziona specifica all’interno della narrazione. Tutti gli altri personaggi…sono la classica “carne da macello”, e va benissimo così!

E poi c’è lui: Tucker, il folle antagonista interpretato da Jai Courtney, un personaggio che sembra un incrocio tra Quint de Lo Squalo e Mick Taylor di Wolf Creek. Proprio come il killer dell’outback portato su schermo da John Jarratt, anche Tucker si diverte a giocare con le sue vittime, le provoca, è violento, rozzo, imprevedibile e dotato di una sua spietata e sottile ironia. Lui è il vero mattatore del film, un personaggio che rimane impresso grazie alla sua caratterizzazione squisitamente eccessiva e sopra le righe. Merito soprattutto di Jai Courtney, attore australiano conosciuto principalmente per il ruolo di Captain Boomerang nei due Suicide Squad (ma che abbiamo visto anche in Die Hard – Un Buon Giorno Per Morire, Unbroken e Terminator Genisys), e che qui trova la sua consacrazione in un ruolo in cui si diverte come un pazzo e che diventerà senza dubbio iconico tra gli appassionati del genere.

Tra Zephyr e Tucker si instaura un coinvolgente rapporto di “predatore e preda”, “gatto e topo”, ruoli che si ribaltano continuamente fino a determinare chi è il vero alpha. Tucker ha una visione del mondo distorta, si considera quasi un “tramite” tra l’essere umano e la specie che lui venera e considera superiore, gli squali appunto. È una sorta di ecoterrorista particolarmente violento e fuori di testa. Grazie a lui, il film assume i connotati di un eco-vengeance con sottotesto ambientale, ma senza perdere mai la sua onestà e leggerezza di fondo.

E gli squali? Come già anticipato, questa volta i pescecani non sono i veri antagonisti, ma lo “strumento” usato da Tucker per torturare le malcapitate vittime. I predatori marini ci sono, ma non nella misura che ci si potrebbe aspettare. Inoltre, è il modo in cui vengono rappresentati a rendere la pellicola di Byrne diversa dal solito: non come mostri sanguinari, ma animali che si comportano in modo quasi sempre naturale. Questo potrebbe deludere chi si aspetta uno shark movie tipico, ma è una scelta perfettamente coerente e che permette al personaggio di Tucker di risaltare ancora di più. Per le riprese sono stati impiegati squali veri e l’effetto è sempre realistico e spaventoso, e anche la poca CGI utilizzata riesce sempre a convincere.

Appena uscirà (si spera in sala) fiondatevi a vedere Dangerous Animals, armati di pop-corn e circondati da amici e altre persone. Assisterete ad una delle esperienze cinematografiche più adrenaliniche e divertenti dell’anno!

Riccardo Farina

PRO CONTRO
  • È un film divertentissimo.
  • Lo spettacolare personaggio di Tucker.
  • Il lavoro sul sonoro.
  • La protagonista.
  • È un puro e semplice pop-corn movie, diretto e senza fronzoli…
  • …quindi prendere o lasciare!
  • La presenza non così massiccia degli squali potrebbe deludere alcuni.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +1 (da 1 voto)
Dangerous Animals, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

One Response to Dangerous Animals, la recensione

  1. Fabio ha detto:

    Curioso di vederlo, finalmente uno Shark movie un po’ diverso dagli altri

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    Valutazione: 4.5/5 (su un totale di 2 voti)
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    Valutazione: +1 (da 1 voto)

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