Dragon Trainer, la recensione del remake live-action

Sull’isola di Berk, i vichinghi combattono da generazioni contro i draghi. Hiccup, figlio del capo Stoick, è un giovane vichingo diverso dagli altri: geniale ma sottovalutato. Durante una battuta di caccia, riesce a catturare una Furia Buia, un drago temuto da tutti che nessuno è mai riuscito a vedere da vicino. Invece di ucciderlo, Hiccup lo libera, instaurando un legame di amicizia con il drago, che chiama Sdentato. Insieme, affrontano sfide e pericoli, mettendo in discussione le tradizioni del villaggio e cercando di promuovere la pace tra vichinghi e draghi.

E così, dopo dieci anni che la Dinsey produce remake live-action dei loro Classici d’animazione, anche il principale competitor mondiale nel campo del lungometraggio animato, la DreamWorks, decide di seguire la medesima via. L’eletto per inaugurare “l’epoca” dei remake live-action dei cartoon DreamWorks è Dragon Trainer di Chris Sanders e Dean DeBlois, grade successo al botteghino, capostipite di una trilogia di lunghi, di cinque cortometraggi e di una serie tv in sei stagioni.

Ma Dragon Trainer è datato 2010, la fine della trilogia risale a soli sei anni fa, quindi è un brand freschissimo nella mente degli spettatori, anche quelli più piccini, e suona un po’ strano che si punti già a “rifare” un successo di pochi anni fa. O forse, la strategia di vendita da parte di DreamWorks Animation è proprio dettata dalla massima “battere il chiodo finché è ancora caldo”.

Dragon Trainer

Quello che lascia davvero tanto perplessi è che Dragon Trainer live-action è praticamente IDENTICO al Dragon Trainer originale d’’animazione. Sembra impossibile, lo so, ma si è andati verso una direzione che prende decisamente alla sprovvista.

Per “rifare” Dragon Trainer è stato chiamato uno dei due registi originari, Dean DeBlois, che in questi anni ha diretto in solitaria anche i sequel d’animazione, mentre il collega Chris Sanders si è dedicato ad altri successi d’animazione (I Croods, Il robot selvaggio) e ha già fatto ingresso nel mondo dei live action con Il richiamo della foresta (2020). Quindi l’idea era di rimettere al timone dello stesso film colui che sapeva già in che direzione andare.

Ma con questo remake di Dragon Trainer si è optato per la strada dello shot-to-shot, un po’ come aveva fatto Gus van Sant nel 1998 rifacendo Psycho di Hitchcock. Solo che lì c’era un chiaro intento provocatorio e sperimentale nell’approcciarsi a un capolavoro di 40 anni prima, qui sembra solo esserci un pigro adagiarsi su strade già battute.

C’è, però, un elemento peculiare da non sottovalutare: il passaggio dall’animazione alla messa in scena dal vivo. E qui, forse, risiede il busillis di tutta l’operazione, quello che in base al punto di vista può essere un enorme difetto o un grande pregio.

Dragon Trainer è l’adattamento di un libro per bambini, Come addestrare un drago, scritto nel 2003 da Cressida Cowell e in quanto adattamento, quindi passaggio da un medium a un altro, è stato fatto un lavoro per rendere la storia e tutti gli elementi che la compongono “adatti” al mondo del cinema d’animazione. Passare da un film d’animazione a un film live-action non vuol dire cambiare il medium, perché si tratta sempre di audiovisivo, ma è innegabile che anche in questa fase c’è bisogno di “adattare” perché non tutto quello che può essere raccontato o funziona in un cartone animato può essere trasposto allo stesso modo in un film con attori in carne ed ossa. Invece in Dragon Trainer 2025 non è stato fatto un adattamento ed è stata riutilizzata la medesima sceneggiatura del film del 2010. Il risultato è strano: incosciente e rischioso per certi versi, forse affascinante per qualcuno, semplicemente pedante per altri.

Dean DeBlois e il suo team hanno tenuto lo stesso impianto visivo del cartoon, che vuol dire stesse ambientazioni (tutto ricreato in CGI, quindi è come nel film d’animazione, ma fotorealistico), draghi con design identico e personaggi in carne ed ossa che sembrano i corrispettivi in pixel, con l’inevitabile sensazione di vedere un film recitato da un gruppo di cosplayers.

Ma c’è anche lo stesso ritmo, lo stesso montaggio, lo stesso tappeto sonoro/musicale incessante del cartone animato; e se determinate cose, soprattutto i ritmi incalzanti, sono una peculiarità del cinema d’animazione moderno, possono essere decisamente sfiancanti se riproposti in un film dal vivo.

Il risultato è che Dragon Trainer 2025 ha un tipo di narrazione così concitata, rumorosa, ipertrofica a livello visivo e ritmico da dare l’impressione che il film sia già in medias res quado inizia, o peggio, ci metta tantissimo a entrare nel vivo (che, di fatto, accade quando Hiccup incontra Sdentato), annoiando. Semplicemente, ha difficoltà a introdurre quel contesto, così forzato, così finto, così cartoonesco. O, almeno, io quella difficoltà l’ho percepita.

Un altro difetto del mancato adattamento è il lavoro sui personaggi. In un cartone animato la descrizione visiva di un personaggio spesso è sufficiente a dirci su di lui quello che ci serve. Esempio: la forma degli occhi, la conformazione fisica, la postura di Moccicoso ci dicono che è un bulletto che si atteggia a grande cacciatore, mentendo. In un film con attori in carne ed ossa abbiamo bisogno di un background o al massimo di situazioni o dialoghi studiati in modo tale da farci capire tutto su di lui. E in Dragon Trainer 2025 questo non accade, rimanendo ancorato all’identificazione visiva dei personaggi secondari.

Poi, ovviamente, se si considera questa volontà estrema di rimanere fedeli al film d’animazione un pregio, quindi la scelta di non “adattare”, si può leggere in maniera positiva quanto detto su e allora Dragon Trainer 2025 può essere percepito, paradossalmente, come una novità, un modo di sperimentare. Anche perché, nonostante quel senso di finzione costaste, c’è un lavoro certosino proprio sui costumi e sulle interpretazioni costantemente sopra le righe, sul design delle creature (Sdentato è sempre bellissimo!) e su un ritmo che quando deve tradurre l’azione (come nel terzo atto) funziona bene.

Nel nutrito cast a lasciare il segno sono Gerald Butler e Nick Frost: il primo, nel ruolo di Stoick, si mette in gioco accentuando il suo essere icona virile ma annullando completamente le sue sembianze fisiche; il secondo nel ruolo di Skaracchio è divertente e trova una caratterizzazione più studiata in confronto ad altri personaggi. Un po’ anonimo, anche se ovviamente somigliante alla controparte animata, il protagonista Mason Thames; mentre la Astrid di Nico Parker soffre dello stesso difendo degli altri comprimari: non ha un background quindi una caratterizzazione che la rende accattivante.

Dean DeBlois ha già fatto capire che hanno intenzione di andare avanti e rifare anche Dragon Trainer 2, speriamo solo che decidano di seguire una strada inedita perché avere ben tre film che sono la fotocopia di quelli usciti solo pochi anni fa ha davvero poco senso. Anche perché se io – e penso molti altri, compresi i bambini a cui queste operazioni sono principalmente indirizzate – un domani avessi voglia di rivedere Dragon Trainer, difficilmente metterei nel lettore il blu-ray del live-action preferendolo a quello dell’originale d’animazione.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’estrema fedeltà al cartone animato ne fa un oggetto a suo modo originale, almeno sperimentale.
  • Il lavoro del team tecnico.
  • Gerard Butler e Nick Frost.
  • È sostanzialmente inutile perché identico all’originale di pochi anni fa.
  • È mancato il processo di adattamento: non tutto quello che funziona in un film d’animazione non può funzionare allo stesso modo in un film live-action.
  • Sembra mancare un processo creativo: è come se si chiedesse a una IA di trasformare in realistiche con persone vere delle immagini fatte in CGI.
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